Agenzia delle Entrate Tasse
9 minuti

Il caso.

 

Un contribuente vedeva rideterminato il suo reddito secondo le presunzioni del vecchio redditometro, e nei due giudizi di merito veniva confermata la pretesa tributaria perché non era stata fornita la prova contraria in maniera ritenuta sufficiente.
Il contribuente ricorreva quindi in Cassazione, la quale ha accolto il ricorso e ha cassato la decisione di secondo grado, con rinvio per nuova valutazione alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione.

 
La decisione.

 

Ordinanza n. 1455/2016 Cassazione Civile – Sezione VI
La Cassazione ha ricordato che, dopo un primo orientamento giurisprudenziale nel quale si affermava che il contribuente era tenuto a dimostrare che la spesa per incrementi patrimoniali fosse stata sostenuta proprio con redditi esenti o assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, l’orientamento successivo non richiede la prova circa l’effettiva destinazione di tali redditi esenti o tassati alla fonte a titolo definitivo.

Più di recente, una recente pronuncia (Cass. 8995/2014) ha però chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente in caso di accertamento induttivo sintetico ai sensi dell’art. 38 D.P.R. n. 600/1973: attraverso idonea documentazione, il contribuente può dimostrare che il maggior reddito determinato sinteticamente è costituito da redditi esenti o tassati alla fonte a titolo definitivo, che consenta però di escludere che tali redditi siano stati usati per altre finalità non considerate nell’accertamento quali, ad esempio, un ulteriore investimento.
Qui di seguito il testo esteso dell’ordinanza sui punti citati: «Secondo un precedente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, seguito dalla CTR nell’impugnata sentenza, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto, in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, non “riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato)” (Cass. n. 6813/2009; Cass. 23785/2010; Cass. n. 4183/2013).
Siffatto principio è stato, tuttavia, da ultimo superato da questa Corte (Cass. 6396/2014), che ha invece ritenuto che nessun’altra prova deve dare la parte contribuente circa l’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali se non la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi”; nè può evincersi “un onere di dimostrazione, aggiuntivo, circa la provenienza oltre che l’effettiva disponibilità finanziaria delle somme occorrenti per gli acquisti operati dal contribuente”, in quanto “una diversa interpretazione, in nessun modo correlata al tenore testuale del ricordato art. 38, comma 6, ult.cit., determinerebbe in definitiva, una sorta di trasfigurazione del presupposto impositivo, non più correlato all’esistenza di un reddito ma, piuttosto, all’esistenza di una spesa realizzata da redditi imponibili ordinari e congrui o da redditi esenti o da redditi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta”; con recente pronuncia questa Corte (Cass. 8995/2014) ha poi ulteriormente chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, specificando che “a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere).
In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati”.
Nè la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.»

 

 

Osservazioni.

 

Sulla base del più recente orientamento giurisprudenziale, il contribuente può fornire la prova circa l’entità delle somme di cui ha avuto la disponibilità e la durata della stessa, al fine di giustificare la maggior capacità contributiva accertata, ma la disposizione richiede che la prova deve anche essere idonea a escluderne l’utilizzo per finalità non considerate nell’accertamento sintetico (ad esempio per altro investimento effettuato).

Vale a dire che il contribuente deve giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato con altre somme, ma anche dimostrare di non aver utilizzato le stesse somme per altre finalità.

 

 

Disposizioni rilevanti.

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 settembre 1973, n. 600
Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi

Art. 38 – Rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche

L’ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione.

La rettifica deve essere fatta con unico atto, agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta locale su redditi, ma con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie di cui all’art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597.

L’incompletezza, la falsità e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione, salvo quanto stabilito nell’art. 39, possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all’articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.

L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’articolo 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma.

La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge.

 

Lascia un commento