Corso: DIRITTO DELL’AMBIENTE E PUBLIC PROCUREMENT - LA GESTIONE VIRTUOSA DEL TERRITORIO E DELLE TUTELE.
48 minuti

 

 

COMUNITÀ ENERGETICHE RINNOVABILI E SOLIDALI:

MODELLO DI CITTADINANZA ATTIVA PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA VERSO GLI OBIETTIVI DI AGENDA 2030.

Avv. Arianna Cicerone – Avv. Lucia Mastrangelo – Avv. Rosanna Putignano

Abstract (It): Le comunità energetiche sono uno strumento di produzione e consumo di energia pulita, mediante le quali i clienti finali possono assumere la veste di prosumers e contribuire dal basso, in forma associata, al perseguimento della transizione energetica. Il presente articolo, dopo una breve disamina sul quadro normativo europeo ed italiano di riferimento, analizza l’esperienza innovativa della Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Napoli Est e il movimento della Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali che è nato, a valle della predetta esperienza, con l’obiettivo di utilizzare tale strumento come lotta alle fragilità economiche, sociali ed energetiche.

Abstract (En): Energy communities are an instrument for the production and consumption of clean energy, through which end customers can assume the role of prosumers and contribute from below, in an associated form, to the pursuit of the energy transition. This article, after a brief examination of the European and Italian regulatory framework of reference, analyzes the innovative experience of the Renewable and Solidarity Energy Community of East Naples and the movement of the Network of Renewable and Solidarity Energy Communities that was born, downstream of the aforementioned experience, with the aim of using this instrument as a fight against economic, social and energy fragility.

SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Quadro normativo europeo. 3. Quadro normativo italiano. 4. Vantaggi delle comunità energetiche rinnovabili. 4.1. Vantaggi economici. 4.2. Vantaggi ambientali. 4.3. Vantaggi socio – comunitari. 5. Comunità energetiche rinnovabili e solidali. L’esperienza di San Giovanni a Teduccio. 6. La Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali: una realtà in fieri. 7. Conclusioni.

1. Introduzione.

Nell’attuale e grave contesto geo-politico, sociale ed economico nel quale convivono la drammaticità di una guerra in atto nel cuore dell’Europa, la pandemia ancora non superata e i gravi problemi economici legati alla crisi energetica, le prospettive di sviluppo sostenibile e solidale, anche in termini di approvvigionamento ed efficientamento energetico, offerte alle comunità dalla legislazione europea, costituiscono un’opportunità che richiede ai governi, anche locali, tempismo decisionale ed ai cittadini maggiore consapevolezza verso le problematiche ambientali e protagonismo propositivo nella transizione verde.

In questo quadro, la creazione di “comunità energetiche”, quale innovativo modello di produzione e consumo di energia pulita, reso possibile dallo sviluppo di nuove tecnologie in grado di produrre energia da fonti rinnovabili (FER), non solo ha importanti ricadute in termini di benefit ambientali, sociali ed economici, ma costituisce una sfida la cui vittoria richiede uno sforzo collettivo per superare le inevitabili criticità imposte dal cambiamento.

2. Quadro normativo europeo.

La promozione delle forme di energia da fonti rinnovabili o all’energia rinnovabile rappresenta, ai sensi dell’art. 194, paragrafo 11, del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), uno degli obiettivi della politica energetica e ambientale dell’Unione.

Con la ratifica nel 2016 dell’Accordo di Parigi in materia di mitigazione dei cambiamenti climatici, l’Unione Europea si è prefissata, quale obiettivo di lungo termine, il contenimento dell’aumento della temperatura ben al di sotto dei 2°C e il perseguimento degli sforzi di limitare l’aumento a 1.5°C rispetto ai livelli pre-industriali.

L’accordo di Parigi si inquadra nella cornice più ampia definita dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il programma d’azione adottato all’unanimità dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite nel settembre 2015, e si integra con i traguardi dell’Agenda, a partire dall’obiettivo della “Lotta contro il cambiamento climatico”.

Al fine di raggiungere tali obiettivi l’Europa ha messo in campo – tra la fine dell’anno 2018 e l’inizio del 2019 – il pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei” (noto come Winter package o Clean energy package) e successivamente, in data 11 dicembre 2019, la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione “Il Green Deal Europeo” (COM(2019) 640 final) che, come nella proposta di “legge sul clima”, si è posta l’ambizioso target di innalzare la quota di energia da fonti rinnovabili nell’U.E del 38- 40%.

Gli obiettivi climatici del Green Deal, poi, sono strettamente legati col programma di fine maggio 2020 denominato Next Generation UE nel quale, tra i pilastri (aree di intervento) figura in primis la Transizione verde (che mira alla neutralità climatica entro il 2050 e riduzione di gas serra del 55 per cento entro il 2030).

Così con il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) approvato il 13/07/2021, l’Italia potrà ambire auspicabilmente al sostegno finanziario dell’U.E ai propri progetti di sviluppo delle FER, in quanto ha destinato nello specifico oltre 2 miliardi di euro allo sviluppo delle Comunità energetiche così da aumentare la produzione complessiva di energia rinnovabile.

A ciò occorre aggiungere che, a seguito della crisi energetica causata dalla guerra e, al fine di consentire all’Europa di “affrancarsi” dal gas proveniente dalla Russia e dai combustibili fossili volatili ben prima del 2030, la Commissione europea nel maggio di quest’anno ha presentato il piano REPowerEU, che fornisce fondi supplementari dell’UE a finanziare i progetti di energia rinnovabile, accompagnata da orientamenti per aiutare gli Stati membri ad accelerare l’iter autorizzativo degli impianti di produzione di energia rinnovabile.

Gli Stati membri dovranno aggiungere un capitolo REPowerEU ai loro piani di ripresa e resilienza per orientare gli investimenti verso le priorità REPowerEU e attuare le riforme necessarie anche nella direzione offerta dalla Proposta della Commissione di una direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio di modifica la direttiva RED II (2018/2001) sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, diretta a consentire agli stati di accelerare le procedure amministrative che si sono rivelate uno degli ostacoli principali agli investimenti nelle energie rinnovabili.

Come detto, all’indomani dell’Accordo di Parigi, l’Unione Europea ha adottato otto direttive nel pacchetto Clean Energy for all Europeans Package Energia pulita per tutti gli europei” che ha delineato lo strumento delle «Energy community» in due di esse ovvero:

La Renewable Energy Directive 2018/2001 (meglio conosciuta come RED II), pubblicata a dicembre 2018, che definisce le “Renewable Energy Community” (REC, comunità di energia rinnovabile) e i “jointly-acting renewable self-consumers” (autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente), acronimo che in italiano sta per CER;

La Directive on common rules for the internal market for electricity 2019/944 (cosiddetta Direttiva IEM), pubblicata a giugno 2019, in cui viene fornita la definizione di “Citizen Energy Community” (CEC, comunità energetica di cittadini) e di “jointly-acting active customer” (clienti attivi consorziati).

La direttiva RED si pone quale obiettivo quello di affrontare il problema della povertà energetica, incentivando l’inclusione dei clienti vulnerabili nel percorso verso la transizione energetica.

La RED II fornisce la più dettagliata definizione di energia rinnovabile quale l’energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell’ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas.

In essa si definiscono quali “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” un gruppo di almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente e si trovano nello stesso edificio, definendo l’ autoconsumatore di energia rinnovabile come il cliente finale che, operando in propri siti situati entro confini definiti o, se consentito da uno Stato membro, in altri siti, produce energia elettrica rinnovabile per il proprio consumo e può immagazzinare o vendere energia elettrica rinnovabile autoprodotta purché, per un autoconsumatore di energia rinnovabile diverso dai nuclei familiari, tali attività non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale.

Ed ancora la RED II definisce una “REC” Renewable Energy Community, per l’Italia CER quale: a) soggetto giuridico che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione; b) nel quale gli azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali; c) il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari.1

La direttiva IEM, invece, si pone come scopo principale quello di adattare il mercato elettrico dell’UE ai cambiamenti tecnologici e strutturali in atto. Le configurazioni introdotte, pertanto, si riferiscono solo alla produzione e scambio di energia elettrica, prodotta da fonti rinnovabili o tradizionali, e sono costituite come nuovi attori del mercato elettrico, autorizzati ad intraprendere attività quali ad esempio la distribuzione e fornitura di energia.

Nella direttiva IEM viene inoltre fornita la definizione di “Clienti attivi consorziati” quale un cliente finale o un gruppo di clienti finali consorziati che consuma od accumula l’energia elettrica prodotta nei propri locali situati all’interno di un’area delimitata o, se consentito da uno Stato Membro, in altri locali, oppure vende l’energia elettrica autoprodotta o partecipa a meccanismi di flessibilità o di efficienza energetica, purché tali attività non costituiscano la principale attività commerciale o professionale.

Ed ancora la IEM reca la definizione di “CEC” Citizen Energy Community quale: a. soggetto giuridico che è fondato sulla partecipazione volontaria e aperta ed è effettivamente controllato da membri o soci che sono persone fisiche, autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, o piccole imprese; b. con lo scopo principale di offrire ai suoi membri o soci o al territorio in cui opera benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, anziché generare profitti finanziari; c. soggetto che può partecipare alla generazione, anche da fonti rinnovabili, alla distribuzione, alla fornitura, al consumo, all’aggregazione, allo stoccaggio dell’energia, ai servizi di efficienza energetica, o a servizi di ricarica per veicoli elettrici o fornire altri servizi energetici ai suoi membri o soci.

Tali definizioni fanno riferimento a configurazioni di differente complessità e sottoposte a vincoli più o meno stringenti.

Le configurazioni di “autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” e “clienti attivi consorziati” sono il primo livello di aggregazione di prosumer riconosciuto, uno “step intermedio” tra l’autoconsumo individuale e le comunità energetiche.

Il principale vincolo posto dalle Direttive per gli utenti di queste configurazioni è che, per i membri diversi dai nuclei familiari, le attività che essi vengono autorizzati a portare avanti non costituiscano la loro principale attività commerciale o professionale.

Non vi è alcuna indicazione circa lo scopo primario (economico, ambientale o sociale) che la loro attività dovrà avere; si apre perciò la possibilità di costituire gruppi di utenti che si uniscono anche con il solo scopo di raggiungere una maggiore convenienza tecnica ed economica delle proprie azioni, grazie all’economia di scala.

– Le “Renewable Energy Community” e le “Citizen Energy Community”, al contrario, hanno come “obiettivo principale [quello di] fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera”. Sono perciò enfatizzati gli aspetti sociali e “comunitari” di queste nuove configurazioni, prima delle azioni ad essi permesse. Inoltre, c’è una chiara indicazione su chi può entrare a far parte delle comunità energetiche: l’enfasi sulla partecipazione e sull’effettivo controllo è posta sui cittadini, sugli enti locali e sulle piccole imprese che non sono già attive nel settore energetico. I membri che vogliono partecipare devono costituirsi come entità giuridica; essi agiranno perciò come una singola entità. Le configurazioni di Comunità Energetica vogliono perciò stimolare la costituzione di una comunità di persone accomunate dall’intento di generare un impatto positivo sul proprio territorio, attraverso lo strumento della produzione e consumo collettivo di energia.2

Per semplificare possiamo dire le principali differenze tra le CER e CEC sono che:

a) la CER si basa sul principio di autonomia tra i membri e sulla necessità di prossimità con gli impianti di generazione. La CER può gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) a patto che siano generate da una fonte rinnovabile.

b) La CEC non prevede i principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità, prodotta sia da fonte rinnovabile, sia fossile.

La comunità energetica nel sistema energetico e legislativo italiano deriva dal recepimento della direttiva europea RED II.

3. Quadro normativo italiano.

In Italia, la prima fase di recepimento della Direttiva RED 2 è avvenuta attraverso l’art. 42-bis del D.L. n. 162/2019 convertito con modificazioni dalla l. 8/2020, con cui sono state introdotte per la prima volta nella legislazione italiana le definizioni di “Autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” e “Comunità di Energia Rinnovabile”. Più nel dettaglio, l’articolo 42-bis del decreto-legge n. 162/2019 ha previsto che i clienti finali si associno per diventare auto consumatori di energia rinnovabile, ovvero per realizzare comunità di energia rinnovabile, nel rispetto delle seguenti condizioni:

– nel caso di auto consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, i soggetti diversi dai nuclei familiari siano associati nel solo caso in cui le attività di produzione e scambio dell’energia elettrica non costituiscano l’attività commerciale o professionale principale;

-nel caso di comunità di energia rinnovabile, gli azionisti o membri siano persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non costituisca l’attività commerciale e industriale principale e l’obiettivo principale dell’associazione, di cui sopra, sia fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera la comunità, piuttosto che profitti finanziari;

– la partecipazione alle comunità di energia rinnovabile sia aperta a tutti i clienti finali, in particolare i clienti domestici, ubicati nel perimetro di seguito specificato, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili;

– i soggetti partecipanti a una delle due configurazioni – comunità di energia rinnovabile ovvero auto consumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente – producano energia elettrica destinata al proprio consumo con impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza complessiva non superiore a 200 Kw;

– i partecipanti condividano l’energia elettrica prodotta utilizzando la rete di distribuzione esistente. L’energia elettrica condivisa è pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali associati;

– l’energia sia condivisa per l’autoconsumo istantaneo, che può avvenire anche attraverso sistemi di accumulo;

– l’energia elettrica prelevata dalla rete pubblica, inclusa quella oggetto di condivisione, sia assoggettata alle componenti tariffarie a copertura degli oneri generali di sistema;

– nel caso di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, gli stessi devono trovarsi nello stesso edificio o condominio;

– nel caso di comunità energetiche rinnovabili, i punti di prelievo dei consumatori e i punti di immissione degli impianti di produzione alimentanti da fonti rinnovabili siano ubicati su reti elettriche in bassa tensione sottese, alla data di creazione dell’associazione, alla medesima cabina di trasformazione media/bassa tensione (cabina secondaria).

Con riferimento ai clienti finali associati in una delle precedenti configurazioni, l’articolo 42-bis prevede che essi:

– mantengano i propri diritti di cliente finale, incluso quello di scegliere la propria società di vendita;

– possano recedere in ogni momento dalla configurazione cui partecipano, fermi restando eventuali corrispettivi concordati in caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono comunque risultare equi e proporzionati;

– regolino i rapporti tramite un contratto di diritto privato, che tenga conto di quanto riportato nei precedenti alinea, e che individui univocamente un soggetto delegato, responsabile del riparto dell’energia elettrica condivisa.

I clienti finali partecipanti possono, inoltre, demandare a tale soggetto la gestione delle partite di pagamento e di incasso verso le società di vendita e il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (di seguito: GSE).

In attuazione del comma 8 dell’art 42-bis, che prevedeva l’adozione da parte di ARERA dei provvedimenti di attuazione delle disposizioni previste dall’articolo, anche avvalendosi delle società del gruppo GSE, l’Autorità regolatoria ha individuato la tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili, inseriti nelle suddette configurazioni (Deliberazione ARERA 4 Agosto 2020 318/2020/R/EEL, recante le modalità e la regolazione economica relative all’ energia oggetto di condivisione, e dal decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 16 settembre 2020).

Il GSE ha poi pubblicato nel mese di dicembre 2020, una prima versione delle Regole tecniche che disciplinano l’accesso al servizio di valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa nell’ambito di comunità e gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile, descrivendo nello specifico i requisiti, le modalità di richiesta per l’accesso al servizio, lo schema di contratto standard, i criteri di calcolo e le tempistiche di erogazione dei contributi.

Nello specifico la Deliberazione ARERA 4.8.2020 n. 318/2020/R/EEL, in attuazione dell’art. 42-bis. ha stabilito che ai fini dell’accesso alla valorizzazione e incentivazione dell’energia elettrica condivisa, la comunità di energia rinnovabile deve essere un soggetto giuridico, quale a titolo di esempio associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, partenariato, organizzazione senza scopo di lucro, costituito nel rispetto dei requisiti di cui all’art. 1.1 lett. c) dell’Allegato A.

Per quest’ultima norma, la CER è un soggetto giuridico:

a) che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità di energia rinnovabile;

b) i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali, a condizione che, per le imprese private, la partecipazione non costituisca l’attività commerciale e/o industriale principale;

c) il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai propri azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari. I membri o soci della comunità devono inoltre aver dato mandato alla comunità per la richiesta di accesso alla valorizzazione e incentivazione dell’energia condivisa.

La novità normativa più recente, ma come detto ancora da completare attraverso atti provvedimenti attuativi è il D.lgs.199/2021, entrato in vigore il 15.12.2021, di recepimento della Direttiva 2018/2001 e che ha introdotto, rilevanti novità ampliando il perimetro d’aggregazione, rimuovendo il limite di 200 kW di potenza per gli impianti installati.

Restano sostanzialmente invariate le caratteristiche del soggetto giuridico, salva l’estensione delle tipologie dei potenziali membri.

L’art.31 in particolare dispone che i clienti finali possono organizzarsi in CER, purché:

a) l’obiettivo principale sia fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari;

b) la comunità è un soggetto di diritto autonomo e l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali, inclusi comuni, enti di ricerca e formazione, enti religiosi, del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco ISTAT (es. Regione, Provincia, Città metropolitana, Comunità montane, Unioni di comuni, Università) situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione;

c) in caso di imprese, la partecipazione alla CER non può costituire l’attività commerciale e industriale principale; d) la partecipazione alle CER è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili.

Per l’art. 32. i clienti finali organizzati in CER:

a) mantengono i loro diritti di cliente finale, compreso quello di scegliere il proprio venditore;

b) possono recedere in ogni momento, fermi restando eventuali corrispettivi concordati per il caso di recesso anticipato per la compartecipazione agli investimenti sostenuti, che devono comunque risultare equi e proporzionati;

c) regolano i rapporti tramite un contratto di diritto privato, che individua univocamente un responsabile del riparto dell’energia condivisa. I clienti finali partecipanti possono, inoltre, demandare a tale soggetto la gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE.

Di nuovo è demandata all’ARERA di adottare, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, i provvedimenti attuativi, e si prevede che l’Autorità intervenga anche sui contenuti definitori. Nelle more continua ad applicarsi l’art. 42-bis.

In base a tale normativa in Italia, oggi, è possibile costituire “gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente” cioè gruppi in cui almeno due autoconsumatori di energia rinnovabile agiscono collettivamente in virtù di un accordo privato e che si trovano nello stesso condominio o edificio (pensiamo edifici condominiali che realizzano un impianto fotovoltaico condominiale che alimenta più utenze), e anche “Comunità di energia rinnovabile” dette CER (acronimo REC nel diritto comunitario) cioè associazioni tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili (immaginiamole come un quartiere dove i diversi prosumers si scambiano l’energia), che registrandosi presso il Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., potranno beneficiare degli incentivi previsti dalla legislazione.

In entrambe le tipologie di autoconsumo si utilizza la rete pubblica, quella di distribuzione e i contatori di proprietà del distributore, non potendosi utilizzare la rete privata.

Lo strumento delle “comunità energetiche” se realizza il bisogno del cittadino di porsi al centro delle proprie scelte in ambito energetico, assumendo il ruolo di promuser (produttore-consumatore), soprattutto in questo momento storico nel quale al problema climatico globale si somma la crisi da approvvigionamento dalle fonti fossili e l’aumento vertiginoso dei prezzi, dall’altro gli impone di interagire con gli altri protagonisti della rivoluzione verde e cioè le Amministrazioni pubbliche, grandi e piccole imprese e territori e con gli e operatori del servizio elettrico.

4. Vantaggi delle comunità energetiche rinnovabili.

L’aumento delle comunità energetiche in Italia rappresenta un passo avanti verso uno scenario energetico basato sulla generazione distribuita che favorirà lo sviluppo di energia a chilometro zero e di reti intelligenti (o smart grid).

Nel nostro paese era già possibile, per singoli cittadini o per gruppi di aziende, unirsi per finanziare l’installazione di un impianto condiviso e alimentato da fonti rinnovabili, ma non era previsto che tale impianto potesse fornire energia a più di una utenza.

Diversi sono i vantaggi resi dalle comunità energetiche in favore del cittadino, della Pubblica Amministrazione o di un’azienda che sceglie di autoconsumare l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.

4.1. Vantaggi economici.

Le realtà private o sociali che decidono di aderire ad una comunità energetica beneficiano in primo luogo di un risparmio in bolletta in quanto maggiore è l’energia che si autoconsuma direttamente, maggiore sarà la riduzione dei costi relativi alle componenti variabili (quota di energia, oneri di rete e imposte).

Dal punto di vista pratico, condividendo la produzione dell’impianto della comunità, ogni cittadino diventa nello stesso tempo produttore di un bene primario come l’energia elettrica. Non solo. Sull’energia prodotta in eccesso vi è altresì un guadagno in quanto i proventi derivanti dalla vendita dell’energia potranno essere spartiti.

Il beneficio economico del risparmio in bolletta ha risvolti ulteriori in quanto per i cittadini determina una riduzione delle disuguaglianze e della incapacità di acquistare ed usufruire dei servizi energetici necessari; aumenta la competitività delle piccole e medie imprese locali riducendo i consumi e abbassando le tariffe di approvvigionamento; per la P.A. libera risorse economiche che possono essere utilizzate per il perseguimento di altri fini pubblici privi di copertura finanziaria.

Gli incentivi previsti per le comunità energetiche sono, inoltre, cumulabili con altre agevolazioni quali l’Ecobonus, il Superbonus 110% e il Bonus Casa, con la possibilità per cittadini, imprese ed enti locali di ottenere un risparmio economico maggiore grazie alla riduzione dei costi dell’energia con la conseguenza che più grande sarà la comunità, maggiori saranno le ricadute positive sui partecipanti3.

4.2. Vantaggi ambientali.

In una comunità energetica vi è una riduzione di emissioni di CO2 e di altri gas inquinanti per effetto della produzione di energia da fotovoltaico. Il valore medio di emissioni per ogni kilowattora consumato dal contatore domestico è di 352,4 grammi di CO2 equivalente4. Difatti la produzione di energia fotovoltaica, al netto della CO2 emessa in fase di realizzazione dell’impianto e dei suoi componenti, non produce emissioni dannose per l’ambiente.

Non dobbiamo dimenticare che la riduzione delle emissioni di CO2 rappresenta uno degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’organizzazione delle Nazioni Unite (trattasi dell’obiettivo 13) che mira a “promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico5.

Come è noto, l’aumento di gas serra in atmosfera porta ad un aumento dell’effetto serra, delle temperature medie terrestri e ai cambiamenti climatici, rivelandosi particolarmente impattante per l’ambiente che ci circonda nonché per l’economia e per la sicurezza.

È evidente pertanto che cambiare le nostre abitudini e il nostro modo di produrre energia attraverso l’impiego di fonti rinnovabili può contribuire a migliorare l’ambiente che ci circonda, riducendo le emissioni di anidride carbonica.

4.3. Vantaggi socio – comunitari.

La creazione di comunità energetiche rappresenta una soluzione o, se vogliamo, “una occasione” utile per favorire la coesione tra comunità locali e per promuovere l’inclusione sociale favorendo un aumento della consapevolezza dei cittadini su temi universali come ad esempio il contrasto alla povertà energetica. Inoltre l’appartenenza alla comunità consente di condividere gli incentivi finanziari e i profitti economici da parte di coloro che ne fanno parte.

Lo sviluppo delle comunità energetiche è una delle misure contenute nel pacchetto per l’energia pulita cui l’Europa si affida per raggiungere i suoi obiettivi a lungo termine.

Esse mirano a favorire la transizione energetica e l’adattamento ai cambiamenti climatici di comunità costituite da cittadini e imprese locali, promuovendo nello stesso tempo la diffusione di competenze, consapevolezza e accettazione delle tematiche energetiche sostenibili tra la popolazione.

Si parla quindi di una cittadinanza attiva in cui i cittadini sono nello stesso tempo consumatori e produttori di energia. Per ogni cittadino la comunità di energia rappresenta anche un’esperienza di citizen science, in quanto consente a ciascuno di avere un contatto diretto con il settore dell’energia, a partire da pratiche quotidiane di sostenibilità e di comprendere – proprio perchè partecipe – le attività legate agli impianti alimentati a fonti rinnovabili, ai sistemi di accumulo e ai veicoli elettrici.

Attraverso misure economiche e sociali, i cittadini diventano protagonisti, figure attive nel mercato dell’energia con effetti positivi anche per le famiglie che hanno un basso reddito.

Questo approccio può rappresentare un’ottima strategia per affrontare la crisi climatica – ed energetica – in un paese come l’Italia con una forte dipendenza energetica da fonti fossili.

Per una maggiore integrazione delle energie rinnovabili nel territorio italiano, il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede investimenti per promuovere le comunità energetiche e l’autoconsumo, con particolare interesse per i piccoli comuni con un numero di abitanti inferiore a 5.000 e la valorizzazione del fotovoltaico e dell’eolico come fonti principali, integrata a sistemi di accumulo. Le comunità energetiche possono portare una maggiore flessibilità al sistema elettrico, fornire ulteriori servizi di efficienza energetica e favorire la conversione elettrica del parco veicolare.

Al fine di raggiungere gli obiettivi di medio e lungo termine del PNRR e costituire comunità energetiche sul territorio, nei prossimi anni si renderanno necessari forme di finanziamento e incentivi innovativi, tecnologie smart e un quadro di riferimento normativo unico, di facile applicazione nonché uno snellimento delle procedure amministrative. Per favorire la loro attuazione si punterà sui benefici socioeconomici. La capacità delle comunità di ridurre i costi dell’energia e di condividerla con un numero sempre più ampio di persone e in funzione della tipologia di utente, insieme ai guadagni in termini economici, possono essere un ottimo incentivo per diffondere la loro accettazione tra la popolazione.

Fattori rilevanti sui quali puntare per incentivare la costituzione delle comunità energetiche saranno anche le politiche da adottare sull’energia e la creazione di modelli specifici da valutare e applicare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche di ciascuna comunità e di coloro (persone fisiche, associazioni, aziende, enti locali) che ne fanno parte.

E’ pur vero che gli incentivi economici non bastano. Si dovrà fare leva su stimoli socioculturali per accrescere la fiducia dei cittadini nelle cooperative e nelle istituzioni, sia locali che nazionali, oltre a un sentimento di collaborazione e di comunità, consapevolezza sul tema della sostenibilità ambientale e competenze per comprendere la transizione in atto e sentirsene coinvolti. A tal fine un ruolo importante dovrà essere svolto dalle scuole, dalle università, dalle comunità religiose, dalle associazioni.

Il processo di coinvolgimento della popolazione avrà come obiettivo quello di garantire i servizi energetici su tutto il territorio e in funzione della tipologia di utente, diminuendo le diseguaglianze sociali e promuovendo l’innovazione sociale del sistema economico.

5. Comunità energetiche rinnovabili e solidali. L’esperienza di San Giovanni a Teduccio.

Le CER sono uno strumento prezioso per realizzare dal basso, con la partecipazione dei cittadini e delle reti sociali, l’indipendenza energetica e il cammino verso la transizione ecologica ed energetica per raggiungere, da un lato, l’obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050 aumentando la quota di energia prodotta dalle fonti rinnovabili per frenare il rischio di catastrofe climatica; e, dall’altro, l’obiettivo di ridurre il peso geopolitico delle fonti fossili (petrolio o gas) per il cui approvvigionamento dipendiamo da altri paesi.

L’aumento dei costi di queste fonti fossili a cui si è assistito negli ultimi tempi (a cui ha contribuito, da ultimo, anche la delicata situazione politica determinata dalla guerra tra Russia e Ucraina) ha inciso in maniera pesante sui bilanci delle famiglie e delle imprese e sull’inflazione rendendo ancora più attuale il problema della povertà energetica che affligge una grande fetta della popolazione mondiale.

Già nella Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 25 settembre 2015 l’ONU ha inserito, tra gli obiettivi per uno sviluppo sostenibile di Agenda 2030, quello di “assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni” (obiettivo 7).

Per povertà energetica si intende l’incapacità da parte di famiglie o individui di acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici, con conseguenze sul loro benessere6

Un adeguato riscaldamento, raffreddamento ed illuminazione delle abitazioni, la possibilità di accedere all’energia, sono servizi essenziali necessari per garantire uno standard di vita adeguato e la salute dei cittadini e per facilitare l’inclusione sociale.

La povertà energetica si concretizza in una situazione nella quale una famiglia o un individuo non raggiunge un adeguato livello di servizi energetici essenziali a causa di una combinazione di basso reddito, spesa per l’energia elevata e bassa efficienza energetica nelle proprie case. Si stima che più di 50 milioni di famiglie nella sola Unione Europea vivano in una condizione di povertà energetica7” (v. Voce “povertà energetica”, Wikipedia).

In Italia, secondo il Rapporto OIPE 2020, il fenomeno della povertà energetica riguarda circa l’8% delle famiglie ma il dato, risalente al 2020, è in crescita per via dei rincari delle fonti fossili e degli scenari politici innanzi detti.

È pertanto di tutta evidenza che le CER, se opportunamente costituite e gestite, possono diventare un valido strumento per realizzare la transizione ecologica ed energetica e, così, far fronte alle fragilità economiche ed energetiche.

La portata innovativa e rivoluzionaria di questo strumento consiste nell’opportunità che reti di cittadini creino delle loro piccole centrali di produzione di energia rinnovabile che gestiscono collettivamente e diventino protagonisti di un cambiamento non solo ecologico ma anche economico e socio – culturale promuovendo azioni di cittadinanza attiva dirette a migliorare la qualità della vita della propria famiglia e della propria comunità territoriale e rinsaldando, così, la coesione sociale dei membri che ne fanno parte.

Questo è quello che è accaduto, ad esempio, a San Giovanni a Teduccio, nella periferia orientale di Napoli, dove è nata la prima esperienza di Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale, su proposta di Legambiente Campania, che ha fornito le competenze tecniche per lo sviluppo della CER, e della fondazione Famiglia di Maria, con il sostegno di Fondazione con il Sud che ha cofinanziato il progetto.

San Giovanni a Teduccio fino agli anni Settanta del secolo scorso era una città industriale e operaia in cui erano insediate importanti imprese industriali e legate all’agroindustria come la Cirio in cui lavoravano circa 100 mila persone, la maggior parte operai. A partire dagli anni Ottanta è iniziato il declino industriale del territorio, le attività produttive hanno chiuso o sono state delocalizzate e lentamente San Giovanni a Teduccio è divenuto un quartiere con grandi fratture sociali, con un alto tasso di abbandono scolastico e un’elevata disoccupazione. Il quartiere ospita inoltre un complesso di alloggi costruito dopo il terremoto dell’Irpinia, due edifici di dieci piani di altezza e lunghi trecento metri, il cosiddetto “Bronx”, che rappresentano un esempio, in negativo, di come la cattiva architettura può produrre degrado e marginalità sociali. In questo contesto ha trovato progressivamente spazio anche l’illegalità.

È in questo contesto che Legambiente Campania e Fondazione Con il Sud, già interessati al tema, decidono di avviare il processo di costituzione di una CER. Il soggetto più adatto sul territorio è stato identificato nella Fondazione Famiglia di Maria, con cui Legambiente collabora da anni per la realizzazione di percorsi di educazione ambientale con i bambini.

La fondazione Famiglia di Maria rappresenta un importante presidio educativo e culturale all’interno del quartiere di San Giovanni a Teduccio e accoglie ogni giorno un centinaio di ragazzi a cui offre mensa, doposcuola e varie attività formative, realizzando anche progetti con le famiglie. Tra i progetti di educazione ambientale realizzati dalla fondazione, oltre a quelli realizzati con Legambiente, ci sono altre iniziative, come la pulizia della spiaggia di San Giovanni a Teduccio, piccolo lembo di costa rimasto accessibile tra la ferrovia e gli stabilimenti dismessi. Oppure il recupero dell’area pubblica abbandonata proprio accanto alla fondazione, invasa da erbacce e spazzatura (Forti, 2020)” 8.

La costituzione della Comunità Energetica nel territorio di San Giovanni a Teduccio è stata molto impegnativa, innanzi tutto per la diffidenza delle famiglie a cui è stato proposto di prendervi parte.

Nonostante questa partenza complessa, superata grazie alla attività della fondazione Famiglia di Maria, che opera da sempre sul territorio e che gode della fiducia della comunità di San Giovanni a Teduccio, il progetto è stato avviato inizialmente con la partecipazione di sole 3 famiglie, poi è stato esteso a 20 famiglie per arrivare a accoglierne fino a 40 complessivamente.

A servizio della comunità energetica un impianto fotovoltaico da 53 kW realizzato sulla copertura della Fondazione Famiglia di Maria, in grado di produrre circa 65mila kWh/a di energia elettrica, in parte consumata dalla struttura stessa e in parte condivisa con le 40 famiglie coinvolte. Si stima, inoltre, in grado di generare un risparmio reale, in termini di minor energia elettrica consumata da tutti gli aderenti alla CER, pari a circa 300mila euro in 25 anni9.

L’impianto, composto da 166 pannelli, per una potenza complessiva di 53 chilowatt e realizzato con componenti di maggiore qualità e tecnologia più avanzata, è garantito per 25 anni. Potrà produrre 60mila chilowattora in un anno. Un sistema di accumulo permette d’immagazzinare l’energia e mettere in rete quella in più; il ricavato viene redistribuito a fine anno ai soci e si prevede che ognuna delle famiglie associate riceverà all’incirca tra duecento e trecento euro.

Pertanto le famiglie oltre all’immediato risparmio sulla bolletta beneficiano del contributo a fine anno oltre ad avere energia pulita e quindi aria più pulita 10.

6. La Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali: una realtà in fieri.

L’esperienza della Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Napoli Est ha dimostrato come, i cittadini, dal basso, con grande determinazione e volontà, possano realizzare la transizione ecologica che oggi si rende necessaria non solo per far fronte al disastro ambientale e climatico e per ridurre la dipendenza da altri paesi per l’approvvigionamento delle fonti fossili, ma altresì per far fronte alla povertà energetica e attuare il riscatto sociale e il cambiamento culturale di cui si avverte il bisogno.

Partendo da tale esperienza e da altre “buone pratiche” è nata la Rete delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (C.E.R.S.), con l’obiettivo “di favorire la transizione ecologica dei territori accompagnando la nascita delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali, fornendo strumenti di conoscenza e attuazione per perseguire concretamente giustizia climatica e sociale e favorire la nascita di processi virtuosi di economia civile in grado di aiutare le comunità a ridurre le disuguaglianze in un’ottica di equità e solidarietà sostenuta da infrastrutture sociali “competenti e appassionate”.

Un contributo importante quello delle Comunità Energetiche in tema di lotta al cambiamento climatico, al sistema energetico, allo sviluppo economico nazionale ma, anche, in tema di povertà energetica. Infatti, secondo l’ultimo studio Elemens-Legambiente, queste possono portare riduzioni dei costi in bolletta fino al 25% per le utenze domestiche e condominiali e fino al 20% della spesa energetica di piccole e medie imprese, scuole, distretti artigiani e altri settori ancora. Un beneficio reale che non si limita a combattere il fenomeno della povertà energetica ma che può sostenere il rilancio delle attività imprenditoriali ma anche le istituzioni pubbliche, come le scuole, che grazie alla riduzione delle spese energetiche possono impiegare le risorse (e gli incentivi previsti) a scopo solidale, secondo le necessità individuate.

Dal punto di vista energetico, ammonta a 17 GW la nuova potenza installabile al 2030, pari a circa il 30% degli obiettivi di decarbonizzazione del settore energetico fissati dall’attuale del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Un sistema che, anche grazie alle novità introdotte dal decreto FER II, può arrivare a creare oltre 19.000 posti di lavoro nel solo settore impiantistico, generando un valore aggiunto contabile di 2,2 miliardi di euro lungo l’intera filiera delle rinnovabili, oltre a un aumento del gettito fiscale, al netto delle detrazione, di 1,1 miliardi di euro dalle imprese coinvolte nella costruzione e nella manutenzione degli impianti, dall’IVA (per gli impianti di proprietà) e dalle royalties. Il tutto con un risparmio nelle emissioni di CO2 stimato in 47,1 milioni di tonnellate, sempre al 2030.

Uno strumento che si rivolge a tutte le realtà sociali, dai grandi centri urbani ai piccoli Comuni, continuando con le scuole e le Università, sia nelle zone costiere che nelle aree interne. La progettazione di una Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale è legata indissolubilmente all’analisi delle criticità locali che individua le realtà maggiormente affette da disuguaglianze sociali ed economiche in modo da poterle superare, creando al contempo benefici ambientali e ritrovando quel senso di comunità oggi perduto.

Per queste ragioni e con questi obiettivi, tutti i soggetti della Rete si impegnano a mettere a disposizione competenze e strumenti al fine di realizzare quante più C.E.R.S. in tutto il Paese, con particolare attenzione alle situazioni e ai luoghi del disagio.”11

La Rete ad oggi conta 52 aderenti e mette in campo sinergie per condurre, dal basso, la transizione energetica necessaria per combattere la povertà energetica.

7. Conclusioni.

Il successo dell’esperienza innanzi descritta e di altre buone prassi che, come quella, sono state maturate e portate avanti dai cittadini e non calate dall’alto per opera di altri soggetti, pubblici o privati, dimostra l’importanza delle azioni di cittadinanza attiva e il valore educante di tali esperienze.

Passare da un ruolo passivo ad essere protagonisti di scelte che incidono sulla propria vita e sul proprio futuro e su quelli della propria famiglia fa maturare in ciascuno quel cambiamento culturale necessario per intraprendere il percorso verso gli obiettivi di Agenda 2030.

Invero l’esperienza della Comunità Energetica Rinnovabile e Solidale di Napoli Est nel centrare l’obiettivo di combattere la povertà energetica (obiettivo 7) ha costituito partnership pubbliche e private (obiettivo 17), ha ridotto disuguaglianze (obiettivo 10), ha reso il territorio più inclusivo e sostenibile (obiettivo11) contribuendo alla lotta per il cambiamento climatico (obiettivo 13).

Tutti gli attori che operano a stretto contatto con il territorio devono dunque promuovere questo cambiamento culturale che può avvenire stabilmente solo con la partecipazione attiva dei cittadini che decidono e operano per un futuro più sostenibile.

Sul tema delle comunità energetiche infine vogliamo ricordare il passo 179 della lettera Enciclica Laudato sì del 24 maggio 2015 del Santo Padre12 con il quale il Pontefice ha voluto sottolineare l’importanza degli organismi che operano per la salvaguardia del Pianeta: “In alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Questo semplice esempio indica che, mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti“.

Bibliografia:

  • Le fonti rinnovabili” Risultati, obiettivi, incentivi e progetti di sviluppo nel PNRR n. 165 14 giugno 2021 a cura Servizio Studio – Dipartimento Attività produttive- Camera dei Deputati

  • Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento Europeo e del Consiglio Europeo dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili

  • Direttiva (UE) 2019/944del Parlamento Europeo e del Consiglio del 5 giugno 2019 sulle regole comuni per il mercato interno dell’energia

  • Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica

  • Comunicazione della Commissione “Il Green Deal europeo” (COM(2019) 640 final).

  • REPowerEU: azione europea comune per un’energia più sicura, più sostenibile e a prezzi più accessibili (COM(2022) 108 final) (“comunicazione REPowerEU”).

  • Decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 305 del 31 dicembre 2019, coordinato con la legge di conversione 28 febbraio 2020, n.8 recante: «Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonche’ di innovazione tecnologica». (20A01353) (GU Serie Generale n.51 del 29-02-2020 – Suppl. Ordinario n. 10)

  • Deliberazione ARERA 4.8.2020 n. 318/2020/R/EEL

  • Risoluzione n.18/E del 12.03.2021 dell’Agenzia delle Entrate

  • Andrea Bernardoni, Legacoopsociali – Legacoop Umbria, Carlo Borzaga, Euricse – Università degli Studi di Trento Jacopo Sforzi, Euricse “Comunità energetiche rinnovabili. Una sfida per le imprese sociali e di comunità” – Rivista Impresa Sociale 2/2022

  • Forti M. (2021), La comunità che si produce energia da sola a Napoli, Internazionale, 12 luglio 2021

  • Lettera Enciclica “Laudato sì” del 24 maggio 2015, 179, Santo Padre Francesco

Sitografia

  • https://eur-lex.europa.eu

  • https://www.normattiva.it

  • https://www.arera.it

  • https://www.energycenter.polito.it/le_comunita_energetiche

  • Http://kilowattene.enea.it/KiloWattene-CO2Http://unric.org/it/agenda-2030

  • Http://unric.org/it/agenda-2030

  • https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/INSIGHT_E_Energy%20Poverty%20-%20Main%20Report_FINAL.pdf

  • https://www.energypoverty.eu/about/what-energy-poverty

  • https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/07/Comunita-Rinnovabili-2021.pdf

1 DIRETTIVA (UE) 2018/2001 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 dicembre 2018 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili

2 DIRETTIVA (UE) 2019/944 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 giugno 2019 sulle regole comuni per il mercato interno dell’energia

3 Maggiori dettagli sono contenuti nella Risoluzione n.18/E del 12.03.2021 dell’Agenzia delle Entrate

4 Http://kilowattene.enea.it/KiloWattene-CO2 – energia-primaria.html

5 Http://unric.org/it/agenda-2030 – Centro Regionale Informazione delle Nazioni Unite – Agenda 2030

6 Definizione formulata da Insight_E, think tank della Commissione europea dedicato ai temi dell’Energia: https://ec.europa.eu/energy/sites/ener/files/documents/INSIGHT_E_Energy%20Poverty%20-%20Main%20Report_FINAL.pdf

7 Definizione e stima dell’EU Energy Poverty Observatory (EPOV) https://www.energypoverty.eu/about/what-energy-poverty

8 Andrea Bernardoni, Legacoopsociali – Legacoop Umbria, Carlo Borzaga, Euricse – Università degli Studi di Trento Jacopo Sforzi, Euricse “Comunità energetiche rinnovabili. Una sfida per le imprese sociali e di comunità” – Rivista Impresa Sociale 2/2022

9 Legambiente “Rapporto comunità rinnovabili 2021” – https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/07/Comunita-Rinnovabili-2021.pdf

10 Forti M. (2021), La comunità che si produce energia da sola a Napoli, Internazionale, 12 luglio 2021

11 Legambiente, https://www.comunirinnovabili.it/nasce-c-e-r-s-la-rete-delle-comunita-energetiche-rinnovabili-e-solidali/

12Lettera Enciclica “Laudato sì” del 24 maggio 2015, 179, Santo Padre Francesco