di Luca Palladini. Attraverso la sentenza n. 19182 del 19 agosto u.s. la S.C. dispone il rinvio degli atti al giudice d’appello al fine di ottenere una nuova pronuncia sul c.d. “lodo Pandev” e, cioè, su quel provvedimento con il quale nel 2009 il collegio arbitrale della Lega Calcio ha disposto la risoluzione del contratto stipulato dal calciatore macedone con la Lazio, avvallando – così – la posizione del giocatore e condannando la società sportiva a pagare 160mila euro a titolo di risarcimento dei danni e al pagamento delle spese legali.
Con questa sentenza, gli Ermellini – oltre a porre in bilico la suddetta querelle – hanno colto l’occasione per evidenziare le differenze procedurali fra arbitrato rituale e irritale; nello specifico: il primo può essere reso esecutivo e può altresì produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., mentre il secondo è uno strumento negoziale riconducibile alla sola volontà delle parti. Inoltre, il lodo irrituale è impugnabile (ex art. 412-quater c.p.c.) innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro a differenza di ciò che accade per l’arbitrato rituale ove – invece – l’impugnazione per nullità del lodo deve essere proposta di fronte alla Corte d’appello.
Di conseguenza, se il lodo irrituale viene impugnato tempestivamente ma innanzi alla (incompetente) Corte d’appello anziché al Tribunale, non viene ostacolata la decadenza dell’impugnazione. Infine, i giudici di legittimità precisano che nell’alveo degli arbitrati irrituali rientrano sia le clausole compromissorie – come quelle delle Federazioni sportive – e anche tutte le controversie in materia di lavoro privato previste sia dalla legge che dai contratti collettivi.