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di Carlo Rapicavoli –

La Camera dei Deputati ha approvato nella seduta del 10 settembre 2013, con 397 voti favorevoli, 132 contrari e 5 astenuti il disegno di legge costituzionale per l’istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali.

Il testo approvato dalla Camera non ha subito modifiche rispetto a quella licenziato dal Senato della Repubblica nella seduta di giovedì 11 luglio con 203 voti favorevoli, 54 contrari e 4 astenuti.

Per l’approvazione definitiva il testo dovrà essere riapprovato, in seconda lettura ai sensi dell’art. 138 della Costituzione, dalle due Camere ad un intervallo non minore di te mesi dalla prima deliberazione.

Se la legge costituzionale, in seconda lettura, sarà approvata con una maggioranza superiore ai due terzi dei componenti di ciascuna Camera, non può essere richiesto il referendum confermativo.

Il Comitato

E’ composto da quarantadue parlamentari: venti senatori e venti deputati nominati dai presidenti delle Camere e scelti tra i membri delle commissioni permanenti per gli Affari Costituzionali rispettivamente del Senato e della Camera e i due presidenti delle predette Commissioni.

La nomina dei componenti del Comitato avverrà su designazione dei Gruppi parlamentari delle due Camere seguendo i seguenti criteri:

a) in base alla consistenza numerica dei Gruppi;

b) in base al numero di voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili;

c) assicurando almeno un rappresentante per ogni Gruppo e un rappresentante delle minoranze linguistiche.

I componenti del Comitato non possono essere sostituiti con altri senatori o deputati, neppure per una singola seduta.

Nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.

Il Comitato dispone la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.

Il procedimento

Il procedimento in sede referente, disciplinato dai commi da 3 a 7 dell’articolo 2, presenta alcune peculiarità ed è così articolato:

a) la fase referente dell’esame dei progetti di revisione costituzionale, nonché di quelli ordinari in materia elettorale, anziché svolgersi in due momenti distinti nei due rami del Parlamento presso le competenti Commissioni permanenti, è affidata a un unico organo bicamerale, ossia il Comitato;

b) quest’ultimo osserva nei propri lavori le norme di procedura previste dal disegno di legge e, in quanto compatibili, le disposizioni del regolamento della Camera. Il Comitato può tuttavia, a maggioranza assoluta dei componenti, adottare ulteriori norme per il proprio funzionamento e per lo svolgimento dei lavori, fermo restando che non è in ogni caso ammessa in sede referente la presentazione di questioni pregiudiziali, sospensive e di non passaggio agli articoli;

c) al fine di favorire la più ampia partecipazione parlamentare al procedimento di formazione dei testi legislativi, si dispone che, conclusosi l’esame preliminare dei progetti di legge assegnati, il Comitato trasmetta ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell’esame; entro termini fissati d’intesa tra i Presidenti delle Camere, ciascun senatore o deputato e il Governo possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei predetti testi;

d) il Comitato si pronuncia sugli emendamenti presentati nei termini necessari ad assicurare che i progetti di legge di revisione costituzionale siano trasmessi ai Presidenti delle Camere, ai fini dell’avvio dell’esame da parte delle Assemblee, entro quattro mesi dalla sua prima seduta;

e) ai fini del rispetto della suddetta scadenza, il disegno di legge prevede che il Comitato assegni un termine per la presentazione delle relazioni e un termine entro il quale pervenire alla votazione finale; inoltre, per le medesime finalità, la Presidenza del Comitato ha facoltà di ripartire, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera dei deputati relative all’organizzazione dei lavori e delle sedute dell’Assemblea;

f) anche nel caso in cui, entro il predetto termine di quattro mesi, per uno o più progetti di legge costituzionale non si pervenga all’approvazione, per evitare l’arrestarsi del procedimento si prevede che il Comitato sia comunque tenuto a trasmettere un progetto di legge fra quelli assegnati, nel testo eventualmente emendato dal Comitato stesso;

g) per quanto concerne i progetti di legge in materia elettorale si applicano procedure analoghe, salvo la precisazione che i Presidenti delle Camere stabiliscono, d’intesa tra loro, i termini di conclusione dell’esame, in coerenza con i termini di esame fissati dal disegno di legge per i progetti di legge costituzionale;

h) in ogni caso, i progetti di legge costituzionale od ordinaria esaminati dal Comitato sono sottoposti all’esame delle Camere corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza.

Le competenze

Il Comitato dovrà esaminare i progetti di revisione dei Titoli I, II, III e V della parte Seconda della Costituzione, presentati alle Camere a partire dall’inizio della legislatura e fino alla data di conclusione dei lavori del Comitato, che riguardano le materie della forma di Stato, della forma di Governo e del bicameralismo nonché i progetti di legge in materia elettorale delle due Camere.

Saranno i presidenti di Senato e Camera ad assegnare al Comitato i disegni e le proposte di legge perché vengano esaminati in sede referente.

Una volta completato l’esame della proposta di legge, il Comitato trasmetterà ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale, corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza. Per la votazione dei testi nelle assemblee si osserveranno le norme dei rispettivi regolamenti.

Il cronoprogramma

Tra gli aspetti più significativi del disegno di legge vi è la definizione di una precisa scansione temporale delle principali fasi dei lavori parlamentari relativi ai progetti di legge di costituzionale, i quali, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4, dovranno essere organizzati in modo tale da consentirne la conclusione entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore delle norme previste dal disegno di legge.

A tal fine, terminato entro i primi sei mesi l’esame in sede referente da parte del Comitato, si prevede che in prima deliberazione l’Assemblea della Camera che procede per prima all’iscrizione del progetto di legge costituzionale all’ordine del giorno debba concluderne l’esame entro il termine di tre mesi.

Il progetto di legge approvato è quindi trasmesso all’altra Camera, che deve concluderne l’esame entro i successivi tre mesi.

A questo punto del procedimento, il compito di fissare le scadenze per la conclusione delle ulteriori fasi dell’esame delle Assemblee è rimesso ai Presidenti delle Camere, che procedono d’intesa tra loro al fine di rispettare il predetto termine conclusivo di diciotto mesi.

Anche i termini per il completamento dell’esame dei progetti di legge ordinaria in materia elettorale sono stabiliti d’intesa dai Presidenti delle Camere, in coerenza con i termini di esame dei progetti di legge costituzionale.

In analogia con l’ordinario procedimento di revisione, sono infine previste due successive deliberazioni sul progetto o i progetti di riforma costituzionale da parte della stessa Camera, a un intervallo minimo l’una dall’altra che viene ridotto da tre a quarantacinque giorni, fermo restando che per la validità della seconda deliberazione è richiesto il quorum della maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e che, ai sensi dell’articolo 5 del disegno di legge, il referendum popolare potrà essere richiesto anche qualora la legge o leggi costituzionali fossero approvate con la maggioranza dei due terzi.

Le autonomie territoriali

L’art.2 comma 10 del ddl approvato dal Senato prevede che il Comitato deve disporre la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.

Evidentemente, in particolare per la modifica del titolo V, appare necessaria la consultazione di Regioni, Province e Comuni.

Non si comprende, pertanto, la coerenza del Governo che ha ritenuto invece di accelerare l’approvazione di un disegno di legge costituzionale per la soppressione delle Province, non organico al progetto complessivo di riforma e per l’approvazione del quale il Presidente del Consiglio Letta ha auspicato tempi brevissimi.

Osservazioni

L’iter di riforma costituzionale, così delineato, suscita perplessità di metodo e di merito, in quanto, senza plausibili ragioni, intende discostarsi dall’art. 138 sia soprattutto per le esperienze precedenti.

Gli esiti sono stati infatti sempre negativi ogni qual volta si è istituito un organismo costituzionalmente non previsto, come nel caso della Commissione Bozzi, della Commissione D’Alema, del Comitato Speroni, della Commissione De Mita – Iotti.

L’attivismo della Presidenza della Repubblica ed il ruolo centrale del Governo, in un ipotetico processo di riforma sostanziale della Costituzione, pongono seri interrogativi sul ruolo del Parlamento.

Non è chiaro fino in fondo il ruolo della commissione per le riforme costituzionali, insediata presso la Presidenza del Consiglio. Sicuramente positivo affidarsi a illustri costituzionalisti, anche di opinioni dichiaratamente diverse, data l’importanza fondamentale della riforma costituzionale

Ma si tratta di una commissione di studio o di consulenza qualificata che, eventualmente, avrebbe trovato la sua sede naturale presso la Presidenza delle Camere e non presso il Governo, che, addirittura, tramite il Presidente del Consiglio o il Ministro per le Riforme, la presiede e ne coordina i lavori.

Ma ciò che non convince fino in fondo è la scelta del Governo di proporre al Parlamento un disegno di legge costituzionale, che, derogando alla procedura prevista dall’art. 138 della Costituzione nonché alla disciplina speciale per le leggi costituzionali contenuta nei regolamenti parlamentari, delinea un procedimento speciale di riforma.

Queste le deroghe principali alla procedura:

1) E’ prevista un’unica fase referente dell’esame dei progetti di revisione costituzionale, che, anziché svolgersi in due momenti distinti nei due rami del Parlamento presso le competenti Commissioni permanenti, è affidata a un unico organo bicamerale, ossia il Comitato;

2) L’intervallo minimo per la seconda deliberazione è ridotto a quarantacinque giorni;

3) Viene dettagliatamente disciplinata la modalità di esame in aula, compresa la fissazione dei termini per gli emendamenti;

4) E’ fissata, come abbiamo visto prima, una tempistica rigida per la conclusione dell’iter di revisione costituzionale così sintetizzabile:

a) Entro dieci giorni dall’entrata in vigore della legge costituzionale deve insediarsi il Comitato;

b) Entro sei mesi dall’insediamento, il Comitato trasmette i progetti di riforma approvati in sede referente;

c) Entro tre mesi dalla trasmissione da parte del Comitato, la Camera, che procede per prima, deve concludere l’esame;

d) Entro i tre mesi successiva l’altra Camera deve concludere l’esame;

e) Si passa quindi alla seconda deliberazione, con un intervallo minimo ridotto a quarantacinque;

f) Nei tre mesi successivi all’approvazione finale può essere richiesto il referendum.

5) Viene fortemente limitata e circoscritta entro ambiti e tempi rigidissimi la possibilità per i singoli Parlamentari di partecipare con emendamenti al testo proposto dal Comitato.

Sono numerosi i dubbi su tale procedura così rigidamente disciplinata con norma di rango costituzionale che è volta ad ingabbiare i lavori parlamentari entro termini inderogabili.

Una procedura rigida che denota una sfiducia nella capacità del Parlamento di procedere alla riforme. E’ sufficiente ricordare al riguardo quanto affermato dal Presidente del Consiglio Letta nel discorso in Parlamento sul quale è stata votata la fiducia: “Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi. Dal momento che questa volta l’unico sbocco possibile per questo tema è il successo nell’approvazione delle riforme che il paese aspetta da troppo tempo, fra 18 mesi verificherò se il progetto sarà avviato verso un porto sicuro”.

Ma sono tante le questioni aperte.

Cosa accade se uno dei termini non viene rispettato?

Se, ad esempio, una delle Camere non procede all’approvazione entro i tre mesi previsti dall’art. 4 comma 3, del disegno di legge costituzionale, la deliberazione parlamentare è incostituzionale?

Chi e in che modo potrà far valere il vizio insanabile di incostituzionalità?

In quest’ultimo caso dovrà procedersi secondo l’iter ordinario, sancito dall’art. 138 della Costituzione e dai regolamenti Parlamentari, non potendo più seguire l’iter speciale previsto dal d.d.l. costituzionale voluto dal Governo, se approvato secondo l’attuale testo?

Cosa accade se dopo la prima approvazione da parte di una delle Camere, la seconda Camera approva il testo con modificazioni? Quali termini dovranno applicarsi?

Dal testo predisposto si dà per acquisita una prima deliberazione conforme da parte di entrambi i rami del Parlamento, ma una tale supposizione appare evidentemente in conflitto con il nostro attuale sistema parlamentare.

Gli stessi termini e modalità valgono anche per “i progetti di legge ordinaria di riforma dei sistemi elettorali” previsti dall’art. 2, comma 1, il cui esame deve concludersi entro diciotto mesi come previsto dall’art. 4, comma 5?

Tanti dubbi.

Perché dunque non seguire la via maestra già prevista dall’art. 138 della Costituzione?

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