di Ruggero Tumbiolo. La Grande Sezione della Corte di Giustizia, con la sentenza del 19 dicembre 2012 (causa C-159/11), ha affermato che: “ Il diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici osta ad una normativa nazionale che autorizzi la stipulazione, senza previa gara, di un contratto mediante il quale taluni enti pubblici istituiscono tra loro una cooperazione, nel caso in cui – ciò che spetta al giudice del rinvio verificare – tale contratto non abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, non sia retto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico, oppure sia tale da porre un prestatore privato in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”.
La questione era stata sottoposta dal Consiglio di Stato, nell’ambito di una controversia sorta tra, da un lato, l’Azienda Sanitaria Locale di Lecce e l’Università del Salento e, dall’altro, diversi ordini e associazioni professionali ed alcune imprese, vertente su un contratto di consulenza stipulato tra l’ASL di Lecce e l’Università del Salento, avente ad oggetto lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture ospedaliere della Provincia di Lecce.
In particolare, il Consiglio di Stato aveva chiesto: “Se la [direttiva 2004/18], ed in particolare l’articolo 1, paragrafo 2, lettere a) e d), l’articolo 2, l’articolo 28 e l’allegato II [A], categorie 8 e 12, ostino ad una disciplina nazionale che consente la stipulazione di accordi in forma scritta tra due amministrazioni aggiudicatrici per lo studio e la valutazione della vulnerabilità sismica di strutture ospedaliere da eseguirsi alla luce delle normative nazionali in materia di sicurezza delle strutture ed in particolare degli edifici strategici, verso un corrispettivo non superiore ai costi sostenuti per l’esecuzione della prestazione, ove l’amministrazione esecutrice possa rivestire la qualità di operatore economico”.
Giova rammentare che nel nostro ordinamento l’art. 15 della legge n. 241 del 1990 espressamente consente alle amministrazioni pubbliche di concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune e l’art. 66 del d.P.R. n. 382 del 1980 ammette l’esecuzione da parte delle università di attività di ricerca e consulenza mediante contratti con enti pubblici e privati.
La Corte di Giustizia precisa che due tipi di contratti conclusi da enti pubblici non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.
La prima tipologia consiste nei contratti di appalto stipulati da un ente pubblico con un soggetto giuridicamente distinto da esso, quando detto ente eserciti su tale soggetto un controllo analogo a quello che esso esercita sui propri servizi e, al contempo, il soggetto in questione realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che lo controllano (c.d. in house providing).
La seconda tipologia concerne i contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a questi ultimi; in tale ipotesi, le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili a condizione che:
– tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata;
– nessun prestatore privato sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti;
– la cooperazione istituita dagli enti pubblici sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.
In conclusione, la stipulazione, in assenza di una preventiva procedura di evidenza pubblica, di un contratto di cooperazione tra due enti pubblici risulta conforme al diritto comunitario solo nel caso in cui tale contratto abbia il fine di garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune agli enti medesimi, sia sostenuto unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico e non generi situazioni di privilegio per dei prestatori d’opera privati.