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1.Premessa

Una recente sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato[1] torna ad affrontare l’annosa questione della centralità della motivazione nel caso di affidamento di un servizio, da parte di una PA, nei riguardi di una sua società partecipata[2], evitando così di porre in essere una procedura competitiva prevista dal Codice dei contratti di cui al D.lgs 50/2016.

Per lungo tempo il ricorso al mercato, attraverso una delle procedure ordinarie di cui all’art. 59 del Codice, e l’affidamento in house providing sono state considerate come scelte alternative, ma poste sullo stesso piano dalla giurisprudenza[3] non indicando, il dettato normativo una preferenza per l’una a l’altra soluzione.

Attualmente, invece, si è affermata una posizione opposta da parte degli stessi attori che individuano l’in house come una soluzione eccezionale rispetto alle procedure selettive ordinarie.

Nel presente scritto ci si occuperà, all’interno dell’obbligo della motivazione prevista dal comma 2 dell’art. 192 di cui si dirà poco oltre, della congruità economica che l’Amministrazione deve dimostrare sussistere nel caso, appunto, di affidamento attraverso il modello dell’in house providing.

2.La norma

Il comma secondo dell’articolo 192 del Codice dei contratti pubblici[4] stabilisce che Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche.

Il legislatore, dunque, ha stabilito che, per tutti quei servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, la PA deve, ove quest’ultima non voglia ricorrere al mercato, assolvere, prima dell’affidamento ad una società partecipata in house, ad assolvere ad alcuni precisi obblighi.

3.la conguità economica in pratica

l’amministrazione, ai sensi dell’art. 192, deve dimostrare, tramite una relazione, la conguità economica dell’offerta presentata dalla società partecipata.

Tale relazione, ai sensi del comma 20 dell’art. 34 del DL 179/2012[5], prevede che per i servizi pubblici locali di rilevanza economica,  al  fine di assicurare il rispetto della disciplina europea,  la  parità  tra gli operatori, l’economicità della gestione e di garantire  adeguata informazione alla collettività  di  riferimento,  l’affidamento  del servizio è effettuato sulla base di apposita  relazione che dà conto delle ragioni  e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma  di  affidamento  prescelta  e  che  definisce  i  contenuti specifici degli obblighi di servizio pubblico e servizio  universale, indicando le compensazioni economiche se previste.

Questo documento, oltre che fare riferimento alle ragioni e alla sussistenza dei requisiti e al tempo stesso ai contenuti dell’offerta predisposta dalla società in house, deve dare conto degli aspetti economico/finanziari della scelta di non fare ricorso al mercato e infatti, in tal senso la giurisprudenza parla del c.d. “fallimento del mercato”.

A tal proposito sostengono i giudici[6] che è onere della stazione appaltante dare dimostrazione del cd. “fallimento del mercato”, appunto, ovvero della incapacità del mercato di offrire il servizio de quo alle medesime condizioni – qualitative, economiche, di accessibilità, così come declinate dalla disposizione citata – garantite dal gestore oggetto del “controllo analogo”.

A tal proposito si segnala che la norma, ci si riferisce qui all’art. 192 del Codice, non chiarisce quale sia la concreta attività istruttoria che l’Amministrazione deve compiere ai fini della verifica di congruità dell’offerta del soggetto in house. La proposta inviata alla PA dal soggetto da questa partecipata, pare corretto ricordarlo, ha l’obiettivo di offrire, generalmente ma non sempre, un servizio ad un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato ma ha anche altri obiettivi; dare stabilità al personale assunto dalla stessa[7], offrire un servizio “a misura” rispetto alle richieste del territorio, tanto per fare qualche esempio.

Al fine di chiarire la procedura di redazione della relazione dell’art. 34 del DL 179/2012 occorre precisare che il legislatore, nell’individuare i confini della valutazione sulla congruità economica dell’offerta del soggetto in house, non avrebbe imposto il preventivo svolgimento, da parte dell’Amministrazione, di una vera e propria comparazione tra il modello in house e il ricorso al mercato, bensì esclusivamente una valutazione complessiva dei costi e dei benefici ricavabili dal ricorso all’in house, nonché una motivazione in ordine all’economicità e alla sostenibilità del modello.

La valutazione a cui fanno riferimento i giudici, dalla quale discende la scelta per il modello dell’in house, deve compiutamente illustrare, nella relazione di cui al documento dell’art. 34 del DL 179/2012, le motivazioni economiche di tale scelta[8] e, per tale ragioni che si afferma la valenza non solo formale di detta relazione, degradandola a mero orpello procedimentale.

A tal proposito, in relazione al caso affrontato dal supremo consesso nella citata sentenza, viene osservato che, pur nella totale libertà della stazione appaltante di scelta dei fattori e degli indicatori da comparare, questi devono essere tali da permettere un’analisi economica approfondita basata su dei dati oggettivi e non elusiva del disposto normativo delle ragioni della preferenza dell’affidamento in house rispetto al ricorso all’evidenza pubblica in punto di convenienza economica, di efficienza e qualità del servizio.

Dall’intervento dei giudici, nei diversi procedimenti aventi ad oggetto gli affidamenti in house, emerge che le stazioni appaltanti troppo spesso si limitano ad analizzare i soli costi  di gestione del servizio ed in effetti, sostengono i giudici del TAR[9] La relazione ex art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, dopo aver preso atto dei costi per l’espletamento del servizio, come indicati nell’offerta della società in house, si limita ad affermare che “è fuor di dubbio che il quadro riepilogativo dei costi sopra elencato non può avere alcun riscontro negativo rispetto all’economicità del servizio e del vantaggio economico per l’amministrazione comunale seppur in mancanza di una storico dei costi”.

Ebbene, l’istruttoria posta alla base della decisione di ricorrere all’in house providing si rivela evidentemente monca. Pur ammettendo che non ci fosse uno “storico di costi”, era preciso dovere dell’amministrazione verificare, anche mediante stime e comparazioni, la congruità economica dell’offerta, a garanzia della continuità e dalla qualità delle prestazioni affidate alla società in house.

A tal proposito si segnala che i costi potrebbero anche essere, paradossalmente, maggiori nel caso di affidamento ad una società partecipata, e per questa ragione è bene evitare un possibile equivoco, derivante da una visione parziale e settoriale degli effetti economici e amministrativi del ricorso all’in house providing: la convenienza dell’affidamento in house di un servizio non va necessariamente valutata tenendo conto esclusivamente del servizio affidato, ma eventualmente anche in un’ottica più complessiva, avuto riguardo all’intera gestione dei servizi pubblici e della ottimale complessiva allocazione delle risorse pubbliche.

In questi termini, l’affidamento in house di un servizio potrebbe legittimamente essere preferito alla sua esternalizzazione, anche qualora i costi per la produzione in house siano maggiori, quando però tale affidamento possa migliorare l’efficienza o la qualità complessiva dei servizi resi in house, perché per esempio la rimuneratività del servizio da ultimo assegnato consenta di coprire i costi di altro servizio offerto in perdita; o perché consenta di operare complessive economie di scala.

Senza, peraltro, dimenticare che nella valutazione complessiva vengono naturalmente in gioco ulteriori fattori che possono essere forieri di benefici per la collettività, quale la possibilità di risanamento di una già esistente società in house o la salvaguardia dei livelli occupazionali, come accennato in precedenza.

In tutti questi casi, un affidamento in house che si riveli antieconomico se guardato singolarmente, potrebbe invece rivelarsi una legittima scelta finalizzata a un’ottimale allocazione delle risorse economiche dell’amministrazione.

Volgendo al termine di questa, seppur breve, disamina della valutazione della congruità economica in caso di affidamento nella modalità in house providing si aggiunge un ulteriore elemento che risulta utile a tracciare una via nell’applicazione della norma. l’Amministrazione deve dimostrare la reale convenienza rispetto alle condizioni economiche offerte dal mercato, con un onere motivazionale rafforzato, che consente un penetrante controllo della scelta, sul piano dell’efficienza amministrativa, e del razionale impiego delle risorse pubbliche, al fine di impedire una riduzione della concorrenza, in danno delle imprese e dei cittadini[10].

Sostiene il giudice[11] che con riferimento alla fattispecie per cui è causa, il Collegio dà atto che, nella Relazione, il Comune ha provveduto ad una valutazione della solidità economico finanziaria della controinteressata, incentrata direttamente sui suoi bilanci, sino all’ultimo approvato disponibile, sulle stime patrimoniali periziate effettuate dal 2007 al 30.10.2019, e sul raffronto tra il corrispettivo dalla stessa indicato ed i costi del medesimo servizio sul mercato alla data della redazione della Relazione, quantificando il risparmio complessivo per il Comune, in caso di gestione mediante il modello in house, in Euro omissis .

Concludendo, appare chiaro dagli esempi riportati, che la Relazione di cui all’art. 34 del DL 179/2012 risulta essere determinante e fondamentale nella predisposizione della documentazione a corredo della documentazione per l’affidamento in house providing. Tale documento, pur non avendo uno schema predeterminato dal legislatore, può essere predisposto dalla PA nella totale libertà in merito alla individuazione degli indicatori i quali però dovranno, essere in grado di far emergere la convenienza della scelta della stazione appaltante; convenienza, come si è chiaramente indicato, che non deve essere legata necessariamente all’aspetto economico ma anche ad altri aspetti in grado di offrire, però, chiari ed inequivocabili benefici alla collettività.

 

[1] Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 luglio 2021, n. 5351.

[2] La galassia delle partecipate vede coinvolte molte imprese ed addetti. Nonostante in riduzione del 5,6%, rispetto al 2020, il settore Attività professionali, scientifiche e tecniche si riconferma quello con il maggior numero di partecipate locali (652 con 12.197 addetti). Seguono la Fornitura di acqua; rete fognarie, attività di trattamento dei rifiuti e risanamento con 612 imprese e 79.029 addetti e il Trasporto e magazzinaggio, con 456 imprese e 90.336 addetti. Rispetto al totale delle partecipate, i settori in cui gli enti locali partecipano in misura più rilevante sono l’Istruzione (86,4% di imprese partecipate, 85,8% di addetti) e le Altre attività di servizi (82,1% di imprese partecipate, 93,2% di addetti).

[3] Nel contesto di sostanziale equiordinazione tra i vari modelli di gestione disponibili per la gestione dei servizi pubblici locali (mediante il ricorso al mercato, attraverso il c.d. partenariato pubblico- privato, tramite società mista, ovvero attraverso l’affidamento diretto in house), l’amministrazione è chiamata ad effettuare una scelta per l’individuazione della migliore modalità di gestione del servizio rispetto al contesto territoriale di riferimento e sulla base dei principi indicati dalla legge: in definitiva, l’amministrazione è chiamata all’esercizio di poteri discrezionali al fine di tutelare l’interesse generale al perseguimento degli “obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e qualità del servizio” (Consiglio di Stato, sez. V, 08.04.2019, n. 2275).

[4] Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, Codice dei contratti pubblici.

[5] Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 (in S.O. n. 208, relativo alla G.U. 18/12/2012, n. 294), “Ulteriori misure urgenti per la crescita del paese”.

[6] Consiglio di Stato, sez. III, 12 marzo 2021, n. 2102.

[7] Le società partecipate spesso sono il frutto di un lungo processo di “reinternalizzazione” di servizi come la refezione scolastica o il trasporto pubblico, scolastico e non, precedentemente svolte da società cooperative trasformate in partecipate. Per tale ragione il tema del personale assume una forte valenza negli affidamenti in house.

[8] Consiglio di Stato, sez. V, 08.04.2019, n. 2275.

[9] TAR, Calabria, Catanzaro, sez, I, 13 maggio 2021, n. 1111,

[10] Si veda a tal proposito Consiglio di Stato, Comm. Spec., 1.4.2016 n. 464.

[11] TAR, Lombardia, Milano, sez. I, 22 marzo 2021, n. 742.