Le fatture Tia devono, necessariamente, riportare i criteri giustificativi della tariffa applicata e le norme poste a base della richiesta di pagamento. Ad affermarlo è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza del 10 maggio 2013 n., che ha ritenuto invalida la fattura emessa da un gestore del servizio di smaltimento dei rifiuti, nonostante la stessa indicasse la superficie occupata, la categoria di riferimento e l’importo unitario a metro quadrato.
Secondo la Suprema Corte, in ragione della natura tributaria della prestazione (in specie: tariffa di igiene ambientale – t.i.a.), l’atto con il quale viene richiesta all’utente/contribuente la tariffa di igiene ambientale, anche qualora conservi la forma della fattura, deve avere i requisiti contenutistici essenziali dell’atto di accertamento di un tributo. In simile prospettiva, pertanto, gli atti con cui il gestore del servizio smaltimento rifiuti solidi urbani richiede al contribuente quanto da lui dovuto a titolo di tariffa di igiene ambientale, anche quando dovessero avere la forma di fattura commerciale, non attengono al corrispettivo di una prestazione liberamente richiesta, ma a un’entrata sicuramente pubblicistica (Cass. n. 17526/2007); sicché hanno natura di atti amministrativi impositivi e debbono perciò rispondere ai requisiti sostanziali propri di tali atti. La stessa corte costituzionale, nella sentenza n. 238 del 2009, ha precisato che con riguardo alla disciplina dell’accertamento e della liquidazione della Tia, la lacunosità delle statuizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 22 del 1997, articolo 49, comma 9, (il quale si limita a prevedere che “la tariffa e’ applicata dai soggetti gestori nel rispetto della convenzione e del relativo disciplinare”) può essere alternativamente colmata con l’esercizio del potere regolamentare comunale previsto per le entrate anche tributarie dal Decreto Legislativo n. 446 del 1997, articolo 52, o per via dell’interpretazione sistematica; interpretazione secondo cui, per esempio, nulla osta a che, per le sanzioni ed interessi relativi all’omesso o ritardato pagamento della Tia, possano applicarsi le norme generali in tema di sanzioni amministrative tributarie.
Ne segue in sintesi che, avendo natura di atti impositivi, anche le fatture Tia debbono rispondere ai requisiti sostanziali propri di questi provvedimenti e possono essere impugnate davanti alle commissioni tributarie, nonostante non siano espressamente ricomprese tra l’elenco degli atti opponibili (articolo 19 del Dlgs 546/1992). Nella specie, la fattura non doveva neppure essere emessa in quanto relativa ad un’operazione fuori campo Iva.
Con l’introduzione della Tares, dal 2013 la questione dovrebbe assumere connotati diversi posto che la nuova disciplina spazza via tutti i precedenti regimi (Tia compresa). Così, ai sensi dell’articolo 14, comma 19, del Dl 201/2011, il Comune o il suo gestore possono applicare una tariffa avente natura corrispettiva, quindi rilevante ai fini Iva, solo in presenza di precisi sistemi di misurazione della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico.
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