Site icon QUOTIDIANO LEGALE

Ai fini della concessione della cittadinanza italiana anche il lavoro casalingo merita considerazione

di Ruggero Tumbiolo. Con la decisione n. 3306 del 5 giugno 2012, la Terza Sezione del Consiglio di Stato ha esaminato il caso di una cittadina russa, residente in Italia unitamente al coniuge cittadino iraniano e a due figli minori nati in Italia, la quale aveva chiesto la concessione della cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91 del 1992, che prevede che la cittadinanza possa essere concessa allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio dello Stato.

La ricorrente si era vista negare la concessione della cittadinanza italiana dal Ministero dell’Interno, in ragione del mancato possesso del requisito di un reddito personale ed attuale.

Il Ministero dell’Interno, a fondamento della sua decisione di rigetto, richiamava il dovere di solidarietà alla vita collettiva che il richiedente la cittadinanza deve assumersi, al pari di tutti i componenti della comunità nazionale.

Replicava l’interessata di essere inserita all’interno di un contesto famigliare stabile e di condizioni economiche più che buone, di essere proprietaria di un appartamento avuto in donazione dal coniuge, di svolgere l’attività di casalinga e, in quanto tale, di dare il suo contributo alla famiglia ed alla comunità nazionale.

Il Consiglio di Stato, in riforma della decisione di primo grado pronunciata dal TAR Lazio, Roma, ha annullato il provvedimento ministeriale di diniego della cittadinanza, richiamando le argomentazioni svolte nella sua precedente decisione n. 5207 del 30 novembre 2005 circa la necessità di valutare le condizioni reddituali e patrimoniali dell’intera famiglia e non solo il reddito personale del richiedente.

A questo proposito, il Consiglio di Stato mette in risalto la pari dignità del lavoro casalingo ed il diritto di famiglia che garantisce al coniuge che svolge lavoro casalingo (pur quando sia sprovvisto di un reddito proprio) un adeguato sostentamento economico, sia in costanza di matrimonio, sia in caso di scioglimento dello stesso.

Il Consiglio di Stato aggiunge, tuttavia, che resta nella discrezionalità della Pubblica Amministrazione valutare se, nel caso specifico, le condizioni della famiglia siano tali da far ritenere che il soggetto benefici nel presente ed anche per il futuro di un sostegno economico adeguato; in particolare, l’Autorità ministeriale conserva il potere discrezionale di valutare se il reddito della famiglia sia, ad esempio, sufficiente, prevedibilmente stabile, di provenienza lecita e regolarmente dichiarato ai fini fiscali.

Exit mobile version