DALL’ORDINE PUBBLICO ALLA SALUBRITÀ AMBIENTALE: L’EVOLUZIONE STORICA DEL BENE SALUTE NELLA COSTITUZIONE ITALIANA.
Giuseppina Ferrara
SOMMARIO: 1. Il bene salute nella Costituzione. – 1.1. Nei principi fondamentali. – 2. L’articolo 32 della Costituzione. – 2.1. Da norma programmatica. – 2.2. A norma di immediata percettività. – 3. Quale tutela per l’articolo 32 della Costituzione. – 4. La distopica pretesa del suo bilanciamento.
1. Il bene salute nella Costituzione
Il bene salute nella Costituzione Italiana ha subìto una evoluzione inevitabile nel corso dell’esperienza repubblicana. Si è passati dalla fase pioneristica che ha visto la salute come mera questione di ordine pubblico, alla fase intermedia nella quale la salute venne qualificata come tipico diritto sociale, per poi giungere, oggigiorno, alla individuazione della stessa come vero e proprio diritto soggettivo.1
In un primo momento, dunque, il bene salute venne inserito nella categoria generale dei c.d. diritti sociali, ragion per cui la dottrina per lungo tempo contrastò l’inserimento del diritto alla salute nella categoria dei diritti fondamentali dell’uomo, ponendosi con reticenza ad affiancandolo al diritto di proprietà ed al diritto della libertà. 2
Oggigiorno, al contrario, è ormai acclarato anche in dottrina che il principio su cui si basano i diritti sociali (e dunque anche il diritto alla salute) è il principio di uguaglianza. Principio non (più) ritenuto in contrasto con l’originario opposto principio di libertà.
Ne è la logica conseguenza il ritenere che la ratio di qualsiasi diritto fondamentale sia rinvenibile esclusivamente nella funzione sociale dello stesso e quindi in una dimensione in cui il suddetto diritto fondamentale venga retto dal rapporto fra eguaglianza e libertà (e non esclusivamente dalla presenza dell’uno o dell’altro).
Quindi, essendo fra i diritti sociali il diritto alla salute, qualificato fondamentale dall’Assemblea Costituente, si colloca a pieno titolo in posizione paritaria rispetto ai “classici” diritti di libertà. In questo quadro, sembra cogliere nel segno chi osserva3 che non può esservi reale antinomia fra i classici diritti di libertà della persona e i diritti sociali, in quanto (alla luce proprio del combinato disposto di cui agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione Italiana) l’atteggiamento dello Stato nei confronti dell’uomo, non può essere caratterizzato da un’indifferenza di tipo garantistico ma al contrario dev’essere un atteggiamento orientato e finalizzato a correggere ed a riequilibrare le distorsioni e le diseguaglianze dei punti di partenza, attraverso interventi e politiche perequative a forte contenuto sociale.4
Facciamo nostro il pensiero per cui “nei moderni e più evoluti ordinamenti costituzionali, i diritti sociali colorano e sostanziano gli stessi diritti di libertà”5 (anche detti “diritti formali” o “libertà a contenuto negativo”). L’Assemblea Costituente, a seguito di un acceso dibattito, giunse ad affermare una tutela forte della salute, quale diritto della persona alla base dell’esplicitazione di ogni attività umana nella sfera morale, intellettuale ed economica. Tale scelta è rinvenibile nel fatto che la salute è il solo bene giuridico, fra i vari beni giuridici della Costituzione, ad essere stato definito “fondamentale” nel testo stesso della Carta. In più, la qualifica di diritto fondamentale, richiama le caratteristiche dell’inalienabilità, intrasmissibilità, irrinunciabilità ed indisponibilità.6 In aggiunta, la tutela della salute non è intesa solamente come bene personale ma anche come bene dell’intera collettività che necessita della salute di tutti i suoi componenti per meglio crescere ed affermare i propri valori. 7 Quando si tratta di salute, emergono necessariamente molteplici definizioni di riferimento: la sua nozione richiama svariati aggettivi. Discernendo di salute, si può far riferimento alla salute fisica o psichica, individuale o collettiva; quale diritto fondamentale dell’individuo o quale interesse della collettività. Si è giunti, per tanto, ad un concetto “relativo” di salute. Infatti, una definizione del concetto di salute cui fa riferimento la nostra Carta Costituzionale è quella che lo considera come una “formula sintetica con la quale si esprime la garanzia di una pluralità di situazioni soggettive assai differenziate fra loro e talvolta da un nesso tutt’altro che diretto” 8. Il diritto alla salute comprende in sé non solo funzioni biologiche in senso stretto ma anche capacità logiche ed affettive: ecco perché all’interno del generico diritto alla salute siano stati inclusi9 anche il diritto all’assistenza sanitaria, il diritto alla salubrità dell’ambiente ed il diritto alla sicurezza e alla salubrità dell’ambiente lavorativo. Le posizioni soggettive 10 rinvenibili all’interno della generica espressione “diritto alla salute” nella cornice della Carta Costituzionale Italiana sono, dunque, svariate; tant’è che ci si può riferire, con una sola espressione: al diritto alla protezione della salute, al diritto al recupero della salute, al diritto degli indigenti a ricevere cure gratuite, al diritto di dover essere curato, al diritto di non dover essere curato, al diritto ad un ambiente salubre. La salute appare, in questi termini, un valore non solo da garantire e conservare ma soprattutto da promuovere ed accrescere per la realizzazione del pieno sviluppo della personalità umana.11 In questo senso è rilevantissimo notare che vi sono una serie di fattori sociali che modellano e definiscono la condizione dell’uomo e dunque il suo stato di salute. Nella Carta Costituzionale Italiana, il bene salute trova il suo riconoscimento all’articolo 32 ma non è il solo articolo ad occuparsi della salute come bene giuridico, tant’è che la pretesa che l’articolo 32 crea in capo all’individuo viene ad aggiungersi a quelle garantite da altre norme costituzionali come gli articoli 35, 36, 37, 41 e 117 al 3°comma della Costituzione Italiana. Norme volte ad assicurare sia che l’attività lavorativa si svolga in condizioni tali da garantire la salute e la dignità del lavoratore da danni provenienti dall’ambiente lavorativo ovvero dalla insufficienza del salario a procurare i mezzi di sussistenza. Ancora, al 2° comma dell’articolo 41 si pone come limite all’attività economica la dignità della persona. In questa accezione, dunque, il richiamo alla tutela della salute, intesa nella sua declinazione concettuale di dignità. Infatti, il paradigma costituzionale rinvenibile all’articolo 41 concatena sicurezza, dignità e libertà della persona. Così ragionando prese corpo la tutela specifica del diritto alla salute del consumatore dalla messa in circolo di prodotti malsani. Infine, al 3° comma dell’articolo 117 è sancito che la tutela della salute rientri fra le materie affidate alla competenza concorrente fra Stato e Regioni. In dottrina, infatti, è pressoché concorde l’interpretazione per cui ogniqualvolta, nella disciplina dei diritti costituzionali, la Carta Costituzionale imputa la titolarità della relativa tutela alla “Repubblica”, essa ritiene che ad apprestare la relativa tutela non sia solo lo Stato ma anche le autonomie regionali e locali12. O meglio, “la totalità dell’assetto costituzionale”, come insegna Mortati. In più, non si può non ricordare che il bene salute ha una rilevanza costituzionale in virtù (anche) del principio generale di tutela dei diritti inviolabili dell’uomo e, dunque, trova la sua fonte legittimante anche all’art. 2 della Costituzione Italiana. A questo è dedicato il paragrafo che segue.1
1.1. Nei principi fondamentali
Al Diritto alla Salute, come diritto fondamentale, appresta fondamento e tutela anche l’articolo 2 della Costituzione Italiana: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. Essendo inoltre intimamente connesso al valore della dignità umana rientra nella previsione dell’art. 3 della Costituzione Italiana secondo cui “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
Attraverso l’art. 2, la nostra Costituzione ha quindi accolto questa tesi, ovverosia ha riconosciuto la superiorità dei cd. diritti dell’uomo rispetto a ogni potere pubblico e li ha posti alla base dell’ordinamento giuridico italiano. Questo articolo è stato il frutto di un compromesso tra le posizioni ideologiche delle tre forze politiche che nel 1947 componevano l’Assemblea Costituente, ovvero i cattolici, i socialisti-comunisti e i laici-liberali.13
L’importanza della disposizione contenuta nell’art. 2 della Costituzione Italiana è dimostrabile dal fatto che in essa trovano sintesi ben tre principi fondanti e caratterizzanti la forma di Stato, quali: il principio personalista, quello del pluralismo sociale e quello di solidarietà.14
Ciò che rileva, ai fini della nostra trattazione, è porre l’attenzione alla prima parte della disposizione costituzionale.
Alla luce di ciò, il diritto alla salute si configura, quindi, quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi nell’articolo 2 della Costituzione con rilevanti conseguenze anche sul piano del riparto delle competenze fra Stato e Regioni. Ciò perché esso deve essere considerato come un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale.15
Il diritto alla salute letto alla luce dell’articolo 2 della Costituzione mostra un proprio “nocciolo duro” per cui esso, di fatto, oltre ad assumere la qualifica di diritto soggettivo, di diritto fondamentale e di diritto assoluto, assume anche i caratteri dell’intangibilità. Il suddetto “nocciolo duro” è imposto dal principio di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Carta Costituzionale che non può in alcun modo essere soppresso, qualsiasi siano le esigenze della società nella quale il Diritto alla Salute viene ad applicarsi.
La connessione dell’articolo 32 con l’articolo 2 della Costituzione Italiana attribuisce al diritto alla salute un contenuto di socialità, sicurezza e reciproco condizionamento. Ed ancora, il pieno sviluppo della persona sancito dall’articolo 3 della Costituzione è una vera e propria modalità concreta di attuazione di questi valori. 16
La generalità dei principi rinvenibili all’articolo 2 ed all’articolo 3 della Costituzione è tale per cui nessuna branca giuridica può dirsi scevra dalla loro applicazione. Lo studio dei diritti fondamentali della persona costituisce la basa di partenza di qualsiasi ambito di studio giuridico.
Il significato giuridico che questa norma assume è sicuramente di clausola generale di tutela della persona umana. È merito della sua portata se l’interpretazione giurisprudenziale ha potuto evolversi, muovendo da detta clausola e riconoscendo “nuovi”17 diritti della persona. Dunque, la tutela della persona e quindi i suoi diritti fondamentali sono oggetto di trattazione in termini giustamente assolutistici all’interno del nostro ordinamento giuridico. I diritti della personalità, nella classificazione tradizionale, sono “diritti assoluti” così come i diritti reali: essi valgono erga omnes.
Si occupano di aspetti fondamentali della personalità dell’uomo, rispondono ad interessi di natura non patrimoniale del loro titolare.
Ancora, si tratta di diritti personalissimi poiché i loro effetti sono collegati in modo inscindibile con la persona e sono inalienabili; infatti, non è possibile una cessione, un trasferimento, una rinunzia o una transazione su detti diritti.
Si acquisiscono alla nascita per il solo fatto che la persona viene ad esistere, per questa ragione vengono definiti diritti originari. L’articolo 2 della Costituzione Italiana è dunque quella clausola generale da cui partire per costruire il riconoscimento di diritti sempre nuovi, rispetto a quelli tradizionalmente espressi a chiari lettere nel testo costituzionale; detta qualità di fonte come fondamento giuridico dell’articolo 2 della Costituzione è data dal fatto che esso si occupa del primo diritto, propedeutico logicamente a tutti: il diritto alla vita. Esso è così radicato nel nostro testo costituzionale che non è stato sancito espressamente18. Rappresenta lo spirito della Costituzione Italiana.
2. L’articolo 32 della Costituzione
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Ciò che rileva ai fini della nostra trattazione è il primo comma del suddetto articolo.
Da una prima lettura dell’articolo 32 della Costituzione Italiana emerge chiaramente che la tutela del bene “salute”, inteso quale complessiva situazione di benessere psico-fisico, è innanzitutto un diritto fondamentale dell’individuo.
Detto principio costituzionale ha attivato nell’ordinamento giuridico una numerosa serie di pretese giuridiche a determinati comportamenti pubblici. Vi sono infatti due livelli fondamentali di garanzia, un primo di “garanzia negativa o passiva”, che si risolve nella pretesa a che terzi si astengano da qualsiasi comportamento pregiudizievole, predisponendo mezzi inibitori, ripristinatori e risarcitori nel caso di lesione; un secondo livello di c.d. “garanzia attiva”, a cui si collega la pretesa positiva dell’individuo alla esistenza ed utilizzabilità dei mezzi necessari per la tutela della salute.
Nel primo rientrano sicuramente la tutela della salute sottospecie della tutela dell’’integrità psico-fisica e della salubrità dell’ambiente; nel secondo invece gli aspetti relativi alle scelte terapeutiche riassumibili nel concetto di cure.19
Ai fini della nostra ricerca è dunque ampiamente soddisfacente fermarsi all’analisi del primo livello fondamentale di garanzia che mira, in sintesi, a tutelare la salubrità dell’ambiente e (consequenzialmente?) l’integrità psico-fisica. La Costituzione ha sancito che la salute è un bene della persona, oggetto tanto di un diritto fondamentale che di interesse pubblico.
Per tanto, questa disposizione è oggetto di un insieme “multi-dimensionale” di diritti ed interessi che sono da attribuire alla persona umana considerata nel suo complesso (sfera psichica, fisica ma anche sociale). Quindi è lecito ritenere che salute ed integrità siano in un rapporto di genus e species; in cui la priorità del bene salute sta ad indicare che qualsiasi aspetto della seconda gode delle caratteristiche proprie della prima.20
Ne è conseguenza logica che se la salute rappresenta un valore dinamico e dunque anche l’integrità dovrà essere riconosciuta in questi termini. Quindi, se la salute si riferisce non solo all’aspetto fisico ma anche all’aspetto psichico, anche per l’integrità sarà così. È sulla scorta di quanto detto finora che si è sviluppata una linea evolutiva di straordinario rilievo che, prendendo le mosse dalla radice costituzionale del diritto alla salute, ha presentato lo stretto legame che intercorre fra la tutela costituzionale dell’ambiente e quella della salute.21
Sia in dottrina che in giurisprudenza è pacifico che dal diritto alla salute si ricavi22 sia il diritto soggettivo della persona che l’interesse della collettività ad un ambiente salubre.23
Facciamo nostra la visione di quella parte della dottrina che ritiene che la c.d. equazione salute-integrità fisica24 sia da superare mediante una interpretazione evolutiva della Costituzione del 1947. È infatti superata, nella realtà fattuale, l’idea che la salute sia legata esclusivamente all’integrità fisica. Facendo, al contrario, parte della consapevolezza comune che la salute di un organismo sia indissolubilmente legato al contesto in cui esso viva.25
La degradazione dell’ambiente incide notevolmente sulla salute, provocandone danni irreversibili; di convesso è evidente che la conservazione dell’ambiente contribuisce alla promozione della salute umana.26
La reciproca interazione fra questi due beni è molto forte; salute ed ambiente sono indissolubilmente legati.
Infatti, il diritto all’ambiente, sotto la specie della tutela della salute, assume le vesti di diritto soggettivo, ciò comporta che non può essere compromesso da alcun rapporto giuridico pubblico o privato.
È evidente, al contempo, che l’oggetto di una tutela costituzionale così ampia in termini di diritti assoluti, pone dei problemi di relazione con altri diritti e libertà costituzionalmente garantiti. La contemporanea affermazione al 1° comma dell’articolo 32 della Costituzione di un diritto dell’individuo e di un interesse della collettività esprime efficacemente la multi-direzionalità delle forme di tutela giuridica del bene “salute”. Quando viene in rilievo l’articolo 32 come “diritto dell’individuo”, esso funge da “contro-limite” rispetto ad altri che potrebbero coinvolgere la persona; ovvero, quando l’articolo 32 sia considerato nel suo versante di “interesse collettivo”, esso fungerà da limite o da “restrittore” rispetto ad altre libertà o diritti costituzionalmente garantiti.27
Il raccordo fra il bene “salute” e la promozione della persona a tutto tondo attuata dall’articolo 2 della Costituzione, ha reso possibile far emergere una vera e propria posizione soggettiva (privata), provvista di immediata operatività giuridica. Questa previsione è stata affiancata, nella stessa disposizione testuale, al riconoscimento di un interesse (pubblico) della collettività.28
In questo modo, “si insiste sulla duplice valenza, programmatica e precettiva, dell’articolo 32 della Costituzione e sulla complessità della figura giuridica delineata sul piano individuale, che attribuisce al soggetto sia una pretesa positiva (la titolarità del diritto sociale) alle prestazioni in materia sanitaria, sia una pretesa all’astensione (sub specie di diritto di libertà) da ogni legittima interferenza nella propria sfera di autodeterminazione”.29
2.1. Da norma programmatica
Come disse Calamandrei30, “i giuristi vengono, buoni ultimi, a mettere i loro cartellini, le loro definizioni su una realtà sociale che vive già per suo conto”. Detta affermazione ci appare molto consona per esser posta all’inizio di questo nuovo paragrafo, che si occupa della “programmaticità” dell’articolo 32 della Costituzione del 1947.
C’è da dire, fin da subito, che durante i lavori dell’Assemblea Costituente, il nostro articolo 32 venne pensato e ragionato come una norma “dal carattere non attuale ma preparatore del futuro”31 in ragione del fatto che non si voleva formalmente proclamare un diritto per poi essere, come Repubblica, incapace di dare efficace seguito sostanziale a quanto sancito.
La volontà dei Costituenti era quella di evitare che “nel leggere questa nostra Costituzione gli italiani dicano: <<non è vero nulla!>>”32.
Questo perché lo scenario socio-economico del tempo in cui si riunì ed operò l’Assemblea Costituzionale era quello dell’Italia all’indomani delle due grandi guerre, dove forti erano i segni negativi del loro effetto distruttivo .
Per questa ragione si volle ritenere la nostra Carta Costituzionale “presbite”33, in grado, cioè, di veder bene da lontano, nel futuro, scontato anche non fosse riuscita (rectius non avesse potuto) veder bene nel presente, da vicino.
Dal punto di vista strettamente grammaticale, infatti, gran parte dei Costituenti riteneva che non si dovessero spendere verbi al tempo presente che presentassero come soggetto “La Repubblica” (come ad esempio, i verbi “assicura” ed ancora “promuove”)34, proprio al fine di evitare falsi proclami perché non in grado di essere attuati concretamente, sempre nel segno della mancata disponibilità di strumenti congrui alla loro esecuzione.
Per questa ragione, dal punto di vista strettamente di architettura giuridica del testo costituzionale, alcuni Costituenti proposero di stilare un preambolo preliminare nel quale riassumere in forma di propositi programmatici le direttive sociali e politiche alle quali avrebbe dovuto nel futuro ispirarsi la legislazione italiana.
Da come possiamo vedere leggendo il testo che venne licenziato nel 1947, questa strada non venne percorsa, tant’è che non venne predisposto alcun preambolo e tutti i 139 articoli vennero stilati coniugando i verbi al tempo indicativo. Ed addirittura, quel testo presbite, prevedeva Enti Locali ed Istituzioni di cui nulla si sapeva al tempo.35
Così facendo, si ritenne, per diversi anni a seguire, che alcune norme fossero etichettate come “programmatiche” ed altre come “ad immediata percettività”. Questo distinguo d’etichette si spiega con riferimento alla natura ed agli effetti che l’appartenenza all’una o all’altra categoria ne determina.
Tant’è che si è, nel corso di svariati anni, ritenuto che alcune norme costituzionali fossero non delle vere e proprie norme nel senso giuridico del termine ma dei meri precetti oppure riconducibili a delle disposizioni meramente programmatiche.
La fondamentalità del Diritto alla Salute ha scontato inizialmente le titubanze anche della giurisprudenza costituzionale nel riconoscergli un’immediata natura precettiva e non solo programmatica. Rimane traccia di questa scelta, seppur iniziale della Consulta, in diverse pronunce36. Questa fase primaria della sua giurisprudenza però mutò parallelamente alla maturazione della coscienza costituzionale dei giudici comuni37. Questo cambio di rotta ha fatto prevalere la risoluzione di questioni cruciali in ordine al diritto alla salute anche sottolineandone la sua immediata applicabilità. Di questo si occuperà il paragrafo che segue.
2.2. A norma di immediata percettività
Mentre i diritti di libertà sono per definizione self executing, poiché sotto il profilo strutturale si risolvono in un agere licere e rappresentano situazioni giuridiche che per essere realizzate postulano un atteggiamento di astensione da parte dei poteri pubblici (quanto meno in seno ad un’idea tradizionale che ha connotato per anni diversi ordinamenti giuridici alla luce della quale, per l’appunto, i diritti di libertà vengono liquidati connettendo loro un semplice atteggiamento di astensione).
D’altro canto, invece, c’è chi sostiene38 che tutti i diritti impongano alle finanze pubbliche oneri economicamente quantificabili; dunque, a detta di questa fazione di studiosi, si sta levando l’idea per cui anche i diritti di libertà, al pari dei diritti sociali, “costino”.
C’è da sottolineare, però, come anche alcuni diritti sociali di libertà (definiti “incondizionati”) presentano tale caratteristica; al contrario, si pongono in contrapposizione quei diritti sociali c.d. “condizionati”, sotto il profilo della loro attuazione, dall’intervento del legislatore. Mentre i diritti incondizionati sono immediatamente operanti, (sia nei rapporti fra privati sia in quelli col potere pubblico), i diritti condizionati, invece, necessitano di una struttura organizzativa, di una erogazione, attuata dal legislatore.39
Gli interventi legislativi che si sono susseguiti nel corso del tempo hanno confermato una visione del diritto alla salute sotto il profilo pretensivo, come diritto condizionato dalla necessità di interpositio legislatoris, ai fini di una concreta attuazione ed azionabilità.
Al contrario, il diritto all’integrità psico-fisica è stato interpretato come un diritto soggettivo immediatamente precettivo.40
Questa impostazione rispecchia la tradizione giurisprudenziale e legislativa italiana.
Possiamo seguire la produzione della giurisprudenza italiana per comprendere meglio questo iter. Infatti, come scrive Principato41: “le incertezze della dottrina trovano preciso riscontro anche sul piano della giurisprudenza, sia di merito, sia di legittimità, sia costituzionale. Forse anche in questo caso perché i giudici, ciascuno occupandosi di una cosa in apparenza diversa (ora il diritto all’integrità psico-fisica, ora il diritto alle prestazioni sanitarie), hanno riunito tutto nel grande calderone del diritto alla salute”.
Dal punto di vista della dottrina, è stato ben chiaro fin da subito l’ambiguità caratterizzante l’articolo 32 della Costituzione; così che diversi autori42 hanno ricondotto all’integrità psico-fisica il diritto soggettivo (e dunque prevedendo la sua tutela innanzi al giudice ordinario sia in sede cautelare che in quella risarcitoria) ponendo, l’articolo 32, sotto l’alveo delle norme precettive; per poi, al contrario, ritenere che le prestazioni sanitari fossero qualificate come un diritto pubblico soggettivo di natura sociale (interesse legittimo?) sottolineando come sia necessaria l’interposizione del legislatore, la sua attivazione, affinché detto disposto costituzione venga ad essere attuato. Nel quadro, sempre dottrinale, del tentativo di conciliare i diritti sociali ed i diritti di libertà, Luciani43 afferma che “in ambedue i casi sono presenti sia un momento individualistico (di diritto soggettivo), che un momento pubblicistico (di fattore d’integrazione), anche se negli uni [diritti di libertà] è prevalente il primo e negli altri [diritti sociali] il secondo”.
Dal punto di vista della giurisprudenza ordinaria, prendendo le mosse dalla decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è affermata, parallelamente alle pronunce dei giudici ordinari, l’esistenza di un diritto soggettivo alla salute, fondato sull’articolo 32 della Costituzione.
La Cassazione ritenne, nella pronuncia n. 1463 del 1979 che la salute fosse un diritto soggettivo fondamentale “protetto in via primaria, incondizionata ed assoluta come modo di essere della persona umana”. Questa affermazione attestò che qualora la Pubblica Amministrazione avesse svolto un’attività lesiva di detta norma, quell’azione si doveva considerare svolta in difetto di potere e che tale vizio si poteva sollevare innanzi al giudice ordinario.
Oltre a riconoscere la natura oppositiva di tale diritto, la Corte di Cassazione ha fatto un ulteriore passo in avanti con la Sentenza n. 2092 del 1992 riconoscendo tale diritto soggettivo anche in situazioni pretensive.
Tant’è che si pronunciò in questi termini: “il diritto alla salute, cioè il diritto di star bene, fondamentale per natura costituzionale e dalla tutela completa […] è esso sovrastante all’Amministrazione, di guisa che questa non ha alcun potere, neppure per motivi di interesse pubblico specialmente rilevante, non solo di affievolirlo […], ma neanche di pregiudicarlo nel fatto, indirettamente. È un diritto primario […] ed assoluto dell’individuo, nei cui riguardi l’Amministrazione, spoglia delle prerogative pubblicistiche, non soltanto non ha potere ablatorio, ma può essere passibile di provvedimento inibitorio da parte del giudice naturale dei diritti”.
Da questa impostazione, alla quale seguono varie pronunce44 conformi a questo orientamento, traiamo che il diritto alla salute sia un diritto soggettivo fondato su di una norma costituzionale di natura precettiva. In più, che nella species di diritto all’integrità psico-fisica, la stessa Pubblica Amministrazione, anche agendo per conseguire interessi pubblici, può essere destinataria di situazioni giuridiche pretensive dei cittadini.
Dal punto di vista della giurisprudenza costituzionale, la Consulta ha assunto una impostazione che si direziona sulla stessa traiettoria della Cassazione; tant’è che con la Sentenza n. 88 del 1979 la Consulta ha, nel considerato in diritto, sostenuto che la salute è tutelata all’articolo 32 della Costituzione “non solo come interesse della collettività ma anche e soprattutto come diritto fondamentale dell’individuo, sicché si configura come diritto primario assoluto, pienamente operante anche nei rapporti fra privati”; Proseguendo, “la salute è certamente da comprendere fra le situazioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione”.
Quindi, tanto per la Corte di Cassazione che per la Corte Costituzionale esiste un diritto soggettivo all’integrità psico-fisica, fondato sull’articolo 32 della Costituzione, direttamente azionabile anche fra privati la cui lesione determina il diritto al risarcimento del danno.
3. Quale tutela per l’articolo 32 della Costituzione Italiana?
L’aver inteso l’articolo 32, mediante una evoluzione interpretativa a cui hanno apportato il loro contributo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza, una norma ad immediata percettività per quanto concerne il diritto soggettivo all’integrità psico-fisica di ogni individuo, ha permesso di definire, tale diritto, direttamente azionabile45 dinanzi al giudice ordinario.
Così, dunque, anche la species “diritto a vivere in un ambiente salubre” appartenente al genus46 “integrità psico-fisica” si presenta come un diritto primario assoluto. Detta definizione non è solo il frutto di una ricostruzione logica ma l’espressione utilizzata dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza n. 641 del 1987.47
Si deve alla pronuncia, nella veste di sentenza, della Corte Costituzionale dell’anno prima, del 1986, n. 184, il riconoscimento di una tutela piena al bene “salute”.
Facendo nostra la considerazione di Alpa48, l’articolo 2 della Costituzione “involge una nozione di persona non tanto intesa come soggetto di cui si deve garantire il risarcimento della lesione all’integrità fisica ma piuttosto come centro di interessi e titolare di diritti”. Posta questa considerazione, a parere di chi scrive, la connessione fra l’articolo 32 e l’articolo 2 della Costituzione ha permesso di realizzare un sistema organico di tutela all’uomo, in quanto tale, titolare di diritti.
Il Codice Civile Italiano del 1942 ha fatto propria una nozione di danno “normativa” cioè ha previsto che il danno è tale, in senso giuridico, solo in quanto ricorrono i presupposti, stabiliti dalla legge, che consentono di considerare la lesione quale danno. Il giudizio sull’esistenza e sul contenuto del danno è basato su elementi giuridici, per questo riferendosi all’esperienza italiana si parla di un concetto “normativo” di danno.49
La disciplina giuridica italiana è stata costruita attorno al dualismo (o anche bipolarismo) fra danno patrimoniale e danno non patrimoniale. Il danno patrimoniale è regolato dall’articolo 2043 ed il danno non patrimoniale ricondotto all’articolo 2059.
“Il danno ingiusto è identificato con il danno patrimoniale, nel senso che la valutazione circa l’ingiustizia del fatto lesivo concerne solo fatti che abbiano determinato una perdita economica o un mancato guadagno della vittima: l’articolo 1223 concorre con gli altri articoli 1218 e 2043 a definire la coppia danno-risarcimento, con riferimento, rispettivamente, alla responsabilità contrattuale e a quella extracontrattuale. Il danno non patrimoniale di cui all’articolo 2059 è identificato con il danno morale-soggettivo della tradizione, e quindi il dolore fisico o psichico. Non si dubita che [anche] qui il risarcimento possa intervenire solo nei casi espressamente determinati dalla legge”.50
Trattando in questo elaborato, nello specifico, il danno alla persona, non possiamo non considerare ben quattro51 tipi differenti di danno; raggruppati come seguono: a) danni alla salute psico-fisica con risvolti pecuniari; b) danni alla salute psico-fisica slegati da riflessi pecuniari; c) danni da sofferenze (indipendenti dalle lesioni in sé alla salute psico-fisica) con riflessi pecuniari; d) danni da sofferenze (indipendenti dalle lesioni in sé alla salute psico-fisica) slegati da riflessi pecuniari.
Le categorie sub a) e sub c) rientrano nella categoria dei danni patrimoniali risarcibili alla luce degli articoli 2043 e ss, 1223 e 1226 del Codice Civile.
Mentre, la categoria sud d) rappresenta quell’area di danni risarcibili ex articolo 205952 c.c. ora riportato sotto l’etichetta di matrice tedesca “danno non patrimoniale” ora chiamato sotto l’etichetta di matrice francese “danno morale”.
Infine, la categoria che maggiormente ha presentato caratteri di peculiarità è senza dubbio alcuno la sub b), rappresentante un’area di danni a lungo trascurata.
Il motivo di tale esclusione è dettato dalla impossibilità di collocare tali danni tanto nella categoria di quelli patrimoniali quanto in quella dei danni non patrimoniali. Questi danni, quindi, non vennero considerati autonomamente53 come tali poiché sussisteva una visione bipartitica (apparentemente esaustiva) fortemente radicata in dottrina.
Sta di fatto, però, che nel corso dell’esperienza giuridica italiana la dottrina prima e poi la giurisprudenza, nel seguire le suggestioni della prima, giunsero a ritenere la incapacità della visione bipartitica nella materia dei danni alla persona.
Dopo una laboriosa evoluzione, oggigiorno si è giunti a ritenere che per la categoria dei danni di cui sopra al sub b) sussista il risarcimento fuori dai limiti dettati dal testo dell’articolo 2059 del Codice Civile.
Infatti, a giudizio di chi scrive, si ritiene che “il danno alla salute non si limita al danno biologico definito come lesione dell’integrità fisica in sé per sé considerata ma riguarda anche il danno psichico in sé considerato. Il danno alla salute ha per oggetto la lesione della salute (intesa nel suo ampio significato costituzionale) ed è questo concetto che la giurisprudenza è venuta delineando, pur se gli viene spesso attribuito il nome di danno biologico”.54
L’iter che ha permesso di superare la visione bipartitica in seno alle categorie di danno e fatto emergere il danno alla salute (anche detto danno biologico) è stato lungo e laborioso. La dottrina civilistica55 preparò il terreno per la risarcibilità del danno biologico; fu, infatti, essa a presentare un quadro elaborato che fece da base alla decisione della Corte di Cassazione di assumere l’impostazione studiata dalla dottrina civilistica per la maggiore unita nelle sue molteplici voci e già sperimentata, questa soluzione, presso alcune corti minori italiane.
La Sentenza della Corte di Cassazione n. 3675 del 1981 rappresentò il punto di svolta per la disciplina del danno biologico inteso come categoria a sé stante. Poiché, “in esso la Cassazione stabilì che il bene della salute costituisce come tale oggetto di un autonomo diritto primario ed assoluto, e che, pertanto, in caso di lesione alla persona, il risarcimento deve tenere conto anche del danno biologico inteso come menomazione dell’integrità psico-fisica della persona in sé considerata. Il danno biologico fu visto come una species del genus del danno ingiusto previsto dall’articolo 2043 c.c., che si affianca alla species del danno patrimoniale e a quella del danno non patrimoniale, inteso come insieme di sofferenze psichiche e morali provenienti dal soggetto per il torto subito e risarcibile solo nei limiti dell’articolo 2059.”56
Questa impostazione venne ribadita, dalla Suprema Corte, in altre tre pronunce del 1984.57
Un ulteriore passo avanti è rappresentato dalla Sentenza, sempre ad opera della Suprema Corte, n. 1130 del 1985 nella quale si riconosce come punto di partenza che il danno alla salute sia da risarcire ed in più si giunge ad affermare che il danno biologico rientri a pieno titolo nella categoria dei danni patrimoniali!58 Questa decisione ha significato che il danno patrimoniale “si estende a tutti gli effetti negativi incidenti sul bene primario della salute in sé considerato, tenuto conto che tale bene fa parte integrante del patrimonio del soggetto. […] L’impostazione contenuta in questa pronuncia può apparire assurda a chi segua rigidamente e incrollabilmente l’equiparazione stretta <<patrimoniale-pecuniario>>. […] Qui si può solo osservare che comunque la ratio decidendi di tali casi appare uniforme: se di fatto si sono prodotte lesioni alla salute, esse vanno risarcite, e lo devono essere senza sottostare alla limitazione imposta dall’articolo 2059 c.c.” .
La scelta operata dalla Cassazione di fondare il risarcimento del danno biologico sull’articolo 32 della Costituzione ha trovato il bene placito della stessa Corte Costituzionale nel 1986.59 Quest’ultima, si è trovata ad affrontare (e sbrogliare) due problemi: “quello dell’interpretazione dell’articolo 2059 c.c., su cui era stata espressamente interpellata, e quello del fondamento della risarcibilità del danno della salute. Essa risolve il primo quesito osservando come, secondo il diritto <<vivente>>, e secondo i lavori preparatori, la locuzione <<non patrimoniale>> di cui all’articolo 2059 c.c. debba essere intesa con riferimento ai soli danni morali puri da pena e sofferenza.
La Corte risolve il secondo problema ritrovando il fondamento del diritto alla salute nell’articolo 32 della Costituzione”.60
Così facendo, con la pronuncia n. 184 del 1986, la Corte Costituzionale superò quella visione bipartitica propria della materia del risarcimento danno fino a quel tempo operante e, al tempo stesso, superò anche il mero confinamento del danno alla salute nel dato normativo dell’articolo 2059 c.c. Infatti, la tutela risarcitoria del bene salute fu riferita direttamente dal combinato disposto degli articoli 2043 c.c. e 32 della Costituzione. Sostenendo che “la Costituzione, garantendo principalmente valori personali, svela che l’articolo 2043 c.c. deve essere posto in correlazione agli articoli della Carta fondamentale (che tutelano i predetti valori) e che, pertanto, va letto in modo idealmente idoneo a compensare il sacrificio degli stessi valori subiti a causa dell’illecito.”61
La giurisprudenza degli anni successivi affinò questo orientamento; esemplare fu la sentenza n. 356 del 1991 dove la Consulta decise di stilare una definizione più “ampia” di danno biologico, identificandolo nel danno alla persona “nell’integrità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vota […] , e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana”.62
Continuando nell’analisi63 dell’iter storico delle pronunce rilevanti alla elaborazione della materia così come si presenta a noi oggigiorno, non si può non far riferimento alle pronunce stilate fra il 2002 ed il 2003.
Da esse, emerge a chiari lettere che nella tutela risarcitoria del danno non patrimoniale sono compresi “sia il danno morale soggettivo, inteso come transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito, all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un accertamento medico (art. 32 Cost.); sia infine il danno (spesso definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona”.64
Ciò che maggiormente ci interessa, ai fini di questo elaborato è che la Cassazione prima e la Corte Costituzionale poi, hanno ricondotto la lesione degli interessi di rango costituzionale inerenti la persona, tutti sotto la previsione normativa dell’articolo 2059 c.c. Ed è per questo che alcuni autori hanno sottolineato come “la norma può evolvere non solo attraverso un ampliamento degli illeciti tipizzati, ma anche con la tutela in via diretta di interessi, la cui disciplina legale imponga, per la forza che è implicita nell’inviolabilità dei diritti della persona, la tutela minima ed essenziale del risarcimento del danno, esteso anche ai pregiudizi non patrimoniali”.65
Alla luce di quanto scritto finora, facciamo nostra l’impostazione dottrinale per cui “la sussunzione della protezione (legislativa) della integrità (psico)fisica, nel più ampio e dinamico ambito della tutela (costituzionale) della salute, ha permesso un notevole arricchimento del contenuto di tale principio, ampliandone potenzialmente le potenzialità e possibilità d’azione.”66
Punto attestante detta evoluzione anche nella giurisprudenza di merito è rappresentato dalla Sentenza n. 10606 del 1996 della Sezione Civile della Corte di Cassazione. In essa, infatti, è sancito che “l’ambito di operatività dell’articolo 2059 c.c. va considerato rapportando anche questa norma ai principi costituzionali e superando l’inadeguata interpretazione tradizionale. Nella quantificazione del danno di cui all’articolo 2059 c.c. occorre valutare la gravità del reato nella sua antigiuridicità, tenendo conto della tavola dei valori che la Costituzione offre ai Giudici”.67
4. La distopica pretesa del suo bilanciamento
Il diritto alla salute è un diritto assoluto, come tale non potrà mai affievolirsi e degradare ad interesse legittimo, cedendo così alle esigenze collettive contrastanti con esso.68
Viene difficile immaginare una esigenza collettiva o un singolo diritto individuale contrastante col diritto alla salute, quanto meno se assumiamo come falsa l’affermazione “non di sola salute vive l’uomo”69.
Eppure, nonostante il nostro articolo 32 possa vantare la qualifica “fondamentale” al pari di nessun altro diritto sancito nella Costituzione Italiana, si è trovato, più volte, a dover gareggiare il suo primariato sul piatto della bilancia.
Il suo esser fondamentale gli ha fatto guadagnare negativamente l’appellativo di diritto costituzionale “tiranno”70.
Nonostante i vari tentativi di ledere alle fondamenta la natura di tale diritto, si è giunti comunque alla considerazione per cui, quantomeno nei rapporti fra privati, la norma costituzionale è precettiva. Quindi, sulla scorta di una evoluzione dottrinale e giurisprudenziale di cui si è provato a dar conto nei paragrafi di cui sopra, si può pacificamente sostenere che ogni persona dispone di un proprio diritto fondamentale a che la propria salute non venga pregiudicata da altri privati. Tuttavia, parte della norma costituzionale ha un contenuto programmatico che necessita, per forza di elementi oggettivi e secondo la consolidata giurisprudenza, di un intervento legislativo per attuare concretamente la previsione costituzionale.
Riassunto ciò, intendiamo arrivare a mettere in mostra il nucleo essenziale, irrinunciabile ed irriducibile71 che compone il diritto alla salute (ricordiamo, diritto sancito espressamente come fondamentale dai Costituenti stessi).
Di pari passo alla evoluzione attuata dal cammino laborioso della dottrina e della giurisprudenza, che ha permesso di raggiungere forme di tutela forti72, si è man mano levata, ahinoi, una corrente avversa che ha voluto porre sul piano dei rapporti di forza, al fine di bilanciare, il diritto alla salute con valori attinenti a diritti o libertà di volta in volta differenti; ponendo sui piatti della bilancia da un lato il diritto primario ed assoluto (diritto alla salute) e sull’altro, un qualsiasi altro diritto (funzionale a qualche esigenza del caso).
La stessa Corte Costituzionale ha spiegato questo fenomeno scrivendo che “occorre […] tenere presente che i diritti inviolabili, siano essi esplicitamente previsti o desunti per implicito dalla Costituzione, rappresentano una vera e propria manifestazione del “principio personalistico”: tale principio invita ad una considerazione del soggetto non quale monade isolata e avulsa dal mondo, bensì appunto come “persona”, tale proprio in quei rapporti sociali di relazione che soli la sostanziano. È solo in tale modo che, d’altronde, prende corpo la realtà della moderna società personalistica, con i suoi tipici fenomeni di interessi, bisogni, valori spesso in conflitto tra loro.
Ed è proprio in quest’ambito che si inserisce uno dei più delicati compiti cui è chiamata la Corte: essa deve operare un complesso bilanciamento di valori costituzionali affinché l’esercizio di un diritto fondamentale non venga a confliggere con altri interessi e diritti di pari rilievo. Giova al riguardo sottolineare che, già all’inizio della sua attività, la Corte ebbe modo di ricordare (sentenza n. 1 del 1956) che il concetto di “limite” è insito nel concetto stesso di diritto, e che nell’ambito dell’ordinamento le varie sfere giuridiche devono sottostare di necessità ad una reciproca limitazione, proprio ai fini di un’armonica ed ordinata coesistenza civile”73.
Quanto scritto dalla Corte Costituzionale è, a parere di chi scrive, pacifico quando, al fine di rendere armonica la convivenza civile, è necessario bilanciare interessi di cui è titolare un unico soggetto ovvero quando attengono ad un livello gerarchico pariordinato.
Al contrario, non riteniamo ammissibile che un diritto come quello alla salute (sulla scorta di quanto detto in seno al suo carattere di diritto assoluto), possa essere posto in bilanciamento con un qualsiasi altro elemento (rectius diritto) di paragone.
La Consulta, per converso, più volte si è concentrata sulla “identificazione dei limiti esterni del diritto fondamentale alla salute (il limite tecnico-scientifico; il limite economico-finanziario; il limite organizzativo); degli strumenti di controllo della discrezionalità legislativa (tecniche del “bilanciamento” e del giudizio di ragionevolezza); dei parametri da utilizzare nello svolgere tale controllo (il contenuto minimo essenziale o nucleo incomprimibile o irriducibile del diritto alla salute)”74.
Da ciò, dunque, apprendiamo come la Corte Costituzionale abbia sancito tre ordini di limiti al diritto alla salute.
Ciò che ci preme sottolineare, al fine del tema trattato in questo elaborato, è la volontà di soffermarsi principalmente (ed esclusivamente) su quella tecnica di controllo della discrezionalità legislativa che è rappresentata dal bilanciamento.
Alcuni autori sono dell’opinione per cui neppure la tesi del contenuto essenziale del diritto alla salute offra soddisfacenti livelli di tutela.
Poiché “quello italiano è un ordinamento costituzionale in cui non è possibile costruire una gerarchia tra diritti e interessi costituzionalmente rilevanti. Ciò detto, non è possibile utilizzare, nel sindacato di costituzionalità, una concezione assolutistica del contenuto essenziale. Si dovrà, quindi, necessariamente, offrire una visione relativistica del contenuto essenziale”75.
Questa corrente di pensiero ritiene dunque che il contenuto essenziale sia da ricercare “volta per volta come risultante di uno scontro pluralistico di interessi”76.
Per questi autori, dunque, lo stesso “contenuto essenziale” del diritto nulla può nei confronti dell’approccio casistico, quantomeno a detta loro, al tema della garanzia costituzionale dei diritti fondamentali, “con conseguente imprevedibilità degli esiti del controllo e variabilità dei bilanciamenti costituzionali”. Questo effetto “potrebbe essere determinato, da un lato, dalla assenza di una gerarchia dei principi e dei diritti costituzionali e , dall’altro, dalla maggiore o minore precisione con la quale il testo costituzionale identifica principi o beni giuridici di rilievo costituzionale da bilanciare con il diritto riconosciuto e garantito dalla Costituzione. Non a caso la giurisprudenza sul contenuto essenziale sembra recepire una visione anti-formalista della Carta che non può non determinare questo effetto casistico ed aperto al fatto nell’esercizio del controllo di ragionevolezza”77.
Dato conto di quest’impostazione dottrinale, riteniamo, al contrario, che ogni qualsivoglia conflitto debba essere sempre risolto a favore della salute.
In fin dei conti, è la stessa Corte di Cassazione a far riferimento ad un “nocciolo duro”78 proprio del diritto alla salute, sottolineando che il diritto alla salute oltre ad essere un diritto soggettivo assoluto, assume anche i caratteri dell’intangibilità e che qualora si accerti un fumus di compromissione della salute, la tutela giudiziaria del diritto può essere accordata alla luce di pronunce inibitorie79.
Siamo dell’idea che il diritto alla salute presenti un “nocciolo duro” “imposto dal principio di solidarietà sociale ex articolo 2 della Costituzione e che non può in alcun modo essere soppresso quali che siano le ipotetiche confliggenti esigenze della società”80.
In conclusione, riteniamo foriero di errori il solo pensare che il diritto alla salute (nel nostro ordinamento agente anche nella veste di diritto alla vita) possa trovarsi come termine di riferimento in un bilanciamento con altri diritti che logicamente sono susseguenti.
Infine, “l’attuale concetto di salute non può prescindere dal fatto che sussiste uno stretto legame tra ambiente e salute tale da far affermare che il contenimento dell’inquinamento ambientale rappresenti uno strumento necessario per la tutela della salute. In tale contesto si inserisce la disciplina della sanità che apporta alla più generale tutela della protezione dell’ambiente, inteso come ambiente salubre, criteri e valori di ordine generale tra i quali spicca il c.d. principio di precauzione, il quale si rivela come il più importante e risolutivo principio (teorico e pratico-operativo) capace di tenere insieme, come un collante trasversale di unificazione funzionale, tutti i segmenti che oggi concorrono a plasmare e formare il concetto di sanità”81.
1 FERRARA, Salute (diritto alla), in Digesto pubbl., XIII, Torino 1997, 513 ss;
2 PALAMONI, L’evoluzione del diritto alla salute: riflessi giurisprudenziali ed organizzativi, in www.ildirittoamministrativo.it;
3 CARLASSARE, Forma di Stato e diritti fondamentali, in Quad. Cost., 1995, 33 ss;
4 FERRARA, Salute (diritto alla), in Digesto della Discipline Pubblicistiche, Utet Giuridica, 2000, 517;
5 FERRARA, op. cit.;
6 GRECO, Il “nocciolo duro del diritto alla salute”, in La Responsabilità civile, aprile 2007, 299 ss;
7 SACCO, Art. 32 della Costituzione Italiana: diritto alla salute, su Centro studi diritto sanitario, www.dirittosanitario.net;
8 LUCIANI, Salute – I. Diritto alla salute – dir. Cost. in Enc. Giur., XXVII, Roma, 1991, 1.
9 Cass. Civile, Sez. Un., 6 ottobre 1979 n. 5172;
10 CASELLA, Il diritto alla salute. Tutela multilivello nei sistemi giurisdizionali nazionale, internazionale e sovranazionale, in http://www.antoniocasella.eu/salute/Foti_2013.pdf;
11 LUCIANI, Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. soc., 1980, 769 ss;
12 SICLARI, L’articolo 32, primo comma, della Costituzione Italiana, IX Convegno nazionale di Diritto sanitario sul tema Sanità e salute nella giurisprudenza costituzione, 2011;
13 CASELLA, op.cit.;
14 ROSSI, Principi fondamentali, in Commentario alla Costituzione, Utet Giuridica 2006, 38 e ss;
15 LUCIANI, I livelli sanitari delle prestazioni in materia sanitaria tra Stato e Regioni, in CATELANI-CERRINI FERONI – GRISOLIA (a cura di), Diritto alla salute tra uniformità e differenziazione – Modelli di organizzazione sanitaria a confronti, Giappichelli Editore, Torino, 2011, 20 e ss;
16 BOBBIO G .– MORINO M. (a cura di), Lineamenti di Diritto Sanitario, CEDAM, 2010, 24 e ss;
17 Sull’argomento, vi è un corposo dibattito in dottrina riguardante l’estensione della “categoria” diritti inviolabili oltre quelli esplicitamente o implicitamente riconosciuti dalla Costituzione; quindi un dibattito che mira a comprendere se si tratta di una fattispecie chiusa o che permetta delle interpretazioni di tipo estensivo;
18 La Corte Costituzionale ha affermato in diverse pronunce che sono da considerare inviolabili tutta una serie di diritti non espressamente sanciti nel testo costituzionale. Uno per (e propedeutico a) tutti è il diritto alla vita nelle pronunce n°54 del 1979 e n°223 del 1996;
19 Per un maggiore approfondimento si rimanda a LONGO, Principi fondamentali, in Commentario alla Costituzione, Utet Giuridica 2006, 658;
20 Per un maggiore approfondimento si rimanda a LONGO, op.cit., 659;
21 Per un maggiore approfondimento si rimanda a CARAVITA, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2001, 15;
22 GIAMPIETRO, Diritto alla salubrità dell’ambiente, Milano, 1980, 106;
23 Per un maggiore approfondimento si rimanda a SIMONCINI, Ambiente e protezione della natura, Padova, 1996, 109;
24 LUCIANI, op.cit., 792;
25 Oltre ad essere un assioma scientifico dell’ecologia;
26 COMPORTI, Tutela dell’ambiente e tutela della salute, in Riv. Giuri. Ambiente, 1990, 192;
27 Per un maggiore approfondimento si rimanda ad SIMONCINI A., Principi fondamentali, in Commentario alla Costituzione, Utet Giuridica 2006, 671;
28 Per l’approfondimento del tema si rimanda ad ALPA G., Il danno biologico, Padova, 1993, 57 e ss;
29 TULLINI P., Salute nel diritto della sicurezza sociale, in Digesto delle Discipline Privatistiche Sezione Commerciale, Utet Giuridica, 2000, 70;
30 CALAMANDREI, Chiarezza nella costituzione, Discorso pronunciato all’assemblea costituente nella seduta del 4 marzo 1947, Tipografia della Camera dei Deputati, 8;
31 CALAMANDREI, op.cit.;
32 CALAMANDREI, op.cit., 19;
33 CALAMANDREI, op.cit;
34 CALAMANDREI, op.cit., 16;
35 Facciamo riferimento, a titolo d’esempio, alle Elezioni dei Consigli Regionali avvenute per la prima volta solamente nel 1970 ed alla Corte Costituzionale che si rese operativa solo dal 1955.
36 Come, ad esempio, la sent. n°112 del 1975 in tema di rimborso delle spese di ospedalità;
37 A partire dalla pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n.796 del 1973;
38 HOLMES S. e SUSTEIN C.: “tutti i diritti impongono alle finanze pubbliche oneri economicamente quantificabili, sia i diritti sociali sia il diritto di proprietà; la tutela della libertà negoziale comporta costi pubblici non meno della tutela del diritto all’assistenza sanitaria; il diritto alla libera manifestazione del pensiero non meno del diritto ad un’abitazione decente”, in The Costs of Rights. Why Liberty Depends on Taxes, W.W. Norton, New York 1999, trad. it. Il costo dei diritti. Perché la libertà dipende dalle tasse, Il Mulino, Bologna 2000, 246;
39 BALDASSARE, voce Diritti sociali, in Enc. Giur. Treccani, XII, Roma 1989, 31;
40 PRINCIPATO L:, La immediata percettività dei diritti sociali ed il “contenuto minimo del diritto fondamentale alla salute”, commento alla sent. 26 maggio 1998 n.185 della Corte Cost., in Giur. Cost. fasc.4 1998, 3871;
41 PRINCIPATO L., op.cit., 3860;
42 PACE A., PEZZINI B., LUCIANI M.;
43 LUCIANI M., Il diritto costituzionale alla salute, in Dir. soc. 1980, 772;
44 Per citarne una, conforme è la Sent. n. 2999 del 1989 delle Sez. Un. della Corte di Cassazione.
45 Nel 1979 con la Sent. della Corte Costituzionale n. 88 il diritto alla salute è stato inequivocabilmente riconosciuto come “diritto primario ed assoluto […] da ricomprendere tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla Costituzione”;
46 Rapporto genus-species così studiato da COMPORTI M., Tutela dell’ambiente e tutela della salute, in Riv. Giuri. Ambiente, 1990;
47 Contra in dottrina MODUGNO F., “sembra piuttosto che gli aspetti collettivistici del diritto prevalgano su quelli individualistici, per cui l’esigenza di tutela della salubrità dell’ambiente può riguardarsi come interesse diffuso della collettività”;
48 ALPA G., Il danno biologico, Padova, 1993, 57;
49 PATTI S., Danno Patrimoniale, in Digesto delle Discipline Privatistiche Sezione Civile, Utet Giuridica, 2000, 96;
50 SALVI C., Danno, in Digesto delle Discipline Privatistiche Sezione Civile, Utet Giuridica, 2000, 66-67;
51 MONATERI P.G., Danno alla persona, in Digesto delle Discipline Privatistiche Sezione Civile, Utet Giuridica, 2000, 75;
52 Dato il loro carattere alcuni autori in dottrina preferiscono parlare più che di indennizzo, di pena;
53 Come scrisse MONATERI P.G.: “Essi dovevano a forza rientrare nell’una o nell’altra classe, e se non v’erano ripercussioni sul reddito di essi – per così dire veri e propri danni da membra rupta in sé considerati – dovevano venir equiparati alle afflizioni e ai patemi d’animo, e risarciti per conseguenza nei limiti dell’articolo 2059 cc”, in Danno alla persona, in Digesto delle Discipline Privatistiche Sezione Civile, Utet Giuridica, 2000, 75.
54 MONATERI P.G., op.cit., 75;
55 GERIN, La valutazione medico-legale del danno alla persona, in Resp. Civ., Milano 1987;
56 MONATERI P.G., op.cit., 76;
57 Cass. Civ. n.2422 del 1984; Cass. Civ. n.4661 del 1984; Cass. Civ. n.3344 del 1984;
58 Per un maggiore approfondimento vedi A. GIULIANI, Il danno biologico è, dunque, patrimoniale, CeI, 1986, II, 47 ss;
59 Facciamo riferimento alla pronuncia Repetto contra AMT di Genova e Saporito contra Manzo, entrambe del 1986;
60 MONATERI P.G., op.cit., 77;
61 Cfr. C. Cost. n.184 del 1986;
62 Cfr. C. Cost. n.356 del 1991, punto n. 8 del considerate in diritto;
63 Per un maggiore approfondimento vedi LONGO E., Principi fondamentali, in Commentario alla Costituzione, Utet Giuridica 2006, 661;
64 Corte Cost. n.233 del 2003, in Foro.it, I, 2202, con commento di NAVARRETTA E., La Corte costituzionale e il danno alla persona;
65 NAVARRETTA E., op. cit.;
66 LONGO E., Principi fondamentali, in Commentario alla Costituzione, Utet Giuridica 2006, 661;
67 NAVARRETTA E., La quantificazione del danno non patrimoniale e la tavola dei valori costituzionali, in Responsabilità civile e previdenza, 1997, 393;
68 Per un maggiore approfondimento si rimanda a G. M. PALAMONI, L’evoluzione del diritto alla salute: riflessi giurisprudenziali ed organizzativi, in www.ildirittoamministrativo.it;
69 Titolo del contributo di CENDON P., Non di sola salute vive l’uomo, pubblicato in Riv. crit. dir. priv., 1999, p.567;
70 Espressione utilizzata dai giudici costituzionali nella Sent. n. 85 del 2013 in merito al fatto che il diritto alla salute non dovesse essere “tiranno” su altri diritti fondamentali (fra i quali, il diritto al lavoro).
71 Espressione impiegata dalla Sent. n. 252 del 2001 della Corte Costituzionale.
72 Quanto meno per quel “nocciolo duro” di cui si è ampiamente trattato nei paragrafi di cui sopra.
73 Relazione predisposta in occasione dell’incontro della delegazione della Corte costituzionale con il Tribunale costituzionale della Repubblica di Polonia dal titolo I diritti fondamentali nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, Varsavia, 30-31 marzo 2006. Rinvenibile al sito www.cortecostituzionale.it.
74 CAVASINO E., La flessibilità del diritto alla salute, in I Quaderni di Nuove Autonomie, monografie 4, Editoriale Scientifica Napoli, 2012, 90.
75 CAVASINO E., op. cit., 105.
76 SCACCIA G., Il bilanciamento degli interessi come tecnica di controllo costituzionale, in Giurisprudenza Costituzionale, n. 6/1998, 3993;
77 CAVASINO E., op. cit., 106.
78 Cass. Civ., SS.UU., n.2092 del 1992.
79 Cass. Civ., n. 9893 del 2000.
80 PALAMONI G.M., L’evoluzione del diritto alla salute: riflessi giurisprudenziali ed organizzativi, in www.ildirittoamministrativo.it, 19.
81 PALAMONI G.M., L’evoluzione del diritto alla salute: riflessi giurisprudenziali ed organizzativi, in www.ildirittoamministrativo.it, 21.