La produzione dell’acciaio è in crisi in tutto il mondo e qualcuno coglie la palla a volo per schiacciare. I più informati non sono per niente sbalorditi dell’annuncio della società che paventa la chiusura dello stabilimento di Taranto dopo gli arresti di ieri. L’Ilva in una nota ha spiegato che il sequestro della produzione disposto dalla magistratura “comporterà in modo immediato e ineluttabile l’impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento pugliese”.
I Sindacati tutti (chi più, chi meno) che, sino ad oggi hanno contribuito alla distruzione del lavoro in Italia fanno le barricate. In una nota congiunta Fim, Fiom, Uilm nazionali hanno denunciato la gravità del momento ed hanno chiesto un incontro con il governo. La richiesta è stata accolta da Palazzo Chigi che ha convocato per giovedì prossimo alle 15 le parti sociali e le istituzioni locali. Esiste la reale possibilità che perdano il posto di lavoro oltre 7000 mila persone considerando anche l’indotto. Adesso, in considerazione dell’emergenza (creata da chi?) ci si aspetta l’intervento della politica con una valanga di finanziamenti pubblici, senza alcuna garanzia, e poi magari chiudere tra qualche anno per la crisi del mercato. La totale assenza di una politica industriale, ambientale e del lavoro inizia a presentare i conti.