BREVI RIFLESSIONI SULLA LIBERTÀ DI ASSOCIAZIONE E DOVERE DI SEGRETEZZA.
(Art. 18 della Costituzione) alla luce della L.R.S. n. 18 del 2018
di Antonio Cogliandro*
Autorevole stampa nazionale, riferisce che due membri della regione Sicilia Antonio Catalfamo ed Eleonora Lo Curto hanno annunciato un ricorso alla Corte costituzionale contro la legge regionale siciliana n. 18 del 2018 approvata lo scorso 4 ottobre su iniziativa del presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava. La medesima è stata pubblicata sul supplemento ordinario n. 1 della GURS n. 45 del 19/10/2018. La norma impone agli eletti l’obbligo per i deputati dell’ Ars (Assemblea regionale siciliana), i membri della giunta regionale e i pubblici amministratori locali di dichiarare la propria eventuale affiliazione a logge massoniche entro 45 giorni dall’insediamento, tramite deposito di una dichiarazione “anche negativa” sull’eventuale appartenenza “a qualunque titolo ad associazioni massoniche e similari che creino vincoli gerarchici, solidaristici e di obbedienza”. I due deputati in particolare hanno dichiarato che non avrebbero presentato dichiarazione su appartenenza a Logge previste dalla legge regionale suddetta. Quindi rinunciando al termine e di conseguenza rendendosi passibili di eventuali sanzioni da parte del Presidente dell’ARS. Gli stessi ritengono la norma iniqua ed in contrasto con l’art. 3 e con l’ art. 18, quest’ultimo in ossequio al principio della libertà di associazione. Hanno dato mandato ai loro legali di impugnare la legge suddetta dinanzi la Corte Costituzionale per ottenere, a Loro dire, la pronuncia di illegittimità costituzionale a tutela dei diritti dei cittadini ma anche di tutti i Sindaci e consiglieri comunali che hanno invitato a desistere alla scadenza del 3 dicembre non sottoscrivendo la dichiarazione.
La vicenda però potrebbe prendere prima la strada per l’Europa. Proprio alcuni giorni fa un deputato del Parlamento europeo la svedese Cecilia Wilkstrom (Gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei Liberali per l’Europa), nella veste di Presidente della commissione per le petizioni dell’UE, ha dichiarato ricevibile (perché il suo oggetto rientra nell’ambito delle attività dell’ Unione europea) una petizione di un cittadino italiano contro la legge siciliana. Nel ricorso si contesta la violazione di alcuni articoli della Costituzione Italiana, e di diversi articoli della Carta dei diritti europei. La Presidente della Commissione, ha riferito il legale del ricorrente, ha “ravvisato l’opportunità di sottoporre le questioni anche alla commissione del Parlamento europeo competente in materia” e ha deciso di trasmettere la petizione “alla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni e a quella per la Cultura e l’ istruzione per l’ informazione”.
E’ giusto precisare che in passato la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) si espresse due volte con relative sentenze nei casi di analoghe leggi delle regioni Marche e Friuli Venezia Giulia,dichiarando la violazione dell’art. 11 della Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo (libertà di riunione e di associazione).
E sempre in passato ed esattamente il 09/06/2010 Luigi Berlinguer al quotidiano online affaritaliani.it dichiarò: “Non c è un pregiudizio verso la massoneria e tutte le associazioni di quel tipo, perchè non ce n è una sola. Io ho presieduto la commissione di garanzia del PD che ha preso questa decisione. Noi non possiamo chiudere le porte del partito se non si dimostra che sono società segrete:e ora sembra che non lo siano più”. Si associarono a Lui altri esponenti politici del periodo pur appartenenti ad altri ideali come ad esempio Riccardo Nencini. Nel mentre di recente, qualche partito nel proprio statuto, anche se in modo generico, ha invece vietato la candidatura a coloro che siano iscritti ad associazioni aventi ad oggetto finalità o contrasto con quelli dell’associazione.
Ebbene, questa problematica che negli anni viene rispolverata, è stata più volte affrontata da autorevole dottrina.
A tal uopo, la Costituzione non fornisce una definizione del concetto di associazione, anche se il momento qualificante di tale fenomeno, secondo F. del Giudice: “è la circostanza che più persone decidano di svolgere insieme una data attività per raggiungere i fini più vari”.
L’ elemento distintivo rispetto alla riunione è costituito dal carattere di stabilità che contraddistingue la cooperazione tra gli associati e la presenza di almeno un nucleo di regole associative.
Il divieto delle associazioni segrete è collegato invece con il divieto di quelle associazioni con finalità politiche perseguite attraverso organizzazioni di carattere militare. La dottrina si è soffermata spesso su questo comma. E cosi A. Pace, che si è occupato dei diritti fondamentali e quindi anche del diritto di libertà di associazione ha scritto: ”ma che senso ha proibire un associazione che persegua fini leciti solo perché coperta dal segreto?” Non è facile trovare la “ratio” del divieto sulla base dei principi generali della Costituzione relativamente alla tutela dei diritti fondamentali, tra i quali rientra anche,per molteplici ragioni, il diritto del cittadino di rendere o meno nota la sua adesione ad una associazione, nella misura in cui questa associazione non persegua fini vietati dall’ordinamento”.
Bisogna quindi accennare rapidamente alla questione del diritto fondamentale generale garantito dall’art. 18 Cost., ovvero il diritto di libertà di associazione,che viene tutelato nella Costituzione repubblicana,mentre nello Statuto Albertino l’art. 32 riconosceva un diritto siffatto soltanto relativamente ad una libertà per cosi dire privata,sottoponendo “le adunanze in luoghi pubblici o aperti al pubblico… alle leggi di polizia”. In realtà, il diritto di libertà di associazione era inesistente nello Statuto e i Costituzionalisti dell’epoca cercarono invano di trarre una qualificazione dalla libertà di riunione.
E’ poi certamente singolare il fatto che la Costituzione repubblicana del 1948 abbia conservato un divieto che è specifico del regime fascista e la cui ratio non è ovviamente conciliabile con la volontà del costituente di garantire la massima libertà di associazione, rimuovendo, ad esempio, il divieto di autorizzazione e ipotizzando anche un diritto concesso non soltanto ai cittadini, ma generalmente a tutti.
Ciò tanto più in quanto l’art.18.1 Cost. non è soltanto il riconoscimento di un diritto fondamentale in senso lato, quanto di un diritto che entra a strutturare la forma stessa dello Stato. Si tratta di garanzie che coinvolgono contemporaneamente i singoli e i gruppi nei quali i singoli esplicano la loro personalità e che da questo punto di vista si ricollegano all’art. 2 della Costituzione, relativo al riconoscimento e alla tutela delle formazioni sociali. Ne scaturisce, che la “pubblicità” dei membri dell’ associazione, può ben arrivare a intaccare il diritto stesso del singolo sia alla riservatezza sia alla stessa libertà di associazione.
In effetti, la libertà associativa dell’ art. 18 è una libertà strumentale rispetto all’esercizio di altre attività garantite dalla Costituzione. Tanto è vero che l’ associazionismo qui previsto è di tipo generale.
Proprio in quest’ottica, ad esempio, Antonio Baldassarre, ha operato una connessione tra l’ art.18 e l’ art. 17 relativo alla libertà di riunione chiamando in campo la distinzione aristotelica tra il prattein e il poiein e quindi segnalando con forza il nesso tra norme costituzionali e strutture della personalità umana. Se la libertà di riunione ha a che fare con il prattein, cioè con la strumentalità dell’ agire individuale, il poiein implica una estrinsecazione necessaria della dimensione più profonda dell’ essere individuo, con la evidente conseguenza che ogni limitazione di quel diritto – limitazione eccezionale quant’altra mai – deve trovare una giustificazione chiara e precisa. E ciò non a caso,in quanto l’art. 18 costituisce un limite innanzi tutto nei confronti del potere pubblico ad intervenire sul diritto riconosciuto, tanto che una delle più importanti e note conseguenze di norma della Costituzione repubblicana fu la scomparsa del potere prefettizio di scioglimento delle associazioni a seguito della sentenza n. 114/1967 della Corte costituzionale, e poi la cancellazione di una serie di norme del codice civile relative ad una regolazione delle attività delle associazioni. La libertà di associazione implica quindi una rimozione del “segreto” in quanto tale.
In altri termini,ciò che l’ art. 18.1 riconosce è che l’ uomo è un animale politico e che questa politicità è insopprimibile e si esplica strettamente nel fine che l’ associazione intende raggiungere sulla base della natura della associazione stessa e della vocazione individuale.
L’obiettivo è uno “scopo comune” e la comunità dello scopo si autonomizza rispetto al momento genetico dell’associazione. Ciò significa che il diritto di associarsi si estende al tipo di organizzazione che gli associati hanno il diritto di darsi, una organizzazione che sia la più confacente agli interessi e sopra tutto allo scopo che essi si sono dati associandosi ed anzi in virtù e in ragione del quale hanno deciso di associarsi. Com’è stato osservato da A. Pace, ”il perseguimento di un fine è sempre condizionato dai mezzi di cui si dispone e, quindi, dalla struttura organizzativa utilizzata”. Non può essere dunque il tipo di organizzazione, che si avvale di quel “segreto” che altrove la stessa Costituzione garantisce come inviolabile, per esempio per quanto riguarda la corrispondenza, oggetto della proibizione del secondo comma dell’ art. 18, bensì unicamente la finalità cui il carattere segreto dell’associazione deve servire, sicchè la segretezza, in questo caso, si riferisce a quelle associazioni ”veramente segrete”, come disse Tupini in Assemblea Costituente, ovvero quelle associazioni di cui, di fatto, si ignora l’esistenza fino a quando o non vengono scoperte dalla magistratura o non si rivelano esse stesse nel momento in cui palesano il loro obiettivo anti-giuridico (cui la segretezza è funzionale).
In effetti, è evidente che la norma si riferisce in maniera esclusiva a finalità di eversione o che, meglio, per citare Paolo Barile, “il legislatore ha voluto sottolineare la necessaria politicità delle associazioni segrete vietate”,le quali devono avere ”finalità di usurpazione del potere”. Ciò significa che una sana comprensione dello spirito del dettato costituzionale, coglie il segreto come illecito soltanto nella misura in cui esso costituisce uno strumento per il raggiungimento di finalità politiche eversive.
E’ comprensibile che l’allarme suscitato dalle vicende della Loggia Propaganda 2 abbia prodotto delle reazioni, prima di opinione pubblica e poi anche a livello normativo, con la Legge n. 17 del 25/01/1982. Ad una lettura attenta di questa norma, si evince che il concetto di “segretezza” può essere applicato con una conseguenza punitiva solo nella misura in cui l’ attività svolta in maniera occulta è finalizzata non soltanto ad interferire in maniera illecita sulla vita civile del paese in generale. Ma, sopra tutto,si sottolinea l’occultamento dell’esistenza della associazione, come dire che segreta e quindi illecita, illegale e anticostituzionale è quella associazione di cui l’opinione pubblica e gli strumenti di informazione nulla sanno. Per cui non rendono noti la sede in cui si svolgono le riunioni e principalmente le finalità che perseguono.
Ha osservato Giuseppe Ugo Rescigno che la Costituzione punisce le associazioni segrete “per la loro antidemocraticità, giacchè non consentono alcun controllo popolare sulla loro attività”. Se la segretezza deve essere proibita -ancora Rescigno – “quella associazione che, sistematicamente e per programma, si adopera affinché la pubblica opinione sappia della sua esistenza e attività solo ciò che la stessa associazione decide di divulgare”, siamo sicuri che questa caratteristica non si adatta anche a molte associazioni, politiche, economiche, che fanno sapere alla gente solo ciò che loro conviene che la gente sappia?
A tal proposito è doveroso citare un brano da un libro sullo Stato e le associazioni di un grande costituzionalista italiano dell’ottocento, Gaetano Arangio Ruiz: dopo aver ammesso che solo nei governi dispotici le società segrete hanno legittimità e che negli Stati liberi “il segreto non avrebbe ragion d’ essere”, cosi continua: “Il che non toglie che le associazioni segrete possano vivere tollerate nello Stato, quando questo non trova nulla da temere dalla loro azione occulta”.
Ci si chiede ancora, si può essere soddisfatti dello stato attuale delle cose e della legislazione vigente? A dire di A.Carrino per certi aspetti, la risposta può essere positiva, per altri, invece, ancora negativa. Infatti egli sostiene: “aver inserito in Costituzione questo riferimento alle associazioni segrete, specialmente nel momento in cui lo si è legato alle organizzazioni militari contemplate nello stesso comma, sia stata una leggerezza del Costituente, perché, nonostante interpretazioni corrette del concetto, quale in fondo quella dell’art. 1 della cd.Legge P2, resta incerto su altre, possibili interpretazioni estensive che finirebbero, in via pregiudiziale, con l’intaccare il principio stesso dell’art. 18, che mira invece a garantire il diritto di associazione quale diritto fondamentale di libertà dell’essere umano”. I limiti posti ad altre forme associative, quali la registrazione per i Sindacati (art. 39 Cost.) o il metodo democratico per quanto riguarda l’attività esterna dei partiti (art. 49Cost.), sono il risultato di una particolare finalità di quel tipo di associazioni, che non a caso sono specificamente regolate e previste dalla Costituzione in quanto tali e per le specifiche finalità che sono loro connesse in un ordinamento democratico e in uno Stato sociale di diritto.
In verità, il concetto di segretezza deve essere riservato, nella sua funzione antigiuridica, esclusivamente ad associazioni apertamente e dichiaratamente politiche, che fanno della segretezza uno strumento di sovversione, essendo antigiuridico il fine. Ma rispetto a ciò la legge di attuazione dell’ art. 18 Cost., dalle parole di G. Cuomo, appare piuttosto una norma preventiva,non proibitiva né repressiva di atti illeciti contemplati dall’ordinamento, infatti: ”viene colpito il proposito, l’intenzione perché si colpisce l’attività prima che produca i suoi effetti; e quindi l’associazione è considerata vietata per l’ art. 18 Cost. prima che la sua attività abbia interferito”, nella fattispecie sull’esercizio di pubbliche funzioni” di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo”. Più che l’idoneità ad interferire – continua Giuseppe Cuomo – si colpisce l’intenzione perché l’ associazione viene sanzionata anche se la sua attività non interferisce sull’esercizio di pubbliche funzioni. Infatti, ai sensi di legge il requisito richiesto non è l’ interferenza, ma l’attitudine ad interferire. Sicché con tale legge per la libertà di associazione si passa da un regime repressivo, tipico dei regimi democratici, a quello di prevenzione, sovvertendo la regola generale per la quale in tanto si è liberi in quanto si è responsabili e in tanto si è responsabili in quanto si è liberi”.
In conclusione, la libertà di associazione si specifica anche in diverse libertà di: costituire una associazione, aderire o non aderire ad una associazione, recedere da una associazione. Pertanto, in sintesi la Costituzione garantisce la suddetta libertà per perseguire uno scopo collettivo comune poiché la considera indispensabile per favorire lo sviluppo della persona umana, sia come singolo che nell’ambito delle formazioni sociali. Nel mentre la norma vieta espressamente tutte le associazioni i cui fini possono essere raggiunti solo attraverso la commissione di reati.
Nello stesso senso va letto il diritto alla libertà di associazione sancita dall’art. 12 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea. La Carta prevede espressamente, inoltre, che tale libertà sia riferita segnatamente al campo politico, sindacale e civico, che sono gli ambiti “più caldi” in cui il principio di partecipazione democratica trova la sua espressione.
* Avv. Antonio Cogliandro – Cultore della materia area pubblicistica
Bibliografia:
-A. Pace,Problematica delle libertà personali,Cedam 2003
-A.Baldassare,Diritti delle persone e valori Costituzionali,Giappichelli 1997
-La Costituzione Repubblicana nei lavori preparatori Istituto De Gasperi Bologna 2011
-P.Barile,Diritti dell’uomo e libertà fondamentali,Il Mulino 1994
-G.U.Rescigno,Corso di Diritto Pubblico,Zanichelli 2014
-A.Carrino Libertà di associazione Hiram 2013
-G.Cuomo,Le Associazioni segrete editore Lavoro 2000
-Affaritaliani .it quotidiano digitale 2010
-F.del Giudice la Costituzione a schede 2017
-R.Ferrazza,il Sole 24 0re del 06/04/2019