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pannelli solari

di Fulvio Conti Guglia. La sentenza in commento, (della Suprema Corte di Cassazione emessa nel mese di gennaio), riguarda la costruzione e l’esercizio di un impianto fotovoltaico in assenza della “necessaria” autorizzazione unica regionale.

L’impugnazione si fonda sull’assunto che la realizzazione di un impianto in assenza del relativo titolo abilitativo, costituito dalla autorizzazione unica regionale, comporta l’applicazione della sanzione indicata dall’art. 44 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380. Mentre il PM (nella specie ricorrente) sostiene che la medesima sanzione deve applicarsi anche per l’esercizio abusivo, ossia senza il dovuto titolo abilitativo, di un impianto fotovoltaico, sicché tale esercizio rappresenta anch’esso un aspetto della condotta vietata e comunque rappresenta un aggravamento o una protrazione delle conseguenze illecite del reato contestato.

Quel che rileva in sede cautelare è solo che l’art. 12, comma 3 d.lgs. 387/03 (analoga disposizione reca ora l’art. 5, comma 1 d.lgs. 28\2011), contiene sicuramente una norma che impone la necessità, in relazione agli impianti come quello in questione, della autorizzazione unica regionale sia al fine della costruzione dell’impianto sia anche al fine del suo successivo esercizio. La norma quindi richiede, in considerazione delle caratteristiche dell’impianto, che il controllo sulla sua realizzazione e sul suo concreto esercizio sia svolto da quella specifica autorità ritenuta competente, ossia dalla regione e non solo dai singoli comuni. Tanto la realizzazione tanto l’esercizio senza il necessario titolo abilitativo costituiscono pertanto violazioni della suddetta norma precettiva e producono entrambi una grave lesione dell’interesse tutelato dalla norma stessa.
Pertanto, appare irrilevante, sotto questo specifico aspetto, che l’art. 44, lett. b), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, faccia riferimento soltanto al permesso di costruire. E ciò sia perché l’art. 44 viene in rilievo come norma sanzionatoria, mentre la norma precettiva è contenuta nell’art. 12, e sia perché, quand’anche si ipotizzasse che la sanzione penale si possa applicare soltanto alla realizzazione dell’impianto senza il titolo abilitativo mentre il suo esercizio senza titolo sia punita solo con una sanzione amministrativa, non potrebbe comunque disconoscersi che la mancata sottoposizione dell’esercizio dell’impianto al controllo della competente autorità costituirebbe ugualmente una protrazione e un aggravamento delle conseguenze dannose del reato.In realtà, come emerge dalla semplice lettura della norma precettiva, (l’art. 12, comma 3, del d. lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), il quale dispone che «La costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili … nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o altro soggetto istituzionale delegato dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico». Analoga disposizione reca ora l’art. 5, comma 1, del d. lgs. 3 marzo 2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), l’interesse da questa tutelato comprende anche l’esigenza che il concreto controllo sul corretto esercizio di impianti di questo genere sia svolto dall’autorità regionale e non da quella comunale. Ne deriva che, anche dopo l’ultimazione della sua realizzazione, l’utilizzazione dell’impianto senza il possesso del titolo abilitativo occorrente continua a produrre una lesione del bene giuridico protetto, ossia dell’interesse alla permanente vigilanza da parte dell’autorità competente anche sull’esercizio dell’impianto stesso, e pertanto aggrava o comunque protrae le conseguenze negative del reato ipotizzato.

Si veda: Sentenza per esteso e massime su www.AmbienteDiritto.it

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