Due recenti sentenze del Consiglio di Stato[1], emesse nelle ultime settimane ed aventi ad oggetto il contratto di avvalimento, hanno confermato il nuovo approccio dei giudici di Palazzo Spada nei riguardi di questo fondamentale documento. Nel tempo, si è passati da un punto di vista formale, che prevedeva la pedissequa descrizione di ogni elemento prestato dall’ausiliaria nei riguardi dell’avvalente ad un approccio sostanziale secondo il quale gli elementi prestati possono essere “ricercati” o anche “individuati” all’interno del contratto stesso, mediante una ricostruzione della volontà dei contraenti, ma anche in altri documenti facenti parte della documentazione presentata dall’operatore economico.
La norma di riferimento, giova ricordarlo, è contenuta all’interno dell’art. 89[2] del Codice dei contratti pubblici dedicata all’avvalimento; l’ultimo capoverso del primo comma prescrive che A tal fine, il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria[3] e all’art. 88, comma 1 del DPR 207/2010, lettere a), b) e c) le quali aggiungono, in relazione al contratto, che Per la qualificazione in gara, [del soggetto avvalente] il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f) [ora art. 89] del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente:
- a) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico;
- b) durata;
- c) ogni altro utile elemento ai fini dell’avvalimento.
Fatte queste premesse, la giurisprudenza maggioritaria ha escluso, già a partire dalla norma del Codice De Lise, che la finalità perseguita dal legislatore fosse soddisfatta con il mero impegno assunto dall’impresa ausiliata di prestare “per tutta la durata dell’appalto, le risorse necessarie di cui è carente la concorrente stessa” ma deve dare luogo alla elencazione dettagliata dei fattori produttivi in modo da consentire alla stazione appaltante di conoscere la consistenza del complesso economico – finanziario e tecnico – organizzativo offerti in prestito dall’ausiliaria e di valutare la loro idoneità all’esecuzione dell’opera[4]
Posta in questi termini la questione, si precisa che la conseguenza era che la mera utilizzazione della formula dell’articolo 49 del d. lgs. n. 163 del 2006 non integrava contenutisticamente l’oggetto dell’avvalimento che in ragione di tale indeterminatezza finiva col non assolvere alla funzione attribuita all’istituto e dunque, in questi casi prevedeva l’esclusione del concorrente e dell’ausiliaria.
Se è vero, infatti, che l’istituto ha quale ratio quella di consentire la partecipazione alle gare ad evidenza pubblica anche ad imprese che, non essendo in possesso dei requisiti richiesti, si avvalgano di quelli di altra impresa, non può restare nel vago l’oggetto del prestito che presuppone il possesso da parte dell’ausiliata e la effettiva messa a disposizione delle risorse di cui l’ausiliaria è carente a mezzo di un contratto che contenga gli elementi essenziali secondo la nozione civilistica del contratto[5], ovvero, quanto al contenuto, alla stregua dell’articolo 1346 c.c., un oggetto possibile, lecito, determinato o determinabile.
Concludevano, i giudici, che In tale ottica la specificità dell’oggetto dell’avvalimento ne caratterizza la funzione e lo definisce quale strumento adeguato di ausilio all’impresa e di garanzia della pubblica amministrazione della sussistenza – sia pure attraverso il prestito da parte di terzi – dei requisiti richiesti per lo svolgimento della commessa, che essa amministrazione ha valutato indispensabili per il suo buon esito.
Innumerevoli sono gli scritti che analizzano la diversa impostazione, in relazione all’istituto dell’avvalimento, del legislatore nazionale rispetto a quello comunitario che lo ha da sempre considerato uno strumento funzionale al favor partecipationis volto ad operare in funzione pro concorrenziale.
Invece la normativa nazionale, nella sua impostazione più tradizionale, poneva al centro, l’interesse dell’ente appaltante, alla cui tutela erano preordinate non solo le norme sulla scelta del contraente ma anche – e forse soprattutto – quelle relative alla fase esecutiva[6].
Di questa diversa impostazione, ne è dimostrazione il tentativo del legislatore nazionale, in fase di approvazione del D.lgs 163/2006, di circoscrivere l’ambito oggettivo di applicazione dell’avvalimento, tentativo che hanno dato vita ad una serie di contrasti con la disciplina “liberista” posta dalle direttive comunitarie.
Infatti, se da un lato l’istituto dell’avvalimento è stato puntualmente considerato “l’ultima frontiera attraverso la quale nel nostro ordinamento si declina il principio del favor partecipationis, ovvero della massima apertura alla concorrenza del mercato delle commesse pubbliche”; dall’altro, “rischia di costituire l’usbergo (solo) formale sotto il quale dissimulare una qualificazione che in concreto manca.”.
Per tale ragione, la disciplina nazionale del 2006 appare, rispetto a quella comunitaria, più restrittiva e analitica. E’ sufficiente pensare al dettagliatissimo elenco con cui l’art. 49.
Con l’approvazione delle tre nuove Direttive comunitarie[7] del 2014 l’istituto è stato disciplinato in modo più articolato e il legislatore nazionale, attraverso l’approvazione del nuovo Codice dei contratti pubblici, fedele al disposto comunitario, al fine di far salvo il principio del favor, contemperandolo, al contempo, con le esigenze garantiste delle stazioni appaltanti, si incentra non sull’an, ma sul quomodo[8].
LA SVOLTA
Un’inversione sostanziale in relazione al contratto di avvalimento si è avuta in seguito alla pronuncia della Plenaria n. 23 del Consiglio di Stato del 4 novembre 2016.
Alla plenaria è stato chiesto di pronunciarsi su un Principio di diritto secondo cui l’art. 88, appunto, del DPR 207/2010 riguardasse unicamente la determinazione dell’oggetto del contratto, legittimando interpretazioni di tipo estensivo del relativo contenuto.
Chiariscono i giudici che l’articolo 89 del decreto legislativo n. 50 del 2016 […] non ha introdotto disposizioni puntuali volte a vincolare le forme di rappresentazione dell’oggetto del contratto, limitandosi a stabilire che esso debba esplicitare l’obbligo nei confronti del concorrente “a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto”; sulla portata della noma introdotta dall’art. 88 del DPR 207/2010, invece, viene precisato che quest’ultima – secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 1 del previgente ‘Codice dei contratti’, il regolamento approvato con D.P.R. 207 del 2010 appartiene al genus dei regolamenti di esecuzione e attuazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettere a) e b) della legge 23 agosto 1988, n. 400: si tratta – come è ben noto – di uno strumento normativo attraverso il quale non è possibile introdurre disposizioni sostanzialmente derogatorie della normativa primaria di riferimento.
Ancora, in relazione all’art. 88 del DPR 207/2010 hanno specificato in secondo luogo che, nonostante la formulazione non chiarissima delle disposizioni regolamentari che qui rilevano, la previsione di cui all’articolo 88, comma 1, lettera f) del DPR 207 del 2010 (secondo cui “per la qualificazione in gara, il contratto di cui all’articolo 49, comma 2, lettera f), del codice deve riportare in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) oggetto: le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”) non può essere intesa nel senso di avere introdotto una sostanziale deroga (in senso restrittivo) ai generali canoni civilistici in tema di requisiti dell’oggetto del contratto.
Conclude, la Plenaria, stabilendo che deve ritenersi che l’articolo 88 del DPR 207 del 2010, per la parte in cui prescrive che il contratto di avvalimento debba riportare “in modo compiuto, esplicito ed esauriente (…) le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico”, non legittimi né un’interpretazione volta a sancire la nullità del contratto a fronte di un oggetto che sia stato esplicitato in modo (non determinato, ma solo) determinabile, né un’interpretazione volta a riguardare l’invalidità del contratto connessa alle modalità di esplicitazione dell’oggetto sulla base del c.d. ‘requisito della forma-contenuto’.
È grazie a questa nuova interpretazione sostanzialistica dell’art. 89 del Codice e dell’art. 88 del DPR 207/2010 che trovano spazio e conferma le due sentenze alle quali si è fatto riferimento in apertura.
Nel caso della sentenza n. 3997 del 24 maggio 2021 affrontata dal Consiglio di Stato si doveva decidere dell’ammissibilità o meno di un contratto di avvalimento all’interno del quale non erano state inserite, secondo la ricorrente, in modo dettagliato le risorse messe disposizione da parte dell’ausiliaria nei riguardi dell’avvalente. In verità la società resistente aveva dichiarato, nei documenti di gara, specificando che nei tre anni precedenti aveva svolto servizi analoghi alla “manutenzione di strumentazione scientifica da laboratorio di importo minimo pari a euro 90.000,00”.
Nel rigettare l’appello, i giudici, affermano che la determinatezza dell’avvalimento si ricava dall’impegno assunto dall’ausiliaria, che precedentemente ha attestato di essere in possesso del requisito di cui OMISSIS è carente, di svolgere in sede di esecuzione dell’appalto da parte di quest’ultima «il ruolo di subappaltatore, nei limiti dei requisiti prestati, per le attività di manutenzione delle attrezzature e strumentazione di laboratorio». Si tratta di un impegno espresso in modo chiaro e tale rende l’obbligo contrattuale così assunto determinato ex art. 1346 cod. civ. e dunque coercibile sul piano giuridico sia dall’appaltatore che dalla stazione appaltante, a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto. Ad ulteriore dimostrazione della serietà dell’impegno si pone la previsione di un corrispettivo per le prestazioni da svolgere in subappalto, fissato al punto 10 del contratto di avvalimento nell’importo di €10.000,00.
Nella seconda causa, dello stesso avviso sono i giudici della terza sezione del Consiglio di Stato[9] in relazione alla mancata indicazione, all’interno del contratto di avvalimento, dell’elenco dei mezzi messi a disposizione da parte della società ausiliaria nei riguardi dell’avvalente ove, però tale indicazione puntuale era stata indicata in altra documentazione alla quale la società resistente aveva inserito tutte le carte di circolazione dei mezzi prestati.
Sinteticamente, chiudono il primo motivo d’appello i giudici stabilendo che, L’impegno assunto dall’impresa ausiliaria appare dunque chiaro e certo, in quanto consistente nella messa a disposizione di cinque auto adibite al trasporto di materiale biologico e documentazione varia, cui si riferiscono le cinque carte di circolazione prodotte in sede di offerta.
Viene inoltre chiarito, a proposito delle indicazioni relative all’art. 88 del DPR 207/2010 che per effetto di questo contrappunto biunivoco tra documenti già prodotti in gara al momento del deposito del contratto di avvalimento, il contenuto di quest’ultimo non poteva che rivelarsi ab origine pienamente determinato. Vale in tal senso il principio generale – non derogato da nessuna previsione contraria (espressa o implicita) in materia di avvalimento – per cui il richiamo della disciplina fissata in un distinto documento che sia effettuato dalle parti contraenti sulla premessa della piena conoscenza di tale documento, ed al fine dell’integrazione del rapporto negoziale nella parte in cui difetti di una diversa regolamentazione, assegna alle previsioni di quella disciplina il valore di clausole concordate per effetto di una relatio perfecta (ex multis, Cass. civ., sez. VI , n. 16439/2019).
[1] Consiglio di Stato, sez. IV, 24 maggio 2021, n. 3997; Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2021, n.4158
[2] Per fortuna il DL 77/2021, ultimo ritocco al Codice dei contratti, non ha modificato gli aspetti relativi al contratto e al rapporto tra avvalente e ausiliaria;
[3] Il “vecchio” Codice di cui al D.lgs 163/2006 a proposito del contratto di avvalimento prevedeva, all’art. 49, co. 2, lett. f) che in originale o copia autentica il contratto in virtù del quale l’impresa ausiliaria si obbliga nei confronti del concorrente a fornire i requisiti e a mettere a disposizione le risorse necessarie per tutta la durata dell’appalto;
[4] ai soli fini di indicare la giurisprudenza posteriore all’approvazione del “vecchio” Codice si segnalano le seguenti sentenze: Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2015, n. 3866; 1° agosto 2015, n. 3771; 7 luglio 2015, n. 3339; 23 febbraio 2015, n. 873; sez. IV, 9 febbraio 2015, n. 662; 2 luglio 2014, n. 3336; sez. III, 17 giugno 2014, n. 3058).
[5] A proposito della configurazione del contratto di avvalimento si precisa che il contratto di avvilimento contemplato dall’art. 49 del D.L.vo 163 del 2006 è contratto atipico assimilabile al mandato, per mezzo del quale – e nell’ambito dell’autonomia contrattuale che il nostro ordinamento garantisce alle parti a’ sensi dell’art. 1322 c.c. nella qui assodata meritevolezza degli interessi perseguiti – l’impresa ausiliaria pone a disposizione dell’impresa partecipante alla gara la propria azienda, intesa notoriamente quale complesso di beni organizzato per l’esercizio delle attività di impresa (cfr. art. 2555 c.c.). Il contratto concluso in tal senso dalle parti ben può quindi essere configurato quale contratto unilaterale con obbligazioni assunte da una sola delle parti e nel quale la presunzione di onerosità può essere superata da una prova contraria, ovvero dalla prassi (cfr. al riguardo Cass. Sez. II, 27 maggio 1982 n. 3233, riferita sempre allo schema negoziale del mandato): anche se va opportunamente soggiunto che l’assodata atipicità del contratto in esame non determina alcun limite o vincolo in ordine alla causa del negozio e alla previsione di un corrispettivo, e che – per l’appunto – la riconducibilità del contratto stesso allo schema generale del mandato rende ex se irrilevante ai fini della validità del vincolo inter partes l’avvenuta assunzione, da parte del mandante, dell’obbligo di corrispondere un compenso al mandatario per l’attività da lui svolta: obbligo che, come è ben noto, è soltanto presunto a’ sensi dell’art. 1709 c.c.
[6] Si veda in proposito: L’avvalimento tra norme comunitarie e disciplina nazionale ovvero il paradigma di una difficile convivenza di R. Mangani, in GiustAmm.it, anno 2014;
[7] 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, 2014/24/UE sugli appalti pubblici e 2014/25/UE sulle procedure di appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali;
[8] L’istituto dell’avvalimento: alla continua ricerca di un punto di equilibrio tra favor partecipationis e garanzie per la PA, di F. Di Giorno, in ItaliAppalti.it
[9] Consiglio di Stato, sez. III, 31 maggio 2021, n. 4158;