Sono tante le sentenze che vietano la somministrazione di vaccini a prescindere dalla loro intrinseca pericolosità, basta semplicemente un pericolo presunto, ma questo tutela, oggi, vale solo per gli animali. Una volta calpestata la nostra Costituzione sembrerebbe che gli animali godono di più tutele, rispetto agli uomini, anche sulle condotte che incidono sulla sensibilità psicofisica dell’animale.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 1 settembre 2021 (Ud. 11/05/2021), Sentenza n.32602
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Divieto di somministrazione dei vaccini (in specie contro la brucellosi RB51) – DIRITTO SANITARIO – Ratio normativa – Condotta criminosa – Inoculazione del vaccino vietato perché produttivo di rischi alla salute degli animali – Reato di pericolo presunto a prescindere dall’accertamento dell’avvenuta realizzazione di un danno alla salute dell’animale.
L’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen. sanziona alternativamente due condotte, di cui la prima configura un reato di pericolo e la seconda, invece, un reato di danno. Invero, nel primo caso viene punita la mera somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate, a prescindere dall’accertamento dell’avvenuta realizzazione di un danno alla salute dell’animale. Dunque, tale condotta criminosa rappresenta un reato di pericolo presunto, in quanto il legislatore non richiede alcuna verifica in relazione alle conseguenze della suddetta somministrazione. Quest’ultima può avere ad oggetto sostanze stupefacenti, che possono consistere in qualsiasi sostanza con effetto psicotropo e stupefacente in senso lato, o sostanze vietate, le quali rispondono a un concetto normativo, che include tutte le sostanze, diverse da quelle stupefacenti, la cui somministrazione agli animali è vietata da una qualsiasi norma dell’ordinamento giuridico. Nel secondo caso previsto dall’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen. viene punita, invece, la condotta di sottoposizione a trattamenti che cagionano un danno alla salute dell’animale, la quale configura un reato ad evento. Fattispecie: somministrato ai capi bufalini adulti del vaccino contro la brucellosi RB51.
(rigetta il ricorso sentenza del 27/11/2019 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI) Pres. MARINI, Rel. ANDRONIO, Ric. Borrata
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da B.G., nato a Casal di Principe;
avverso la sentenza del 27/11/2019 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Luigi Giordano, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.i. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27 novembre 2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 12/10/2018, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di mesi tre di reclusione, per il reato di cui al capo C) dell’imputazione: artt. 81 e 544-ter, secondo comma, cod. pen., per avere, in qualità di titolare di allevamento zootecnico, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, somministrato ai capi bufalini adulti, di età superiore a nove mesi, presenti nella propria azienda, sostanze vietate quali il vaccino contro la brucellosi RB51, in spregio alle disposizioni del D.M. n. 651 del 1994, il cui art. 25 vieta su tutto il territorio nazionale la commercializzazione e l’uso di vaccini contro la brucellosi bovina, salvo talune deroghe consentite solo in particolari situazioni epidemiologiche, nonché alle disposizioni della delibera n. 189 del 24/05/2011 della Giunta Regionale della Regione Campania, che dispone la somministrazione del vaccino RB51 negli animali di età compresa dai sei ai nove mesi.
2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, censurando, con un unico motivo di doglianza, la violazione dell’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., il difetto di motivazione e il travisamento del fatto, per avere la Corte d’appello erroneamente affermato che la somministrazione del vaccino RB51 è vietata in quanto produttiva di danni alla salute degli animali. A parere dalla difesa, le ragioni dei divieti di inoculazione del suddetto vaccino, fissati con i vari piani triennali da parte della Regione Campania, non sono mai state connesse ai rischi per la salute degli animali, al contrario di quanto affermato dalla Corte territoriale.
In particolare, la delibera n. 189 del 24/05/2011 della Giunta Regionale, valevole per il triennio 2011-2014, prevede come obbligatoria la vaccinazione in animali di età compresa tra i sei e i nove mesi, negli allevamenti situati nelle zone ad alto rischio, con lo scopo di debellare la malattia della Brucellosi.
La successiva delibera n. 313 del 08/08/2014, valevole per il triennio 2014-2017, prevede,invece )il divieto assoluto di vaccinazione, le cui ragioni però non sono connesse ai rischi per la salute degli animali i ma alla problematica della brucellosi che, proprio perché in via di definizione, non rende più indispensabile la somministrazione del vaccino.
Dunque, secondo la difesa, la motivazione della Corte d’appello è frutto di un travisamento del fatto, consistente nel ritenere che il divieto di somministrazione del vaccino è stato introdotto proprio per evitare rischi per la salute degli animali.
Inoltre, si lamenta la mancanza di motivazione per avere la Corte territoriale omesso di esplicitare quali siano i rischi o i pregiudizi che l’imputato avrebbe in concreto cagionato ai bufali con l’inoculazione del vaccino. Secondo la difesa, la ratio dell’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., è quella di sanzionare la somministrazione non di qualsiasi sostanza vietata, ma solo di quelle che tendono ad arrecare inutili sofferenze all’animale, tali da mettere in pericolo la salute o la vita dello stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Deve preliminarmente rilevarsi che, l’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., che punisce la somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate, ovvero la sottoposizione dell’animale a un trattamento dal quale derivi un danno alla salute, è stato introdotto dalla legge n. 189 del 2004, recante «Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento di animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate», che ha inserito nel codice il Titolo IX bis «Dei delitti contro il sentimento per gli animali». Dagli atti preparatori della succitata legge emerge come l’originaria formulazione, approvata dalla Camera di deputati, del nuovo titolo fosse «Dei delitti contro gli animali». Nonostante la diversa formulazione entrata in vigore si riferisca al sentimento umano di pietà verso gli animali, si ritiene che l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice in esame debba essere individuato nella salute dell’animale, intesa come oggetto giuridico immediato.
Tale interpretazione dell’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., che configura una tutela immediata della salute dell’animale, è corroborata dalla logica secondo cui il sentimento che l’uomo ha per gli animali, che rappresenta un elemento giuridicamente incerto e puramente soggettivo, è diretto alla salute degli stessi, la quale invece è dotata di una sufficiente oggettività giuridica, non dipendente da valutazioni soggettive.
Alla luce di tali considerazioni preliminari, si ritiene che il secondo comma della norma in esame preveda ipotesi speciali di maltrattamento di animali che rappresentano un autonomo reato, per le intercorrenti differenze strutturali con la fattispecie di cui al primo comma della medesima disposizione. In species, l’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen. sanziona alternativamente due condotte, di cui la prima configura un reato di pericolo e la seconda, invece, un reato di danno. Invero, nel primo caso viene punita la mera somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate, a prescindere dall’accertamento dell’avvenuta realizzazione di un danno alla salute dell’animale. Dunque, tale condotta criminosa rappresenta un reato di pericolo presunto, in quanto il legislatore non richiede alcuna verifica in relazione alle conseguenze della suddetta somministrazione. Quest’ultima può avere ad oggetto sostanze stupefacenti, che possono consistere in qualsiasi sostanza con effetto psicotropo e stupefacente in senso lato, o sostanze vietate, le quali rispondono a un concetto normativo, che include tutte le sostanze, diverse da quelle stupefacenti, la cui somministrazione agli animali è vietata da una qualsiasi norma dell’ordinamento giuridico.
Nel secondo caso previsto dall’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen. viene punita, invece, la condotta di sottoposizione a trattamenti che cagionano un danno alla salute dell’animale, la quale configura un reato ad evento.
Invero, tali trattamenti – che possono consistere in ogni genere di comportamento, intervento od operazione sugli animali – devono costituire l’antecedente causale di un danno alla salute, il quale deve essere oggetto di specifico accertamento nel caso concreto.
1.2. La sentenza impugnata fa puntuale applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, in quanto la Corte d’appello, a fronte della medesima censura di assenza della prova del rischio o del danno alla salute dei bufali adulti cagionato dalla somministrazione del vaccino contro la brucellosi RB51, sollevata con i motivi di appello, ha ritenuto infondata la ricostruzione giuridica proposta dalla difesa secondo cui è necessaria, ai fini della materiale integrazione della fattispecie ex art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., la prova di una lesione o una alterazione del benessere dell’animale conseguente all’inoculazione della sostanza vietata.
La motivazione, al contrario di quanto lamentato dalla difesa, non risulta insufficiente o mancante, avendo la Corte territoriale rilevato che non sussistono dubbi nel caso di specie in merito all’effettiva somministrazione del vaccino vietato dall’agosto dell’anno 2014 ai sedici capi di bestiame, che sono risultati positivi alla presenza di anticorpi della brucella, determinata dall’utilizzo del vaccino RB51. Inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato – in maniera conforme alla corretta interpretazione prospettata del secondo comma dell’art. 544-ter cod. pen. – che la condotta stessa di somministrazione, di per sé, integra la fattispecie in esame, la quale include sia reati di mera condotta che reati di evento, perché punisce, da un lato, la somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate e, dall’altro, la sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla salute degli animali.
Dunque, la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto su esposto, secondo cui l’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen. punisce la mera somministrazione di sostanze stupefacenti o vietate, a prescindere dall’accertamento dell’avvenuta realizzazione di un danno alla salute dell’animale, costituendo tale condotta criminosa un reato di pericolo presunto.
1.3. A fronte di tale corretta e logica motivazione, il ricorrente deduce, con un’unica censura, la violazione dell’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., il difetto di motivazione e il travisamento del fatto, in relazione alla ratio del divieto di somministrazione del vaccino contro la brucellosi RB51, previsto dalle delibere della Giunta Regionale della Regione Campania. La difesa lamenta il travisamento del fatto per avere la Corte d’appello affermato che la inoculazione del suddetto vaccino sia stata vietata perché produttiva di rischi alla salute degli animali.
Ma le ragioni effettive del divieto di somministrazione del vaccino contro la brucellosi, posto sia dall’art. 25 del D.M. n. 651 del 1994, su tutto il territorio nazionale, che dalle due delibere n. 189 del 24/05/2011 e n. 313 del 08/08/2014, per la Regione Campania, sono del tutto irrilevanti ai fini dell’integrazione nel caso concreto della fattispecie criminosa ex art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., rappresentando questa, per quanto concerne la condotta di somministrazione di sostanze vietate, come il vaccino RB51, un reato di pericolo presunto.
Dunque, ciò che rileva ai fini della sussistenza del reato in esame è che il legislatore abbia vietato la somministrazione di tale sostanza agli animali, a prescindere da quale sia lo specifico motivo di tale divieto. Pertanto, si deve disattendere l’interpretazione della ratio dell’art. 544-ter, secondo comma, cod. pen., proposta dalla difesa, secondo cui ad essere punita è la somministrazione di quelle sole sostanze vietate che arrecano inutili sofferenze all’animale, ritenendo necessaria la prova del danno alla salute dello stesso. Come correttamente e sufficientemente motivato dalla Corte d’appello, nel caso di specie, essendo stato accertato – e non contestato dalla difesa in sede di ricorso per cassazione – che i capi di bestiame sono stati sottoposti alla somministrazione di una sostanza vietata, quale il vaccino contro la brucellosi, deve ritenersi pienamente integrato il reato di cui all’art. 544- ter, secondo comma, cod. pen.
2. Alla luce di tali complessive considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/05/2021.
Si veda per maggior approfondimento la Banca Dati sul MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 15 settembre 2021, Sentenza n.
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Delitti contro il sentimento per gli animali – Condotta tenuta «per crudeltà» o «senza necessità» – Configurabilità del reato a dolo specifico o a dolo generico – Garantire il benessere psicofisico dell’animale – Art. 544-ter cod. pen. – Art. 727 cod. pen.
In materia di delitti contro il sentimento per gli animali, la fattispecie di maltrattamento di animali (art. 544-ter cod. pen.) configura un reato a dolo specifico nel caso in cui la condotta lesiva dell’integrità e della vita dell’animale è tenuta per crudeltà, mentre configura un reato a dolo generico quando la condotta è tenuta senza necessità. Nel reato di maltrattamento di animali, il requisito della crudeltà o della assenza di necessità non è richiesto qualora la condotta determini una conseguenza diversa dalle lesioni, quale la sottoposizione dell’animale a comportamenti, a fatiche o a lavori insopportabili per le sue attitudini etologiche.
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Nozione di lesione – Condotta commissiva od omissiva – Incidenza eziologica rispetto alla produzione di lesioni – Collocazione degli animali in ambienti inadatti alla loro naturale esistenza – Art. 582 cod. pen..
La nozione di lesione, in particolare, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 cod. pen., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva. Accanto ad una condotta tipizzata in ragione della sua incidenza eziologica rispetto alla produzione di lesioni, la disposizione contempla un’altra forma di condotta, parimenti rilevante sul piano penale, atta a compromettere il benessere dell’animale in relazione alle caratteristiche etologiche, attraverso comportamenti incompatibili con le sue esigenze naturali, che vanno inscindibilmente salvaguardate. Sicché, la nozione di comportamenti insopportabili per le caratteristiche etologiche non assume un significato assoluto (come raggiungimento di un limite oltre il quale l’animale sarebbe annullato), ma un significato relativo inteso quale contrasto con il comportamento proprio della specie di riferimento come ricostruita dalla scienza naturale. Ed, in questo senso, la collocazione degli animali in ambienti inadatti alla loro naturale esistenza, inadeguati dal punto di vista delle dimensioni, della salubrità, delle condizioni tecniche vale certamente ad integrare la fattispecie nei termini richiesti dal legislatore.
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 29/09/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA) Pres. LIBERATI, Rel. BERNAZZANI, Ric. D’Amore
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 20 maggio 2021, Sentenza n.
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Allevamento di cinghiali – Utilizzo degli animali per l’addestramento e allenamento per gare di cani (anche su fauna selvatica) – Reato di maltrattamento di animali (terrore, sofferenze e stress) – Configurabilità del reato – Detenzione impropria di animali produttiva di gravi sofferenze – Nozione di gravi sofferenze – Tutela penale degli animali – Configurabilità del reato di cui all’art. 727 cod. pen. – Fattispecie.
La detenzione impropria di animali produttiva di gravi sofferenze, va considerata, per le specie più note (quali, ad esempio, gli animali domestici), attingendo al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali. Le gravi sofferenze non vanno necessariamente intese come quelle condizioni che possono determinare un vero e proprio processo patologico, ma anche come meri patimenti. Assumono rilievo non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psicofisica dell’animale, procurandogli dolore e afflizione. Va ricordato che la L. 22 novembre 1993, n. 473, di modifica dell’art. 727 c.p., ha radicalmente mutato il presupposto giuridico di fondo sotteso alla tutela penale degli animali, i quali sono considerati non più fruitori di una tutela indiretta o riflessa, nella misura in cui il loro maltrattamento avesse offeso il comune sentimento di pietà, ma godono di una tutela diretta orientata a ritenerli come esseri viventi. In conclusioni, si ritiene integrato il reato ex art. 727 cod. pen. anche in situazioni quali la privazione di cibo, acqua e luce, o le precarie condizioni di salute, di igiene e di nutrizione, nonchè dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare loro gravi sofferenze, senza che sia necessaria la volontà del soggetto agente di infierire sull’animale né che quest’ultimo riporti una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti. Fattispecie: l’imputato da solo o in concorso con ignoti, deteneva 20 cinghiali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze e, in particolare, in condizioni di stress dovuto al ripetuto inserimento nel medesimo recinto di cani in addestramento da seguita al cinghiale.
DIRITTO VENATORIO – Caccia – Addestramento e allenamento in zone predeterminate ed in periodi prestabiliti – FAUNA E FLORA – Piani faunistico-venatori – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Scriminante di cui all’art. 51 cod.pen. – Presupposti e limiti – Art. 10, c.8 lett. e) L. n. 157/1992.
In relazione alla scriminante di cui all’art. 51 cod.pen., l’art. 10, comma 8 lett. e) della legge 11 febbraio 1992 n. 157, che dispone che “i piani faunistico-venatori di cui al comma 7 comprendono le zone e i periodi per l’addestramento, l’allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l’abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati”. Risulta evidente che tale norma, nel prevedere che l’addestramento di cani per la caccia avvenga in zone predeterminate ed in periodi prestabiliti, da individuarsi nei piani faunistico-venatori, muove dal presupposto che tale attività, di per sé produttiva di sofferenze per gli animali, sia attuata secondo modalità, tempi e periodi predeterminati e solo entro tali limiti possa ritenersi consentita. L’esimente, pertanto, non ricorre nel caso in cui l’addestramento di cani per la caccia, pur essendo consentito a norma della citata legge n.157 del 1992, si esplichi, come avvenuto nella specie, al di fuori della regolamentazione prevista dalla predetta legge. Pertanto, per l’applicabilità della scriminante prevista dall’art. 51 cod.pen., non è sufficiente che l’ordinamento attribuisca all’agente un diritto ma è necessario che ne consenta l’esercizio in funzione scriminante attraverso attività e modalità che permettano alla norma attributiva del diritto di prevalere sulla norma incriminatrice e ciò avviene quando non siano superati i limiti che, secondo la specifica disciplina ordinamentale di riferimento, sono o possono essere fissati ad ogni singolo diritto.
(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza del 31/01/2018 del TRIBUNALE DI IVREA) Pres. SARNO, Rel. DI STASI, Ric. Faletto
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 17 maggio 2021, Sentenza n.19141
Autorità: Corte di Cassazione | Tags: Agricoltura e zootecnia, Diritto degli alimenti, Diritto processuale penale, Maltrattamento animali
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Somministrazione di vaccini a prescindere dall’intrinseca rischiosità – Sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla salute – Commercializzazione e uso di vaccini contro la brucellosi bovina – Art. 544-ter cod. pen. – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Allevamenti – Presenza di animali cd. falsi positivi – DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Produzione di latte infetto pericoloso per l’uomo – DIRITTO SANITARIO – Tutela della salute – Vaccino Rb 51 – Intrinseci rischi di pericolosità per l’uomo – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Sentenze di primo e secondo grado – Motivazione concorde – Unico complesso corpo argomentativo.
Massima
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 17 maggio 2021 (Ud. 06/11/2020), Sentenza n.19141
MALTRATTAMENTO ANIMALI – Somministrazione di vaccini a prescindere dall’intrinseca rischiosità – Sottoposizione a trattamenti che procurano un danno alla salute – Commercializzazione e uso di vaccini contro la brucellosi bovina – Art. 544-ter cod. pen. – AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Allevamenti – Presenza di animali cd. falsi positivi – DIRITTO DEGLI ALIMENTI – Produzione di latte infetto pericoloso per l’uomo – DIRITTO SANITARIO – Tutela della salute – Vaccino Rb 51 – Intrinseci rischi di pericolosità per l’uomo.
L’art. 544-ter comma 2 cod. pen., sanziona chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche, la stessa pena si applica altresì a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. Tutto ciò, naturalmente, a prescindere dall’intrinseca rischiosità di condotte siffatte per la salute tanto degli animali, quanto dell’allevamento interessato e, in ultima analisi, per la possibile produzione di latte infetto pericoloso per l’uomo in quanto derivante ad es. da femmine vaccinate in età pubere, ovvero infettate da maschi vaccinati. Nella specie, integra il reato di maltrattamento di animali, la somministrazione del vaccino Rb 51 al fine di contrastare la brucellosi, al di fuori dei controlli dell’autorità e dei periodi temporali e luoghi devoluti alla puntuale verifica pubblica, trattandosi di sostanza vietata ai sensi dell’art. 544-ter, comma secondo, cod. pen., a prescindere dall’intrinseca rischiosità di tali condotte per la salute dell’animale.
(rigetta i ricorsi avverso sentenza del 09/12/2019 – CORTE DI APPELLO DI NAPOLI) Pres. ROSI, Rel. CERRONI, Ric. Nobis
Si veda per maggior approfondimento la Banca Dati sul MALTRATTAMENTO DEGLI ANIMALI