di Carlo Rapicavoli –
La Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati ha sostanzialmente riscritto il testo del disegno di legge Delrio contenente “Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”, che approda in aula a partire da lunedì 2 dicembre.
Il testo emendato mantiene la struttura originaria prevedendo l’articolazione delle amministrazioni locali in:
1) Citta Metropolitane: enti territoriali di area vasta con le seguenti finalità istituzionali generali: cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano; promozione e gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione; cura delle relazioni istituzionali afferenti il proprio livello, ivi comprese quelle a livello europeo.
2) Province: enti territoriali di area vasta con funzioni limitate
3) Unioni di Comuni: enti locali costituiti da due o più comuni per l’esercizio associato di funzioni o servizi di loro competenza
4) Comuni
Soffermiamoci sulle disposizioni riferite alle Città metropolitane e alle Province.
CITTÀ METROPOLITANE
Dalla data di entrata in vigore della legge, nasceranno le città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria nonché, con alcune peculiarità, Roma capitale.
Le nuove Città metropolitane sono costituite, in prima applicazione, sul territorio delle Province omonime.
Tra il 1° luglio 2014 e il 30 settembre 2014, ove un terzo dei comuni ricompresi nel territorio della città metropolitana ovvero un numero di comuni che rappresentino un terzo della popolazione della provincia, comunque tra loro confinanti, deliberino, con atto adottato dal rispettivo consiglio comunale a maggioranza assoluta dei componenti, la volontà di non aderire alla rispettiva città metropolitana e di voler continuare a far parte della provincia omonima, il territorio della predetta città comprende soltanto quello dei Comuni che non hanno manifestato tale volontà; la Provincia omonima continua ad esercitare le proprie funzioni nel territorio dei Comuni che hanno manifestato tale volontà e il Presidente o commissario uscente della Provincia, è nominato commissario.
A regime è possibile l’iniziativa dei comuni, ivi compresi i comuni capoluogo delle province limitrofe, ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione, per la modifica delle circoscrizioni provinciali limitrofe e per l’adesione alla città metropolitana.
Queste le procedure:
1) Entro 20 giorni dall’entrata in vigore della legge, il sindaco del comune capoluogo:
a) convoca l’assemblea dei sindaci dei comuni della città metropolitana allo scopo di eleggere, a maggioranza dei presenti, un componente del comitato istitutivo della città metropolitana formato dal sindaco del comune capoluogo, che lo presiede, dal presidente della provincia o dal commissario, dal presidente della regione o da loro delegati;
b) indice le elezioni per una conferenza statutaria per la redazione di una proposta di statuto della città metropolitana, composta da un numero di componenti pari al consiglio metropolitano ed integrata dai componenti del comitato istitutivo.
2) La conferenza statutaria termina improrogabilmente i suoi lavori il 30 giugno 2014 trasmettendo ai sindaci dei comuni della città metropolitana la proposta di statuto.
3) Fino al 1° luglio 2014, il comitato istitutivo della medesima predispone atti preparatori e studi preliminari in ordine al trasferimento delle funzioni, dei beni immobili, delle risorse finanziarie, umane e strumentali alla città metropolitana.
4) Fino al 1° luglio 2014 sono prorogati gli organi provinciali in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, ivi comprese le gestioni commissariali.
5) Dal 1° luglio 2014 fino al 30 settembre 2014, il comitato istitutivo subentra temporaneamente agli organi della Provincia.
6) Dal 30 settembre 2014 il sindaco del comune capoluogo esercita fino al 1o novembre le funzioni degli organi della città metropolitana. Dalla data di insediamento del consiglio metropolitano esercita le funzioni di sindaco della città metropolitana.
7) Decorso il termine del 30 settembre 2014, anche ai fini della dichiarazione di volontà di cui al comma 9, il comitato istitutivo della città metropolitana indice le elezioni del consiglio metropolitano, che si svolgono entro il 1o novembre 2014.
8) Alle elezioni non partecipano i sindaci e i consiglieri dei Comuni che abbiano eventualmente dichiarato la volontà di non aderire alla città metropolitana.
9) Entro due mesi dall’insediamento del consiglio metropolitano, è approvato lo statuto definitivo. In caso di mancata approvazione dello statuto entro il predetto termine, si provvede con la nomina di un commissario ad acta.
10) Nel caso in cui, per iniziativa di un terzo dei Comuni, sia mantenuta anche la Provincia, fino alla nomina dei nuovi organi, questa sarà gestita da un commissario e continua ad esercitare le funzioni di cui alla normativa previgente avvalendosi, previa intesa o convenzione, senza oneri aggiuntivi, degli uffici e delle risorse della città metropolitana a cui spetta il patrimonio, il personale e le risorse strumentali e finanziarie. Gli oneri della gestione commissariale di cui alla fine del secondo periodo sono a carico dei comuni che hanno dichiarato la volontà di continuare a far parte della Provincia e sono ripartiti in proporzione alla loro popolazione. Sul territorio dei comuni che hanno optato per la non appartenenza alla città metropolitana, ai sensi del presente comma, non può essere istituita più di una provincia.
11) La città metropolitana di Reggio Calabria è istituita sei mesi prima della scadenza degli organi della Provincia di Reggio Calabria in carica alla data di entrata in vigore della legge e comunque non entra in funzione prima del rinnovo degli organi del comune di Reggio Calabria.
GLI ORGANI
Gli organi della città metropolitana sono:
a) il sindaco metropolitano;
b) il consiglio metropolitano;
c) la conferenza metropolitana
Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo.
Il consiglio metropolitano è composto dal sindaco metropolitano e da:
a) ventiquattro consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3 milioni di abitanti;
b) diciotto consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3 milioni di abitanti;
c) quattordici consiglieri nelle altre città metropolitane.
Il consiglio metropolitano dura in carica cinque anni. In caso di rinnovo del consiglio del comune capoluogo, si procede a nuove elezioni del consiglio metropolitano entro sessanta giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo.
Lo Statuto può prevedere forme di elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano soltanto a queste condizioni:
a) L’elezione può avvenire successivamente all’approvazione della legge statale sul sistema elettorale;
b) Il territorio del comune capoluogo sia articolato in più comuni. A tal fine il comune capoluogo deve proporre la predetta articolazione territoriale, con deliberazione del consiglio comunale sottoposta a referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana.
c) La regione abbia provveduto con propria legge all’istituzione dei nuovi comuni e alla loro denominazione ai sensi dell’articolo 133 della Costituzione.
d) Per le sole città metropolitane con popolazione superiore ai tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo Statuto della Città metropolitana.
Il consiglio metropolitano è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della città metropolitana. Sono eleggibili a consigliere metropolitano i sindaci e i consiglieri comunali in carica.
LE FUNZIONI
Alla città metropolitana sono attribuite le funzioni fondamentali delle province le seguenti funzioni fondamentali:
a) adozione e aggiornamento annuale del piano strategico del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni dei comuni compresi nell’area, anche rispetto all’esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni;
b) pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture di interesse della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nell’area;
c) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
d) mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;
e) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti con la vocazione della città metropolitana come delineata nel piano strategico annuale del territorio;
f) promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.
PATRIMONIO E RISORSE UMANE E STRUMENTALI DELLA CITTÀ METROPOLITANA
Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all’atto del subentro alla provincia.
Al personale delle città metropolitane si applicano le disposizioni vigenti per il personale delle province; il personale trasferito dalle province mantiene, fino al prossimo contratto, il trattamento economico in godimento.
LE PROVINCE
Sono organi delle Province:
a) il presidente della Provincia;
b) il consiglio provinciale;
c) l’assemblea dei sindaci.
Il presidente della Provincia è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni della Provincia; dura in carica quattro anni e resta in carica anche in caso di cessazione dalla carica di sindaco.
Sono eleggibili a presidente della Provincia i sindaci della Provincia, il cui mandato scada non prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni.
Il Presidente della Provincia può nominare un vicepresidente, scelto tra i consiglieri provinciali, stabilendo le eventuali funzioni a lui delegate e dandone immediata comunicazione al consiglio. Il vicepresidente esercita le funzioni del Presidente in ogni caso in cui questo ne sia impedito. Il Presidente può altresì assegnare deleghe a consiglieri provinciali secondo le modalità e nei limiti stabiliti dallo Statuto.
Il consiglio provinciale è composto dal presidente della Provincia e da sedici componenti nelle province con popolazione superiore a 700.000 abitanti, da dodici componenti nelle province con popolazione da 300.000 a 700.000 abitanti, da dieci componenti nelle province con popolazione fino a 300.000 abitanti.
Il consiglio provinciale dura in carica due anni.
Il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della Provincia. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica.
In sede di prima applicazione della legge, il presidente della Provincia o il commissario, in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, convoca l’assemblea dei sindaci per l’elezione del presidente della Provincia e indice l’elezione del consiglio provinciale, che si svolgono entro trenta giorni dalla scadenza degli organi provinciali in carica.
Sono prorogati gli organi provinciali in carica alla data di entrata in vigore della legge, ivi compresi eventuali commissari, fino alla data di insediamento del nuovo presidente e del nuovo consiglio provinciale.
Il consiglio provinciale approva le modifiche statutarie entro sei mesi dalla elezione dei nuovi organi provinciali.
LE FUNZIONI
Le Province, quali enti con funzioni di area vasta, esercitano le seguenti funzioni fondamentali:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza, con particolare riferimento alla difesa del suolo;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
c) programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;
d) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
La Provincia può altresì, d’intesa con i comuni, provvedere alla gestione dell’edilizia scolastica con riferimento alle scuole secondarie di secondo grado.
Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono al riordino delle funzioni esercitate dalle province sulla base dei seguenti principi:
a) conferimento ai comuni, perché le esercitino singolarmente o mediante unioni di comuni, delle funzioni, già esercitate dalle Province, il cui esercizio non corrisponde più ad esigenze unitarie o consente di svolgere più efficacemente le funzioni fondamentali comunali;
b) assunzione da parte delle Regioni delle funzioni che rispondono a riconosciute esigenze unitarie;
c) adozione di soluzioni gestionali e organizzative orientate all’efficienza e all’efficacia, ivi comprese, con intese o convenzioni, l’avvalimento e le deleghe di esercizio, valorizzando anche le autonomie funzionali.
Per i servizi a rete di rilevanza economica oggi esercitate da enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l’attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, secondo i principi di adeguatezza e sussidiarietà, anche valorizzando, ove possibile, le autonomie funzionali.
Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, Stato e Regioni individuano in modo puntuale, mediante accordo sancito in Conferenza unificata, le funzioni oggetto del riordino e le relative competenze.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sono stabiliti i criteri generali, per l’individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni che devono essere trasferite dalle Province agli enti subentranti, garantendo i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in corso, nonché quelli a tempo determinato in corso fino alla loro scadenza prevista.
Il personale trasferito mantiene la posizione giuridica ed economica, con riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale e accessorio, in godimento all’atto del trasferimento, nonché l’anzianità di servizio maturata; le corrispondenti risorse sono trasferite all’ente destinatario; in particolare, quelle destinate a finanziare le voci fisse e variabili del trattamento accessorio, nonché la progressione economica orizzontale, secondo quanto previsto dalle disposizioni contrattuali vigenti, vanno a costituire specifici fondi, destinati esclusivamente al personale trasferito, nell’ambito dei più generali fondi delle risorse decentrate del personale delle categorie e dirigenziale. I compensi di produttività, la retribuzione di risultato e le indennità accessorie del personale trasferito rimangono determinati negli importi goduti antecedentemente al trasferimento e non possono essere incrementati fino all’applicazione del contratto collettivo decentrato integrativo sottoscritto conseguentemente al primo contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dopo l’entrata in vigore della legge.
L’ente che subentra nella funzione succede anche nei rapporti attivi e passivi in corso, compreso il contenzioso; il trasferimento delle risorse tiene conto anche delle passività; sono trasferite le risorse incassate relative a pagamenti non ancora effettuati, che rientrano nei rapporti trasferiti.
Gli effetti derivanti dal trasferimento delle funzioni non rilevano, per gli enti subentranti, ai fini del patto di stabilità, della disciplina delle spese di personale, compreso il rapporto tra spese correnti e spese di personale, della disciplina sui limiti alle assunzioni in rapporto al turnover e della disciplina sui limiti dell’indebitamento.
UNIONI DEI COMUNI
Per la disciplina delle Unioni di Comuni rinviamo all’analisi del dott. Luigi Oliveri.
BREVI CONSIDERAZIONI FINALI
Viene semplicemente da chiedersi: qual è il senso di questa riforma.
Da due anni si susseguono interventi normativi sulle Province ad alimentare spinte giornalistiche e demagogiche, per poi finalmente scoprire quanto appare ovvio a chiunque effettui una seria valutazione dell’organizzazione della pubblica amministrazione e delle funzioni esercitate: l’esigenza indiscutibile di un ente di area vasta, intermedio fra Regione e Comuni.
Ci sarà pure un motivo per il quale in tutti i Paesi europei esistono tali enti.
Ebbene nel tentativo di dare attuazione ad un annuncio riformatore, si procede velocemente con una riforma confusa che non produrrà alcun risparmio, come confermato dalla Corte dei Conti né una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi.
Poco importa infatti se non risulta dimostrata l’efficienza che dovrebbe derivare dalla nuova allocazione delle competenze, se prolifereranno le Unioni dei Comuni che finora non hanno dato grande prova di funzionalità, se il risultato finale dell’approvazione del disegno di legge Delrio sarà quello di avere diversi organizzazione ed assetto di competenze nel territorio nazionale, sulla base delle città metropolitane.
Certamente le modifiche introdotte in Commissione hanno rimediato in parte ai gravi limiti del testo originario. Sono state dimenticate funzioni fondamentali, non riconducibili al livello comunale o alla gestione delle Regioni, quali l’organizzazione e la gestione dei servizi per l’impiego e le politiche per il lavoro e la formazione professionale, malgrado i numerosi emendamenti presentati in Commissione e non discussi per la fretta di concludere i lavori.
Si è certamente fatto un passo avanti negli aspetti relativi al patrimonio e alle risorse finanziarie, del tutto ignorati nel testo del Governo, anche se negli emendamenti approvati in Commissione si focalizza il problema ma non si individua la soluzione rimessa ad un decreto legislativo del Governo entro un anno dal DPCM che individuerà le funzioni da trasferire.
Il Dpcm entro tre mesi dovrebbe:
a) fissare i criteri generali per individuare risorse finanziarie, umane, strumentali ed organizzative connesse all’esercizio delle funzioni da trasferire;
b) garantire la permanenza dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e determinato in corso.
c) individuare le risorse finanziarie delle province, che debbono traslare verso gli enti subentranti insieme con le funzioni.
Si tratta di questioni molto complesse, che andavano gestite e risolte prima dell’approvazione della legge, non rinviate a momenti successivi e incerti, tanto da prefigurare il caos istituzionale e gestionale.
E’ sufficiente considerare – un aspetto questo che probabilmente è sconosciuto al Ministro –
che non esiste una diretta connessione tra entrate delle province e funzioni svolte, in quanto non esistono più entrate, derivanti da trasferimenti statali e regionali, con vincoli di destinazione per le funzioni esercitate dalle province.
Negli ultimi anni:
a) i trasferimenti dello Stato sono stati quasi totalmente azzerati ed il fondo sperimentale di riequilibrio per le province non ha più finanziamento;
b) anche prima dell’azzeramento imposto dalle manovre del Governo Monti, il fondo era unico e non tracciava una connessione diretta tra somme erogate e servizi svolti;
c) alcune funzioni conferite dalle regioni mantengono ancora un minimo di tracciamento, ma tantissime regioni hanno, negli anni, drasticamente ridotto, quando non azzerato, i finanziamenti per le funzioni trasferite;
d) le entrate delle province sono ormai quasi solo entrate proprie, tributarie e patrimoniali e finanziano interamente ed in modo indifferenziato le connesse spese;
e) non è, dunque, immaginabile un sistema automatico per fissare un’equivalenza diretta tra funzione trasferita e risorse in entrata che le finanziano.
Non solo, ma le disposizioni definitive sono rimesse ad un decreto legislativo da emanare dopo un anno dal DPCM.
E’ evidente un aspetto che appare forse la finalità ultima e vera della riforma: la fine della rappresentanza democratica diretta nelle Province.
Un aspetto ancora più evidente nelle Città metropolitane in cui il sindaco del Comune capoluogo è di diritto il sindaco metropolitano, senza nemmeno la previsione dell’elezione di secondo grado come per il Presidente della Provincia.
Un intero territorio si trova rappresentato da un soggetto per il quale non si è concorso – nemmeno indirettamente – alla sua elezione.
E’ prevista la possibilità che lo Statuto preveda l’elezione diretta, ipotesi questa però soggetta a condizioni di difficile realizzazione e soggette comunque alla volontà non dei territori ma del legislatore statale e regionale: l’approvazione della legge statale sul sistema elettorale e l’articolazione del territorio del comune capoluogo in più comuni.
Sull’elezione di secondo grado va richiamata la giurisprudenza della Corte Costituzionale.
Apprezzabile soltanto l’intervento della Commissione che ha rimediato alla previsione del testo governativo che prevedeva la decadenza degli organi democraticamente eletti anche prima della scadenza naturale del mandato. Il testo emendato prevede che l’elezione dei nuovi organi avviene entro trenta giorni dalla scadenza natuirale.
E’ auspicabile che nel corso del dibattito in aula si possa ulteriormente rimediare alle innumerevoli criticità ancora presenti nel testo.