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Certificati COVID digitali dell’UE: dimostrazione del preteso danno possa qualificarsi come grave ed irreparabile. – QUOTIDIANO LEGALE
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Certificati COVID digitali dell’UE: dimostrazione del preteso danno possa qualificarsi come grave ed irreparabile.

ingiustizia riforma legge diritto

Tribunale dell’Unione europea
COMMUNICATO STAMPA 194/21

Lussemburgo,
29 ottobre 2021
Ordinanza del presidente del Tribunale nella causa T527/21 R

Abenante e.a./Parlamento e Consiglio



Certificati COVID digitali dell’UE: il presidente del Tribunale rigetta la domanda di sospensione dell’esecuzione del regolamento che stabilisce un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati.


Per limitare la diffusione della sindrome respiratoria acuta grave (SARSCoV2), gli Stati membri hanno adottato alcune misure che hanno inciso sull’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione europea, del loro diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. 

Al fine di facilitare l’esercizio del diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli  Stati membri, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno adottato in data 14  giugno 2021 il regolamento (UE) 2021/1953, che costituisce un quadro comune per il rilascio, la  verifica e l’accettazione dei certificati Covid19 interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione  (certificato Covid digitale dell’UE) (JO 2021, L 111, p. 1). Quest’ultimo dovrebbe agevolare la  graduale revoca delle restrizioni da parte degli Stati membri in modo coordinato. 

Difatti le disposizioni del regolamento consentono, in particolare, il rilascio, la verifica l’accettazione transfrontaliere di uno dei seguenti certificati: a) un certificato comprovante che al  titolare è stato somministrato un vaccino anti COVID19 nello Stato membro che ha rilasciato il  certificato, denominato «certificato di vaccinazione»; b) un certificato comprovante che il titolare è stato sottoposto ad un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato nello Stato membro che rilascia il certificato, e indicante il tipo di test, la data in cui esso è stato effettuato e il risultato del test, denominato «certificato di test» ; c) un certificato comprovante che, in seguito al risultato positivo di un test effettuato da operatori sanitari o personale qualificato, il titolare è guarito da un’infezione da SARSCoV2, denominato «certificato di guarigione» .

Il 30 agosto 2021 alcuni cittadini dell’Unione hanno presentato al Tribunale un ricorso per l’annullamento totale o parziale del regolamento.

Il 31 agosto 2021 questi cittadini hanno altresì depositato una domanda cautelare per ottenere, in via provvisoria ed urgente, la sospensione dell’esecuzione delle disposizioni relative al rilascio, alla verifica e all’accettazione transnazionali dei certificati. A sostegno della domanda, i ricorrenti affermano, in primo luogo, che il regolamento impugnato crea una discriminazione tra persone vaccinate e persone non vaccinate nell’esercizio dei loro diritti fondamentali. Invero, essi ritengono che il regolamento violi il loro diritto alla libera circolazione qualora non si sottopongano a un trattamento medico invasivo contrario alla loro volontà, così causando una limitazione diretta della loro libertà personale garantita dall’art. 6 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché della loro libertà professionale e del loro diritto al lavoro, garantiti dall’art. 15 della stessa carta.
In secondo luogo, i ricorrenti chiedono la cessazione della grave violazione dei loro diritti fondamentali, cagionata dal contenuto del regolamento impugnato, il quale sarebbe manifestamente svincolato da ogni norma scientifica, in ragione dei danni materiali e soprattutto morali loro cagionati in via diretta ed immediata da detta violazione, che impedisce loro di condurre una vita sociale normale.

Con l’ordinanza in data odierna, il presidente del Tribunale rigetta la domanda cautelare.

Il presidente del Tribunale ricorda innanzitutto che l’articolo 278 TFUE stabilisce il principio del carattere non sospensivo del ricorso, in quanto gli atti adottati dalle  istituzioni dell’Unione godono della presunzione di legalità, ed è solo a titolo eccezionale che il giudice del procedimento sommario può ordinare la sospensione dell’esecuzione di un atto impugnato innanzi al Tribunale. Il presidente del Tribunale precisa inoltre che la sospensione dell’esecuzione può essere accordata se la parte richiedente prova che la sua concessione è fondata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni iuris) e che è urgente, nel senso che è necessario che sia emanata e che produca effetti prima della decisione della causa principale per evitare un danno grave e irreparabile. Queste condizioni sono cumulative, cosicché le domande di misure provvisorie vanno rigettate in mancanza di una di esse. Il giudice del procedimento sommario procede ugualmente, se del caso, al bilanciamento degli interessi in gioco.

Quindi il presidente del Tribunale esamina se risulti soddisfatta la condizione dell’urgenza e ricorda in proposito che, quanto alla tesi secondo cui il regolamento crea in pratica una discriminazione tra i cittadini dell’Unione nell’esercizio dei loro diritti fondamentali, non si possa fare applicazione meccanicamente e rigidamente della condizione del carattere irreparabile del danno, ma si debba tener conto delle circostanze che caratterizzano ogni causa, dovendo disapplicarsi l’anzidetto criterio quando esso sia incompatibile con i requisiti di una protezione provvisoria effettiva.

A tal riguardo, in primo luogo il presidente del Tribunale osserva che nessuna argomentazione dei richiedenti dimostra, a prima vista, il carattere manifesto della violazione denunciata, poiché il possesso dei certificati previsti dal regolamento non è condizione necessaria per l’esercizio del diritto alla libera circolazione. Inoltre, egli sottolinea che i richiedenti non presentano alcun elemento che dimostri il peggioramento delle loro condizioni di spostamento, derivante dal regolamento, rispetto alla situazione preesistente alla sua entrata in vigore. In effetti, lo scopo del regolamento impugnato è semmai quello di facilitare l’esercizio del diritto di libera circolazione in seno all’Unione durante la pandemia di Covid19 grazie all’introduzione di un quadro comune per il rilascio, la verifica e l’accettazione dei certificati Covid digitali dell’UE.

In secondo luogo, il presidente del Tribunale specifica che il giudice del procedimento sommario deve in ogni caso disporre di indicazioni concrete e precise, suffragate da documenti dettagliati, che dimostrino la situazione finanziaria della parte che richiede la misura provvisoria e che permettano di valutare le conseguenze che verosimilmente deriverebbero dalla mancata assunzione delle misure richieste. A tal proposito, egli constata che i richiedenti hanno omesso di fornire indicazioni concrete e precise suffragate da documentazione scritta, cosicché egli non è in grado di valutare se il preteso danno possa qualificarsi come grave ed irreparabile.

Egli aggiunge che né i danni materiali né il danno morale, allegati dai ricorrenti, possono essere ritenuti irreparabili, atteso che i primi possono essere oggetto di un risarcimento economico successivo, e che l’annullamento del regolamento all’esito della causa principale integrerebbe sufficiente riparazione del secondo. Il presidente conclude che i ricorrenti non hanno provato che la condizione relativa all’urgenza sia soddisfatta, per cui la domanda cautelare è rigettata, senza necessità di  esaminare la condizione relativa all’esistenza del fumus boni iuris di procedere al bilanciamento degli interessi.

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