di Luca Palladini. La definizione “ex picchiatore fascista” se rivolta a chi ha avuto veramente, per sua stessa ammissione, una militanza nell’estrema destra che gli ha permesso di partecipare a battaglie di piazza (con tanto di scontro fisico contro gli antagonisti politici), proprio perché realistica, non può essere valutata come diffamazione. Lo ha affermato la quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza 745 depositata l’8 gennaio 2013.
Attraverso la sentenza in esame, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso del blogger reo di aver offeso la reputazione di un giornalista e conduttore radiofonico definendolo, appunto, “ex picchiatore fascista”. Rilevando che “il fatto non costituisce reato”, gli Ermellini hanno avallato la tesi della difesa nella quale si affermava che l’espressione, partendo da un dato bibliografico assolutamente inequivocabile, era stata inserita «in un preciso periodo del passato nel quale il prefisso “ex” ha avuto l’intenzione di collocarlo» perdendo, così, di «disvalore sociale» e di valore anti-giuridico.
Il S.C. ha così ribaltato pienamente l’orientamento assunto nei precedenti giudizi (dove si era ritenuto superato “il requisito della continenza”) e, pertanto, ha liberato in via definitiva da ogni accusa l’autore del blog disponendo l’annullamento della doppia condanna per diffamazione e della multa di 400 euro. Infatti, pur ammettendo la connotazione negativa dell’espressione, a giudizio dei magistrati di legittimità «appare del tutto ingiustificata la richiesta di intervento punitivo dello Stato in danno di chi (guardando semplicemente agli indubbi trascorsi, nda) […] lo ha collocato, nel passato, all’interno di uno schieramento che questo tipo di dialettica della violenza, avente precise radici storiche, non ha mai rinnegato».