Di Stefano Nespor. Si parla in questi giorni sui nostri quotidiani della diminuzione del numero degli iscritti alle Università italiane: 58.000 in meno rispetto a 10 anni fa.
In questi stessi giorni, negli Stati Uniti, si discute dello stesso problema, che riguarda però non tutte le Università e le Facoltà, ma solo le Facoltà di legge, le circa 200 Law School del paese.
Gli ammessi al primo anno per il prossimo autunno sono circa 30.000, il 20% in meno del 2011 e il 38% in meno del 2010: più o meno lo stesso numero del 1977. Solo 4 Facoltà di legge a livello nazionale hanno visto aumentare gli iscritti, tutte le altre hanno registrato più o meno vistosi decrementi, nonostante che, essendo calato il numero delle richieste, siano stati resi molto meno severi i requisiti per l’ammissione e le selezioni. La previsione è che nel giro di qualche anno almeno 10 Facoltà saranno costrette a chiudere, mentre la maggior parte dovrà ridurre drasticamente il corpo docente.
Non è questo il caso di altre Facoltà: medicina e le business school registrano costanti aumenti di anno in anno, e così pure le facoltà di ingegneria (dovuti però in gran parte alle iscrizioni di studenti stranieri, quasi assenti nelle Facoltà di legge).
Certamente, la professione che fino a 10 anni fa era vista come quella che dava la maggiore possibilità di ascesa sociale e di conseguire buoni livelli di benessere economica, si trova oggi in seria difficoltà.
Le ragioni, secondo Brian Z. Tamanaha della Washington University Law School (ha recentemente pubblicato un libro sull’argomento, “Failing Law Schools”) sono molteplici: crisi del mercato e quindi riduzione della domanda di nuovi avvocati da parte degli studi legali anche perché le nuove tecnologie permettono ricerche, documentazione con modalità assai veloci e quindi meno avvocati addetti a questo settore. Secondo l’American Bar Association, l’associazione che raccoglie tutti gli equivalenti dei Consigli dell’Ordine, attualmente solo il 55% dei laureati in legge ottiene un lavoro a tempo pieno come avvocato.
La ragione più importante però – secondo Tamanaha – sono i costi. Nel 2001 il costo medio di un anno alle Facoltà di legge era 23.000 dollari; nel 2012 è salito a oltre 40.000 dollari. Se consideriamo solo le Facoltà più prestigiose, quelle offrono quindi maggiori possibilità di reperire un buon lavoro in un prestigioso studio legale, il costo è passato, negli stessi anni, da 70.000 dollari a 125.000. A questi bisogna aggiungere il vitto e l’alloggio che in molte città può avere costi assai elevati. Ciò significa che quasi il 90 degli studenti di legge è costretto a ricorrere a prestiti per sostenersi durante gli studi, ma con sempre minori prospettive – vista la situazione del mercato – di poter restituire quanto ricevuto in tempi ragionevoli.
Molti, di fronte a questi dati, si chiedono quale sia il futuro della professione legale nel paese e se non sia necessario introdurre significative riforme per un rilancio della professione.