CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez. 3^, 8 maggio 2024 (Ud. 18/01/2024), Sentenza n.18020
RIFIUTI – Demolizione di un edificio – Processo di produzione ai sensi dell’art. 184-bis, c.1°, lett. a) T.U.A. – Esclusione – Terre e rocce da scavo – Disciplina – Natura dei «sottoprodotti» – Presupposti.
L’attività di demolizione di un edificio (che può avvenire per motivi diversi, non è finalizzata alla produzione di alcunché, bensì all’eliminazione dell’edificio medesimo, né può assumere rilevanza il fatto che la demolizione sia finalizzata alla realizzazione di un nuovo edificio, che non può essere considerato il prodotto finale della demolizione, in quanto tale attività non costituisce il prodromo di una costruzione, che può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni) non può essere definita un “processo di produzione” ai sensi dell’art. 184-bis, comma primo, lett. a) del D.Lgs. 152 del 2006, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti e non come sottoprodotti. L’art. 184, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006 definisce come rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando, attualmente (poiché, in precedenza, il riferimento riguardava l’ormai abrogato art. 186), quanto disposto dall’articolo 184-bis in materia di sottoprodotti. Il richiamo all’art. 184-bis, in questo caso, è esclusivamente riferito ai materiali provenienti dalle sole attività di scavo, come emerge dal tenore letterale della disposizione e dal richiamo, prima della modifica ad opera del d.lgs. n. 205 del 2010, all’art. 186, che riguardava le terre e rocce da scavo. La collocazione dei materiali derivanti da attività di demolizione nel novero dei sottoprodotti si porrebbe dunque in evidente contrasto con quanto stabilito dall’art. 184, che li qualifica espressamente come rifiuti. In ogni caso, tale collocazione imporrebbe comunque il rispetto di una serie di condizioni. La categoria dei «sottoprodotti», come è noto, non era originariamente contemplata dalla disciplina di settore, lo è ora nell’art. 184-bis, T.U.A., introdotto dal d.lgs. n. 205 del 2010 ed è definita dall’articolo 183, lettera qq) del medesimo d.lgs., il quale si riferisce a «qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2». L’articolo 184-bis, stabilisce che è sottoprodotto e non rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi tutte le seguenti condizioni: (i) la sostanza o l’oggetto devono trarre origine da un processo di produzione, di cui costituiscono parte integrante, e il cui scopo primario non è la loro produzione; (ii) deve essere certo che la sostanza o l’oggetto saranno utilizzati, nel corso dello stesso e/o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; (iii) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; (iv) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
RIFIUTI – Sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o esclusione della natura di rifiuto – Onere della prova a carico di colui che ne invoca l’applicazione – Fattispecie – Art. 256, c.1, lett.a), d.lgs. n. 152/2006.
L’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o che escludono la natura di rifiuto ricade su colui che ne invoca l’applicazione. Varie le declinazioni giurisprudenziali in questo senso, ad esempio per: attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152; deposito temporaneo di rifiuti; terre e rocce da scavo; interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali; qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali; deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee, o di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali. Nel caso di specie, il ricorrente si è sottratto a questo onere non avendo mai dato prova che i rifiuti abbandonati in maniera indiscriminata soddisfacessero tutte e congiuntamente le condizioni previste dall’art. 184-bis, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006.
RIFIUTI – Deposito temporaneo dei rifiuti – Presupposti.
Osta alla qualifica di deposito temporaneo dei rifiuti la circostanza che: a) i rifiuti non siano raggruppati per categorie omogenee (art. 185-bis, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 152 dell 2006); b) il raggruppamento non sia finalizzato al trasporto dei rifiuti in un impianto di recupero e smaltimento.
231 – Nomina del difensore dell’ente da parte del rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto – Assoluto divieto di rappresentanza – Causa di condizione di incompatibilità – Effetti della mancanza di legittimazione del difensore – Artt. 5, 9, 10, 25 undecies, c.2, lett. b), n. 1, 39 d.lgs. n. 231/2001.
Il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001. Nel caso in esame, la procura speciale rilasciata al legale era invalida e non consentiva l’esercizio del diritto di opporsi al decreto penale. La mancanza di legittimazione del difensore comportava l’inammissibilità dell’opposizione e la conseguente irrevocabilità del decreto penale cui non poteva far seguito l’instaurazione del giudizio immediato.
(riforma in parte sentenza del 03/03/2023 del TRIBUNALE di RIMINI), Pres. RAMACCI, Est. ACETO, Ric. Halili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
omissis
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
H. A. nato a ALBANIA( ALBANIA) il –/–/—-;
ERI EDIL HALILI ASQERI SAS
avverso la sentenza del 03/03/2023 del TRIBUNALE di RIMINI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ALDO ACETO;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale LUIGI ORSI, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente alla società e la declaratoria di inammissibilità del ricorso dell’imputato.
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
1. Il sig. H. A. e la società «Eri Edil Halili Asqeri S.a.s.» ricorrono per l’annullamento della sentenza del 3 marzo 2023 del Tribunale di Rimini che ha dichiarato il primo penalmente responsabile del reato di cui agli artt. 81, secondo comma, cod. pen., 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, per aver realizzato una stradina di cantiere utilizzando materiali da demolizione, scarti vegetali, scarti di carta e cartone, la seconda responsabile dell’illecito amministrativo dipendente da reato di cui agli artt. 5, 9, 10, 25 undecies, comma 2, lett. b), n. 1, d.lgs. n. 231 del 2001.
2. H. A. articola cinque motivi.
2.1. Con il primo deduce la mancanza di motivazione, in ordine alla qualificazione dei materiali utilizzati per la realizzazione della stradina come rifiuti piuttosto che come sottoprodotti, e la contraddittorietà della motivazione stessa che, travisando per omissione le prove assunte, ha escluso la possibilità di qualificare l’ammasso come deposito temporaneo sul rilievo che i rifiuti non fossero prodotti in loco.
2.2. Con il secondo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto fondata l’ipotesi accusatoria (realizzazione della stradina utilizzando rifiuti) ritenendo implausibile la tesi difensiva di un ammasso di rifiuti finalizzati al suddetto uso costruttivo.
2.3. Con il terzo motivo deduce la manifesta illogicità della motivazione avendo il Tribunale ritenuto fondata l’ipotesi accusatoria facendo riferimento ad un arresto giurisprudenziale inconferente perché relativo a fattispecie di reato (art. 256, comma 2, d.igs. n. 152 del 2006) del tutto diversa da quella per la quale si procede.
2.4. Con il quarto motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, piuttosto che dell’art. 256, comma 2, stesso decreto.
2.5. Con il quinto motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 81, secondo comma, cod. pen. trattandosi di un’unica violazione della norma incriminatrice.
3. Anche la società articola cinque motivi.
3.1. Con il primo deduce l’inosservanza dell’art. 39, d.lgs. n. 231 del 2001, in relazione alla mancanza dell’atto di costituzione dell’ente con conseguente inammissibilità della relativa opposizione al decreto penale di condanna e della successiva attività difensiva svolta per l’ente medesimo nel giudizio di merito.
3.2. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza dell’art. 591, comma 4, in relazione all’art. 461, commi 1 e 4, cod. proc. pen., in relazione alla mancata declaratoria di inammissibilità dell’opposizione al decreto penale di condanna dell’ente per carenza di legittimazione attiva in capo all’opponente.
3.3. Con il terzo motivo deduce la nullità della sentenza perché pronunciata a seguito di processo celebrato in violazione del contraddittorio essendo la società assistita da difensore privo di potere di rappresentanza in quanto nominato dallo stesso imputato.
3.4. Con il quarto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine sia all’interesse perseguito o al vantaggio conseguito dall’ente a seguito della condotta ascritta al suo legale rappresentante, sia al profilo della colpa organizzativa dell’ente stesso.
3.5. Con il quinto motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine alla commisurazione della sanzione amministrativa in misura considerevolmente superiore al minimo edittale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. E’ fondato il ricorso della società; lo è parzialmente quello di H. A..
2. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che:
2.1. all’interno di un cantiere attivo vi era un mezzo di trasporto e, tutto intorno, rifiuti misti “da demolizioni e costruzione con carta, cartone e terre da scavo e rocce da scavo” che, a detta del testimone, M.llo CC Forestale, Teodoro Michele Iacovone, non erano giustificati dai lavori del cantiere stesso (peraltro l’area, avrebbe precisato il testimone, sarebbe stata adibita a cantiere “e poi a costruire”);
2.2. si trattava, secondo una stima prudenziale, di circa cento metri cubi di rifiuti non pericolosi abbandonati;
2.3. l’imputato, qualificatosi quale legale rappresentante della «Eri Edil Halili Asqeri S.a.s.», aveva riferito, in sede di esame, che aveva costruito quattro villette nel terreno confinante e che i rifiuti consistevano in materiale di costruzione prodotto in loco che non era stato suddiviso ma buttato a fianco per formare una strada onde rendere il nuovo cantiere accessibile ai mezzi;
2.4. secondo il Tribunale i rifiuti non provenivano dal cantiere limitrofo né erano destinati alla realizzazione della strada, tenuto conto della loro notevole quantità e del fatto che si trattava di rifiuti miscelati e non adeguatamente separati;
2.5. in ogni caso, l’imputato non era autorizzato alla dedotta attività di recupero (R13);
2.6. di qui la condanna dell’imputato, persona fisica, e della società, rispettivamente, alla pena e alle sanzioni sopra indicate.
3. Il ricorso di H. A..
3.1. La deduzione difensiva, oggetto del primo motivo, secondo la quale si trattava di deposito temporaneo di sottoprodotti provenienti dal vicino cantiere è manifestamente infondata.
3.2. Va innanzitutto ribadito il principio costantemente affermato dalla Corte di cassazione secondo il quale l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceità dell’utilizzo del rifiuto o che escludono la natura di rifiuto ricade su colui che ne invoca l’applicazione. Varie ne sono state le declinazioni in tema, per esempio, di attività di raggruppamento ed incenerimento di residui vegetali previste dall’art. 182, comma sesto bis, primo e secondo periodo, d. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (Sez. 3, n. 5504 del 12/01/2016, Lazzarini, Rv. 265839), di deposito temporaneo di rifiuti (Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, Favazzo, Rv. 264121), di terre e rocce da scavo (Sez. 3, n. 16078 del 10/03/2015, Fortunato, Rv. 263336), di interramento in sito della posidonia e delle meduse spiaggiate presenti sulla battigia per via di mareggiate o di altre cause naturali (Sez. 3, n. 3943 del 17/12/2014, Aloisio, Rv. 262159), di qualificazione come sottoprodotto di sostanze e materiali (Sez. 3, n. 3202 del 02/10/2014, Giaccari, Rv. 262129; Sez. 3, n. 41836 del 30/09/2008, Castellano, Rv. 241504), di deroga al regime autorizzatorio ordinario per gli impianti di smaltimento e di recupero, prevista dall’art. 258 comma 15 del D.Lgs. 152 del 2006 relativamente agli impianti mobili che eseguono la sola riduzione volumetrica e la separazione delle frazioni estranee (Sez. 3, n. 6107 del 17/01/2014, Minghini, Rv. 258860), di riutilizzo di materiali provenienti da demolizioni stradali i’,Sez. 3, n. 35138 del 18/06/2009, Bastone, Rv. 244784).
3.3. Nel caso di specie, il ricorrente si è sottratto a questo onere non avendo mai dato prova che i rifiuti abbandonati in maniera indiscriminata soddisfacessero tutte e congiuntamente le condizioni previste dall’art. 184-bis, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006.
3.4. Peraltro, l’attività di demolizione di un edificio non può essere definita un “processo di produzione” ai sensi dell’art. 184-bis, comma primo, lett. a) del D.Lgs. 152 del 2006, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti e non come sottoprodotti (Sez. 3, n. 33028 del 01/07/2015, Giulivi, Rv. 264203 – 01; Sez. 3, n. 2867 del 21/10/2022, dep. 2023, Francioli, non mass.; Sez. 3, n. 38435 del 14/09/2021, Annunziata, non mass.; Sez. 3, n. 25316 del 12/02/2019, Gennai, non mass.; Sez. 3, n. 18842 del 24/01/2019, Canditfrucht s.p.a, non mass.; Sez. 3, n. 8848 del 18/01/2018, Bandini, non mass.).
3.5. E’ stato al riguardo precisato che l’art. 184, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006 definisce come rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando, attualmente (poiché, in precedenza, il riferimento riguardava l’ormai abrogato art. 186), quanto disposto dall’articolo 184-bis in materia di sottoprodotti. Il richiamo all’art. 184-bis, in questo caso, è esclusivamente riferito ai materiali provenienti dalle sole attività di scavo, come emerge dal tenore letterale della disposizione e dal richiamo, prima della modifica ad opera del d.lgs. n. 205 del 2010, all’art. 186, che riguardava le terre e rocce da scavo.
La collocazione dei materiali derivanti da attività di demolizione nel novero dei sottoprodotti si porrebbe dunque in evidente contrasto con quanto stabilito dall’art. 184, che li qualifica espressamente come rifiuti. In ogni caso, tale collocazione imporrebbe comunque il rispetto di una serie di condizioni. La categoria dei «sottoprodotti», come è noto, non era originariamente contemplata dalla disciplina di settore, lo è ora nell’art. 184-bis, cit., introdotto dal d.lgs. n. 205 del 2010 ed è definita dall’articolo 183, lettera qq) del medesimo d.lgs., il quale si riferisce a «qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2». L’articolo 184-bis, stabilisce che è sottoprodotto e non rifiuto ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi tutte le seguenti condizioni: (i) la sostanza o l’oggetto devono trarre origine da un processo di produzione, di cui costituiscono parte integrante, e il cui scopo primario non è la loro produzione; (ii) deve essere certo che la sostanza o l’oggetto saranno utilizzati, nel corso dello stesso e/o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; (iii) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; (iv) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
3.6. Nel caso di specie, considerata la natura dei materiali, appare evidente che difetterebbe, in ogni caso, la prima delle condizioni richieste, quella concernente l’origine del sottoprodotto, non potendosi ritenere che i materiali utilizzati provengano da un «processo di produzione» tale non essendo, come detto, la demolizione di un edificio. Il testo letterale dell’art. 184, comma 1, lett. a), lascia chiaramente intendere che il sottoprodotto deve «trarre origine», quindi provenire direttamente, da un «processo di produzione», dunque da un’attività chiaramente finalizzata alla realizzazione di un qualcosa ottenuto attraverso la lavorazione o la trasformazione di altri materiali (sebbene una simile descrizione non possa ritenersi esaustiva, in considerazione delle molteplici possibilità offerte dalla tecnologia), tanto è vero che si è da più parti escluso, in dottrina, che il riferimento alla derivazione del sottoprodotto dall’attività produttiva comprenda le attività di consumo ed in alcuni casi, sebbene con riferimento alla disciplina previgente, si è giunti ad analoghe conclusioni per le attività di servizio, opinione però non condivisa da questa Corte (Sez. 3, n. 41839 del 30/9/2008, Righi, Rv. 241423). Dunque, la demolizione di un edificio, che può avvenire per motivi diversi, non è finalizzata alla produzione di alcunché, bensì all’eliminazione dell’edificio medesimo, né può assumere rilevanza, come già ritenuto da questa Corte, il fatto che la demolizione sia finalizzata alla realizzazione di un nuovo edificio, che non può essere considerato il prodotto finale della demolizione, in quanto tale attività non costituisce il prodromo di una costruzione, che può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni (Sez. 3, n. 42:342 del 9/7/2013 RG. in proc. Massucco, Rv. 258329. V. anche Sez. 3, n. 3202 del 2/10/2014 (dep. 2015), Giaccari, Rv. 262128; Sez. 3, n. 17823 del 17/1/2012, Celano, Rv. 252617, ove si è esclusa la riconducibilità dei residui da demolizione alla categoria dei sottoprodotti, seppure senza prendere direttamente in considerazione la qualificazione dell’attività di demolizione come «processo produttivo»).
3.7. Osta, inoltre, alla qualifica di deposito temporaneo dei rifiuti la circostanza che: a) i rifiuti non fossero raggruppati per categorie omogenee (art. 185-bis, comma 2, lett. c, d.lgs. n. 152 dell 2006); b) il raggruppamento non fosse finalizzato al trasporto dei rifiuti in un impianto di recupero e smaltimento.
3.8. Alla luce delle considerazioni che precedono appare irrilevante stabilire quale fosse il luogo di produzione dei rifiuti così come è irrilevante la effettiva contraddittorietà logica della motivazione della sentenza impugnata (dedotta con il secondo motivo) che da un lato ha escluso che i rifiuti fossero destinati alla realizzazione di una stradina di cantiere, dall’altro ha ritenuto la fondatezza dell’ipotesi accusatoria che la realizzazione di tale strada invece postula. E’ lo stesso imputato a sostenere che i rifiuti fossero destinati alla realizzazione di tale stradina e di certo l’abbandono indiscriminato di tali rifiuti costituisce una forma di smaltimento.
3.9. E’ altresì irrilevante l’errore che si afferma compiuto dal Giudice nel citare giurisprudenza non conferente al caso di specie, trattandosi di errore di diritto che non si traduce nel malgoverno della fattispecie penale sostanziale e che è emendabile in sede di legittimità.
3.10. Inammissibile e francamente contraddittorio, oltretutto privo di concreto interesse, è il quarto motivo che invoca la applicazione del primo comma dell’art. 256, d.lgs. n. 152 del 2006, effettivamente contestato dalla rubrica.
3.11. E’ fondato l’ultimo motivo.
3.12. Effettivamente il Giudice non dà conto delle ragioni per le quali ha ritenuto dimostrata la pluralità di reati postulata dalla rubrica. Il Tribunale si è limitato ad applicare l’aumento della pena base a titolo di continuazione senza
ulteriori specificazioni.
3.13. Anche a voler ritenere che la tale conclusione si basi su considerazioni di ordine logico e che il fatto, così come descritto, non potesse che essere frutto di più depositi, ciò nondimeno si deve ricordare che il reato ci cui all’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, ha natura eventualmente abituale (Sez. 3, n. 33420 del 16/04/2021, Bogi, Rv. 282235 – 01; Sez. 3, n. 48318 del 11/10/2016, Halllovic, Rv. 268566 – 01; Sez. 3, n. 13456 del 30/11/2006, dep. 2007, Gritti, Rv. 236326 – 01).
3.14. Sicché quando, come nel caso di specie, il giudice ritenga che il reato sia stato consumato mediante più condotte poste in essere in tempi diversi, non si applica la continuazione, restando il fatto unico.
3.15. Ne consegue che la porzione di pena applicata a titolo di continuazione deve essere eliminata con conseguente rideterminazione della pena nella misura di tremila euro di ammenda. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio nei confronti di Halili A. limitatamente alla pena che la Corte ridetermina in euro tremila di ammenda; il ricorso deve essere rigettato nel resto.
4. Il ricorso della società «Eri Edil Halili Asqeri S.a.s.».
4.1. Sono fondati ed assorbenti i primi due motivi.
4.2. E’ un dato di fatto che, a seguito di decreto penale di condanna, la società ricorrente ha presentato opposizione per mezzo dell’Avv. Giovanni Collura il quale era stato nominato difensore e procuratore dall’imputato nella sua qualità di legale rappresentante. L’Avv. Collura ha rappresentato e difeso la società per tutto il corso del successivo processo.
4.3. Orbene, il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa dii tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. n. 2:31 del 2001 (Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, Gabrielloni, Rv. 264310 – 01; Sez. 3, n. 35387 del 13/05/2022, Capano, Rv. 283551 – 01; Sez. 2, n. 51654 del 13/10/2017, Siclari, Rv. 271360 – 01; Sez. 6, n. 29930 del 31/05/2011, Ingross.. Levante Spa, Rv. 250432 – 01).
4.4. La procura speciale rilasciata all’Avv. Collura era dunque invalida e non consentiva l’esercizio del diritto di opporsi al decreto penale. La mancanza di legittimazione del difensore ha comportato la inammissibilità dell’opposizione e la conseguente irrevocabilità del decreto penale cui non poteva far seguito l’instaurazione del giudizio immediato.
4.5. La società ricorrente è titolare, al riguardo, di un concreto interesse poiché era stata condannata, con il decreto penale, al pagamento di una sanzione amministrativa pari a 50 quote, laddove 120 sono le quote oggetto di condanna inflitta con la sentenza impugnata.
4.6. Ne consegue che, previa dichiarazione di esecutività del decreto penale n. 410/2021 del 4 maggio 2021 del GIP del Tribunale di Rimini emesso nei confronti della società, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di H. A. limitatamente alla pena che ridetermina in euro tremila di ammenda; rigetta nel resto il ricorso di H. A..
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti della società «Eri Edil Halili Asqeri S.a.s.».
Dichiara la esecutività del decreto penale n. 410/2021 emesso il 21/4/2021 dal GIP del Tribunale di Rimini nei confronti della predetta società.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024.