Di Giulia Gavagnin. Non si placa l’indagine sul calcio scommesse avviata dalla Procura di Cremona e diffusasi sull’intero territorio nazionale. Dopo l’emissione di nuove ordinanze di custodia cautelare e informazioni di garanzia che hanno coinvolto nomi eccellenti del calcio italiano (tra questi, Stefano Mauri della Lazio, ristretto in carcere, e gli azzurri Criscito e Bonucci, il primo dei quali escluso dalla rosa della Nazionale maggiore prossimamente impegnata agli Europei) è notizia di oggi che il portiere della Nazionale, Gianluigi Buffon, pur non essendo ufficialmente indagato, avrebbe anch’egli il ‘vizietto’ della scommessa.
In particolare, da una nota riservata inviata dalla Procura di Torino a quella di Cremona, risulterebbe che il conto corrente del giocatore della Juventus avrebbe registrato “un’anomala movimentazione caratterizzata dall’emissione nel periodo gennaio 2010 – settembre 2010 di n. 14 assegni bancari, di importi tondi compresi tra 50mila ed euro 200mila per un totale di 1.585.000 euro tutti a favore di Alfieri Massimo (titolare di tabaccheria a Parma, abilitata, tra l’altro, alle scommesse calcistiche)” . L’avvocato Marco Valerio Corini, legale che assiste il calciatore da anni, a tutela della privacy del suo assistito, non ha voluto fornire dettagli in merito ai fatti.
Queste scarne informazioni, se confermate (e non arricchite da particolari ulteriori suscettibili di determinare un’iscrizione nel registro degli indagati da parte della Procura della Repubblica), farebbero supporre che Buffon abbia violato l’art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva (“Divieto di scommesse e obbligo di denuncia”) che al comma 1 recita: “Ai soggetti dell’ordinamento federale, ai dirigenti, ai soci e ai tesserati delle società appartenenti al settore professionistico è fatto divieto di effettuare o ricevere scommesse, direttamente o per interposta persona, anche presso il soggetti autorizzati a riceverle, o di agevolare scommesse di altri con atti univocamente funzionali alla effettuazione delle stesse, che abbiano ad oggetto i risultati relativi ad incontro ufficiali organizzati nell’ambito della FIFA, della UEFA e della FIGC”.
Il divieto suddetto rientra nel generale dovere di lealtà, correttezza, probità e nel’obbligo di osservare le norme e gli atti federali cui le società, i tecnici e gli atleti sono tenuti ai sensi dell’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva (di seguito, CGS) ed è particolarmente rigoroso per gli appartenenti al settore professionistico, ai quali è inibita la scommessa persino presso i soggetti autorizzati a riceverle. Il successivo comma 2, invece, non qualifica come comportamento diciplinarmente rilevante la scommessa presso soggetto autorizzato, se effettuata da “soggetti dell’ordinamento federale, dirigenti, soci, tesserati delle società appartenenti al settore dilettantistico o al settore giovanile” i quali, invece, saranno parimenti perseguibili se effettuano o agevolano la medesima scommessa presso soggetti non autorizzati a riceverle.
La violazione del divieto comporta per entrambi i soggetti (professionisti e appartenenti al settore dilettantistico o giovanile) la sanzione dell’inibizione o della squalifica non inferiore a due anni e dell’ammenda non inferiore a euro 25.000,00.
E’ evidente l’interesse dei giornali per l’asserita condotta illegale di Buffon, il quale, sebbene non più giovanissimo, rischierebbe di vedere bruscamente interrotta la propria carriera, ed in maniera assai infelice.
Non sappiamo, al momento, se la condotta del calciatore si sia limitata all’effettuazione di scommesse presso soggetto autorizzato o se comprenda anche veri e propri episodi di illecito sportivo, di cui sentiamo parlare con insistenza da almeno un anno.
Si qualifica “illecito sportivo” ai sensi dell’art. 7, comma 1, CGS, “Il compimento, con qualsiasi mezzo, di atti diretti ad alterare lo svolgimento o il risultato di una gara o di una competizione ovvero ad assicurare a chiunque un vantaggio in classifica”. Si tratta di un illecito disciplinare molto grave, sanzionato con l’inibizione o la squalifica per un periodo minimo di tre anni e con l’ammenda non inferiore a Euro 50.000,00.
La commissione dell’illecito sportivo individuato nel suddetto articolo è inoltre idonea a mettere in guai seri la società di appartenenza poiché questa può essere ritenuta presuntivamente od oggettivamente responsabile per il fatto commesso dal proprio tesserato (comma 4) con irrogazione di una sanzione che va dalla penalizzazione di uno o più punti, alla retrocessione fino all’ultimo posto della classifica del campionato di appartenenza, fino alla non ammissione o esclusione dalla partecipazione ad alcune manifestazioni (art. 18 CGS, lett. g) – m).
La commissione dell’illecito sportivo è spesso, ma non sempre, coincidente con la norma penale di cui all’art. 1, comma 1, della L. n. 401/89 che punisce con la reclusione da un mese ad un anno e con la multa da lire cinquecentomila a due milioni “chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo”. A differenza dell’illecito sportivo, che può essere commesso solo da un soggetto qualificato, la frode sportiva è un reato comune, che può essere commesso da chiunque, ed è caratterizzato dall’elemento corruttivo.
Pur non essendovi, al momento, elementi sufficienti ad ipotizzare una violazione più grave di quella prevista all’art. 6 CGS (beninteso, sempre che le allegazioni di cui alla nota della Procura di Torino trovino riscontro nei fatti) si deve però ricordare che l’inosservanza degli obblighi discendenti dal’art. 6 può comportare per l’atleta ulteriori problemi sotto il profilo contrattuale. L’art. 10, comma 3, dell’Accordo Collettivo per i giocatori di serie A obbliga il calciatore “ad evitare comportamenti che siano tali da arrecare pregiudizio all’’immagine della Società” . Il successivo comma 4 impone al calciatore l’osservanza di determinate condotte fuori dal campo che spesso danno vita al c.d. “Codice Etico” predisposto dalla società: usualmente, tra le prescrizioni, vi è l’obbligo di astenersi dalle scommesse. L’accertamento di queste violazioni può dare luogo alle pesanti conseguenze dell’art. 11 dell’Accordo Collettivo che prevede, quale sanzione massima, la risoluzione per giusta causa del contratto.
Ovviamente, come tifosi, speriamo che la nota della Procura di Torino non trovi rispondenza nei fatti e che le somme utilizzate da Buffon nei menzionati pagamenti non siano state destinate a fini legittimi e non per scommesse vietale dall’ordinamento sportivo.