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di Carlo Rapicavoli – Il dramma che si è consumato negli uffici della Regione Umbria, che ha portato alla morte di tre persone, lascia sgomenti.

Due dipendenti della Regione, senza alcuna colpa, restano vittime del folle e disperato gesto di un uomo, che subito dopo si toglie la vita.

Il dramma è figlio della situazione di crisi e di disperazione che non trova soluzioni.

Ma è anche frutto della propaganda contro le Istituzioni e contro i dipendenti pubblici, fomentata, spesso ad arte, negli ultimi anni. Per convinzione o per mera speculazione politica o mediatica; ancor più grave quando la denigrazione proviene da chi ha la responsabilità di governo, di rappresentare ed amministrare.

Numerose le attestazioni provenienti dalle altre Regioni o dal mondo politico; ne riportiamo due significative.

“Dolore e sconcerto” sono stati espressi dal presidente della Conferenza delle Regioni e dell’Emilia-Romagna, Vasco Errani, che ha voluto sottolineare “la vicinanza a nome di tutti i presidenti delle Regioni italiane ai collaboratori della Regione e ai cittadini dell’Umbria”.

Per il governatore del Veneto, Luca Zaia, quanto è successo oggi a Perugia è un fatto “’di una gravità inaudita. Un segnale evidente e tangibile di un clima avvelenato che rischia di dilagare provocando conseguenze gravi, che nulla hanno a che vedere con il delicato momento che attraversa la nostra società”.

Stupisce la voglia dimostrata da molti di catalogare al più presto l’episodio come l’ennesimo atto di uno squilibrato.

Stupisce il silenzio del Governo. Non una riga di cordoglio e vicinanza ai dipendenti pubblici tanto vituperati né dalla Presidenza del Consiglio né dal Ministero della Pubblica Amministrazione, che tali vituperati dipendenti rappresenta ed amministra. A più di 24 ore dell’episodio nessuna presa di posizione ufficiale.

Stare dalla parte dei dipendenti pubblici non produce consenso.

Sono certo – voglio sperare – che sia stata almeno manifestata privatamente la presenza delle Istituzioni alle famiglie.

C’è molto da riflettere.

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