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Area sottoposta a vincolo paesaggistico: Permesso di costruire per realizzare una piscina.

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 28/11/2016 (Ud. 06/10/2016) Sentenza n.50331
 
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Area sottoposta a vincolo paesaggistico – Realizzazione di una piscina – Permesso di costruire – Nulla osta – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA  – Predisposizione degli impianti tecnologici ed idraulici – Prescrizione del reato – Revoca dell’ordine di demolizione e quello di rimessione in pristino – Artt. 6, 44  d.P.R. n.380/2001Codice dei beni culturali del paesaggio Art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità – Art. 129 cod. proc. pen..
L’attuale formulazione dell’art. 181 Codice dei beni culturali è la seguente: “1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e’ punito con le pene previste dall’articolo 44, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Nel caso in specie realizzazione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, una struttura per piscina occupante una superficie in pianta di circa 45 mq. e profonda mediamente 1,5 m., con predisposizione degli impianti tecnologici ed idraulici, necessitava il permesso di costruire. Tuttavia, poiché non ricorrono cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., stante la manifesta infondatezza della deduzione relativa alla non necessarietà del permesso di costruire per la realizzazione della piscina in questione, di dimensioni non trascurabili e suscettibile di autonoma utilizzazione, che non risulta neppure posta a servizio esclusivo di una residenza privata legittimamente edificata (cfr. Sez. 3, n. 39067 del 21/05/2009, Vitti; Sez. 3, n. 37257 del 11/06/2008, Alexander; nonché Sez. 3, n. 25669 del 30/05/2012, Zeno), la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio, per essere il residuo reato di cui al capo d), qualificato come contravvenzione ai sensi dell’art. 181, comma 1, d.lgs.42/2004, estinto per prescrizione. Devono, di conseguenza, essere revocati l’ordine di demolizione e quello di rimessione in pristino.
(riforma sentenza del 7/1/2015 della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI) Pres. FIALE, Rel. LIBERATI, Ric. Paolella

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^ 28/11/2016 (Ud. 06/10/2016) Sentenza n.50331

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente
SENTENZA 
sul ricorso proposto da Paolella Mario, nato a Torre del Greco il 11/3/1963
avverso la sentenza del 7/1/2015 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, l’annullamento senza rinvio perché il reato è estinto per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 7 gennaio 2015 la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza 9 febbraio 2011 del Tribunale di Torre del Greco, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Mario Paolella in relazione al reato di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001 (contestatogli per avere realizzato, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, una struttura per piscina occupante una superficie in pianta di circa 45 mq. e profonda mediamente 1,5 m., con predisposizione degli impianti tecnologici ed idraulici, in assenza di permesso di costruire) per essere tale reato estinto per prescrizione, rideterminando la pena per il residuo reato di cui all’art. 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004 in mesi sei di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo ha prospettato violazione degli artt. 6 e 44 d.P.R. 380/2001 e 181, comma 1 bis, d.lgs. 42/2004, affermando la non necessarietà di permesso di costruire per la realizzazione di una piscina pertinenziale ad una abitazione.
2.2. Con il secondo motivo ha denunciato ulteriore violazione di legge in relazione alla mancata rinnovazione del dibattimento, allo scopo di acquisire i documenti attestanti l’imposizione del vincolo paesaggistico sull’area nella quale erano state realizzate le opere.
2.3. Con il terzo motivo ha chiesto applicarsi la sentenza della Corte Costituzionale n. 56 del 2016 e, conseguentemente, qualificarsi il reato come contravvenzione e dichiararne l’estinzione per compiuta prescrizione.
2.4. Con il quarto motivo ha lamentato l’indebita subordinazione della sospensione condizionale della pena alfa rimessione in pristino.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Assorbente appare la considerazione che la Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2016, n. 56 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 181, comma 1-bis, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), nella parte in cui prevede «: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alfa realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed»”.
L’attuale formulazione dell‘art. 181 Codice dei beni culturali è dunque la seguente: “1. Chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e’ punito con le pene previste dall’articolo 44, lettera e), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1-bis. La pena e’ della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi”.
Mentre in precedenza, dunque, la fattispecie incriminatrice apprestava una tutela maggiormente rigorosa per i beni vincolati in via provvedimentale, mentre, per i beni vincolati per legge, il delitto di cui al comma 1 bis veniva in rilievo soltanto in caso di opere di notevole impatto volumetrico, la sentenza costituzionale ha ricondotto all’area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici, sia quelli vincolati in via provvedimentale, sia quelli vincolati per legge; l’unica ipotesi di delitto residuata, pertanto, concerne i lavori eseguiti su beni paesaggistici, qualora comportino il superamento delle soglie volumetriche indicate al comma 1 bis dell’art. 181 d.lgs. 42 del 2004.
2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata concerne lavori eseguiti in assenza di autorizzazione paesaggistica in zona vincolata con D.M. 20/1/1964; la natura provvedimentale del vincolo attraeva il fatto nella fattispecie delittuosa di cui all’art. 181, comma 1 bis; attualmente, invece, alla stregua della nuova formulazione della norma, in seguito alla dichiarazione di illegittimità costituzionale richiamata, l’esecuzione delle opere deve ritenersi attratta nella fattispecie contravvenzionale di cui al comma 1 dell’art. 181, trattandosi di opere non comportanti volumetrici (è stata contestata la realizzazione di una struttura per piscina, occupante una superficie in pianta di circa 45 mq. e profonda mediamente 1,5 m., con predisposizione degli impianti tecnologici ed idraulici).
3. Poiché non ricorrono cause di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., stante la manifesta infondatezza della deduzione relativa alla non necessarietà del permesso di costruire per la realizzazione della piscina in questione, di dimensioni non trascurabili e suscettibile di autonoma utilizzazione, che non risulta neppure posta a servizio esclusivo di una residenza privata legittimamente edificata (cfr. Sez. 3, n. 39067 del 21/05/2009, Vitti, Rv. 244903; Sez. 3, n. 37257 del 11/06/2008, Alexander, Rv. 241278; nonché Sez. 3, n. 25669 del 30/05/2012, Zeno, Rv. 253064), la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, per essere il residuo reato di cui al capo d), qualificato come contravvenzione ai sensi dell’art. 181, comma 1, d.lgs.42/2004, estinto per prescrizione: risalendo il fatto al 29 agosto 2009, la natura contravvenzionale del reato implica l’avvenuto decorso del termine massimo di prescrizione, pari a cinque anni, in data 29 agosto 2014.
Devono, di conseguenza, essere revocati l’ordine di demolizione (cui non ha provveduto la Corte d’appello) e quello di rimessione in pristino ed il rigetto nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Qualificato il reato di cui al capo d) come contravvenzione di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. 42/2004, annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente a tale reato perché estinto per prescrizione.
Revoca gli ordini di demolizione e rimessione in pristino. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 6/10/2016
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