L’Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione ha reso nota la pubblicazione della relazione n. III/11/2012, dal titolo: “Novità legislative: L. 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
Il testo è consultabile qui:
Relazione_Cassazione_corruzione
2 commenti su “LEGGE ANTICORRUZIONE (L. 6 novembre 2012, n. 190): l’impietosa relazione della Corte di Cassazione”
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Per comodità riporto il vecchio e il nuovo testo dell’articolo 2635 del codice civile.
[1.] Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità. – 1 Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni. 2 La stessa pena si applica a chi dà o promette l’utilità. 3 La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. 4 Si procede a querela della persona offesa.
[2.] Corruzione tra privati. – 1 Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per gli altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. 2 Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati nel primo comma. 3 Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste. 4 Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’art. 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni. 5 Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.
Mi si spieghi per cortesia quale differenza passa tra la Severino e i suoi predecessori Palma e Alfano. E per cortesia me lo si spieghi anche alla luce del riformulato reato di concussione che così riformulato, come qualcuno osservò prima del recente giudizio stroncante della Cassazione, inciderà in massiccia maniera sui processi in corso. E per cortesia me lo si spieghi anche alla luce del nuovo reato rubricato come «traffico di influenze illecite» che è paradossale dal punto di vista della logica giuridica perché punisce atti che per loro natura illeciti non sono e non punisce atti che per loro natura illeciti sono. E per cortesia mi si spieghi a che serve il digesto indigesto della legge sulla corruzione che il falso in bilancio e l’autoriciclaggio non prevede o se serve solo ai corrotti di ieri e di oggi e di domani.
Da parte mia, un semplice consiglio e un semplice augurio alla collega chiarissima professoressa Severino: studia con attenzione i classici della letteratura giuridica e in specie di quella tedesca che sulla «Natur der Sache» hanno ancora molto da insegnarti, e torna a casa alla scadenza della legislatura senza pensare ai tanti errori che hai commesso e che hanno contribuito allo sfascio della giustizia in Italia, e torna ad avvocatare, tanto il diritto applicato è come la pasta con cui si fa la pizza alla napoletana, e pure i magistrati a volte lo tirano a destra e a volte a sinistra, e a volte e tra loro si contraddicono, e il Consiglio di Stato ha contraddetto il Tar Lazio per la vicenda delle elezioni da indire con la Polverini imperante, e stamattina in un tribunale toscano una giudicessa si è permessa di concedere «inaudita altera parte» la sospensione della provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo munito della formula di provvisoria esecuzione, nonostante che l’articolo 649 del codice di procedura civile parli di «ordinanza» e non di «decreto».
E se possono e vogliono, diano un segnale chiaro di ravvedimento quelli che, il diritto sapendolo o non sapendolo e qui in questo libero non importa se lo sapessero o non lo sapessero e se lo sappiano o non lo sappiano, le trombe suonarono alla Severino quando mise piede trionfale in via Arenula.
Mi pare una minima richiesta, la massima essendo quella di temprare lo scettro ai regnatori Napolitano e Monti che vanno dicendo d’aver evitato il disastro della nostra economia fingendo di non conoscere di che lacrime grondi e di che sangue il «popolo minuto» affamato e disperato.
Ma già, loro sono le Istituzioni, mi raccomando la «I» maiuscola, e vanno secondo alcuni rispettati lodandoli o tacendo, mentre secondo me questa è idea pericolosa perché allora bisognerebbe rispettare anche le Istituzioni, mi raccomando ancora la «I» maiuscola, dei regimi totalitari, e secondo me le Istituzioni, mi raccomando ancora la «I» maiuscola, vanno rispettate solo se rispetto meritano, altrimenti vanno con indignata durezza criticate cercando in maniera non violenta di cambiarle – a furia di porgere l’altra guancia si rischia di perdere la faccia.
La Severino aveva esultato per l’approvazione della legge sulla corruzione, da lei voluta con impuntature più salde dell’acciaio e su cui fu apposta la fiducia con il ritornello «noi siamo il Governo degli Onesti». La Cassazione le ha bocciate, la legge e la Severino. Una legge ambigua in alcune parti e in altre parti di difficile interpretazione e lacunosa nella previsione del nuovo reato rubricato come «Corruzione tra privati»: questo, in sintesi, il giudizio della Cassazione contenuto nelle 21 pagine redatte dal suo Ufficio studi. Sarà anche tardivo il giudizio della Cassazione. Ma la Severino aveva forse chiesto prima alla Cassazione di esprimersi? Non mi risulta. E invece mi risulta che quando la legge in itinere era già qualcuno aveva criticato il nuovo testo dell’articolo 2635 del codice civile: (a) perché in sostanza ripetitivo del vecchio testo dell’articolo 2635 del codice civile rubricato come «Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità»; (b) perché il medesimo reato, pur cambiando nome quasi che ci fosse una differenza se io anziché chiamarmi Domenico mi chiamassi Davide o Brando, presuppone che la condotta incriminata rechi «nocumento» all’impresa, niente importando che dalla condotta criminosa l’impresa possa trarre ingiusti vantaggi e comunque non colpendo la corruzione in quanto tale ma tutelando il patrimonio dell’impresa; (c) perché è rimasta la procedibilità a querela di parte o meglio è stata reinserita all’ultimo momento e con un colpo di mano dalla Severino prima che si passasse al voto di fiducia tra la distrazione dei votanti; (d) perché un reato procedibile a querela di parte è un reato depotenziato, nel senso che la querela blocca l’iniziativa autonoma dell’autorità giudiziaria ed è sempre remissibile e nel senso che non si comprende proprio chi tra i faccendieri di un’impresa disonesta abbia interesse a sporgere querela contro un altro faccendiere di un’altra impresa disonesta o all’interno della stessa impresa disonesta; (e) perché la procedibilità d’ufficio è prevista solo se «dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi», formula con la quale si dice tutto e il contrario di tutto e perciò destinata con alto grado di probabilità a non servire a scopo alcuno nei tribunali e a servire per qualche tesi di laurea o di dottorato o per qualche monografia aggrovigliata da presentare a un concorso universitario.