“Risarcimento danni da occupazione illegittima ed accessione invertita”
I presupposti per l’adozione del provvedimento di inibitoria degli effetti della sentenza di primo grado
CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, prima sezione civile – ordinanza 20 Aprile 2022 – Dott. Fulvio Dacomo (Presidente) Dott. Antonio Mungo (Consigliere Relatore) – Consorzio ASI di Caserta, Appellante (Avv. Palmiero) c. I.D.S.C. di Capua (Avv. F. Melone) e Comune di Pignataro Maggiore, Appellante Incidentale (Avv. Mercone).
Ai fini dell’adozione del provvedimento di inibitoria degli effetti della sentenza di primo grado, i presupposti del fumus boni juris (in termini di prognosi favorevole all’appellante dell’esito del giudizio di appello) e del periculum in mora (in termini di pericolo di un grave pregiudizio derivante al soccombente dall’esecuzione della sentenza) debbono sempre ricorrere cumulativamente e non alternativamente. I gravi motivi di cui all’art. 283 c.p.c. (periculum in mora) non possono essere rappresentati dalla sola esecuzione del provvedimento appellato, atteso che nel sistema delineato dagli artt. 282 e ss. c.p.c. detta esecuzione costituisce un effetto del tutto fisiologico della decisione in prime cure della controversia.
L’ordinanza in oggetto ha dettato importanti regole sull’inibitoria in appello, soprattutto in ordine al periculum in mora. In primo luogo, l’ordinanza ricorda come i presupposti per concedere la sospensiva della sentenza gravata siano il fumus boni iuris (ossia, la prognosi favorevole all’appellante dell’esito del giudizio di appello) e il periculum in mora (ossia il pericolo di un grave pregiudizio derivante al soccombente dall’esecuzione della sentenza impugnata).
A tal fine è utile precisare che in tema di istanza cautelare, il carattere meramente patrimoniale del danno lamentato comporta la carenza del fumus boni iuris. Dunque, la Corte condivide appieno l’orientamento pressoché maggioritario secondo cui tali requisiti debbano sussistere in via necessariamente cumulativa e, quindi, il periculum debba affiancare quello del fumus, in simbiosi con la locuzione “gravi e fondati motivi” dell’art. 283 c.p.c.; quindi, accanto ad una prognosi di fondatezza del gravame, si richiede, altresì, una valutazione di gravità delle conseguenze dell’esecuzione della sentenza.
Ove i gravi motivi (periculum in mora) di cui all’art. 283 c.p.c. non possono essere evidentemente rappresentati dalla sola esecuzione del provvedimento appellato, atteso che nel sistema delineato dagli artt. 282 e ss. c.p.c. detta esecuzione costituisce un effetto del tutto fisiologico della decisione in prime cure della controversia.
È interessante evidenziare che – come condiviso anche da altra pronuncia della IV° sezione della Corte di Appello di Roma, ordinanza del 21 gennaio 2021 – deve ritenersi escluso che il periculum possa sostanziarsi nella mera allegazione di “un pregiudizio gravissimo che deriverebbe dall’esecuzione della sentenza e, dunque, un pregiudizio che si esaurisce nella mera fisiologica produzione degli effetti propri dell’esecuzione”.
Ed infatti, atteso che nella struttura dell’art. 283 c.p.c. è insita una precisa scelta di campo del legislatore in tema di favor dell’immediata esecutività della sentenza di primo grado, è gioco forza ritenere come, per derogare alla regola generale, occorra l’allegazione e la prova di ulteriori e concrete conseguenze pregiudizievoli, idonee a integrare delle conseguenze patologiche e ingiustificate della decisione in prime cure della lite, rispetto alla semplice esecuzione del provvedimento appellato.
Corte d’Appello di Napoli
Ordinanza del 20 Aprile 2022
La Corte d’Appello di Napoli,
prima sezione civile, riunita in camera di consiglio
nella seguente composizione:
Dott. Fulvio Dacomo Presidente
Dott. Antonio Mungo Consigliere Relatore
Dott. Francesco Gesue’ Rizzi Ulmo Consigliere
ha pronunciato la seguente
O R D I N A N Z A
Nel procedimento contrassegnato con il n. 5132/2021 R.G., avente ad oggetto “Risarcimento danni da occupazione illegittima ed accessione invertita”, fissato per la trattazione scritta all’udienza collegiale del 20.4.2022,
La Corte,
Letto il provvedimento emesso in data 16.3.2022 con il quale è stato disposto che l’udienza del 20 aprile 2022 venisse celebrata nelle modalità previste dall’art. 221 comma 4 legge 77/2020, ovvero mediante il deposito in telematico di note scritte;
Viste le note depositate dalle parti e le richieste ivi contenute;
Vista l’istanza dell’appellante principale, cui si è associato l’appellante incidentale Comune di Pignataro Maggiore, di sospensione della provvisoria esecutività e/o esecuzione dell’impugnata sentenza n.3199/2021 pronunciata in data 30.09.2021 dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, I Sez. Civile, resa nel giudizio iscritto al n. R.G. 2390/2007, con la quale il Giudice adito, accogliendo l’originaria domanda dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero di Capua, in persona del legale rappresentante p.t., volta ad ottenere il risarcimento del danno da occupazione usurpativa relativo al terreno di sua proprietà sito nel Comune di Pignataro Maggiore, identificato al catasto terreni al foglio 15, particella 5233, , ha così statuito: “1. ………….”;
Considerato, in linea di principio, che, come costantemente affermato da questa Corte, per l’adozione del provvedimento di inibitoria i presupposti del fumus boni juris (in termini di prognosi favorevole all’appellante dell’esito del giudizio di appello) e del periculum in mora (in termini di pericolo di un grave pregiudizio derivante al soccombente dall’esecuzione della sentenza) debbono sempre ricorrere cumulativamente e non alternativamente.
Non risulta infatti suscettibile di accoglimento la tesi secondo cui la ricorrenza di un evidente fumus boni juris potrebbe in buona sostanza far prescindere dalla valutazione circa la ricorrenza del periculum, atteso che l’esecuzione di una sentenza palesemente ingiusta costituirebbe di per sé un danno grave.
Tale tesi, pur fatta propria da parte della giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Bari, ord. 7.7.2004), non risulta tuttavia condivisibile nella misura in cui implicitamente comporta la valorizzazione del solo profilo della gravità del danno derivante dall’esecuzione della sentenza e non anche la necessaria valorizzazione dell’ulteriore profilo dell’irreparabilità di tale danno, quando invece entrambi i suindicati profili debbono ricorrere onde superare il favor del legislatore per l’esecutività delle sentenze di primo grado (in tal senso, Cass., sent. n. 4060/2005; Corte d’Appello Milano, ord. 14.10.2008).
Se è vero, infatti, che è astrattamente ipotizzabile che integri un pregiudizio di per sé grave eseguire una sentenza il cui gravame presenta una prognosi di accoglimento assolutamente favorevole, è parimenti vero che ciò non comporta automaticamente che detto danno sia anche irreparabile (ossia insuscettibile di riparazione integrale in caso di successivo accoglimento del gravame).
E’ invece proprio tale irreparabilità, in uno alla serietà del pregiudizio ed alla prognosi favorevole circa l’esito dell’impugnazione, che può giustificare, in sede latamente cautelare e di delibazione meramente sommaria, una deroga al principio di generale esecutività delle sentenze di primo grado, anche tenuto conto, non ultimo, del fatto che trattasi di delibazione destinata a sfociare in un
provvedimento non impugnabile e che quindi è a maggior ragione opportuno procedere ad una ponderazione globale di tutti i contrapposti interessi.
Tale opzione ermeneutica ha peraltro trovato conferma con la riforma del 2005, atteso che il novellato art. 283 c.p.c., richiedendo tanto la gravità tanto la fondatezza dei motivi, comporta la necessità di procedere sia ad una prognosi di “fondatezza” del gravame sia ad una valutazione di “gravità” delle conseguenze dell’esecuzione della sentenza di prime cure.
Tenuto conto peraltro che, con specifico riferimento al requisito del periculum in mora, che i gravi motivi di cui all’art. 283 c.p.c. non possono essere evidentemente rappresentati dalla sola esecuzione del provvedimento appellato, atteso che nel sistema delineato dagli artt. 282 e ss. c.p.c. detta esecuzione costituisce un effetto del tutto fisiologico della decisione in prime cure della controversia. Deve quindi richiedersi, ai fini della concessione dell’inibitoria, l’allegazione e la prova di ulteriori conseguenze pregiudizievoli che possano derivare alla parte dall’esecuzione della sentenza gravata e che, come tali, integrino una conseguenza patologica ed ingiustificata della decisione in prime cure della lite (in tal senso, ex multis, Corte Appello Napoli, ord. 24.9.2015).
Considerato che, nella specie, l’appellante principale ha, di fatto, fondato la propria richiesta preliminare sulla sola asserita fondatezza dell’atto di impugnazione, desumibile a suo dire prima facie dai motivi di gravame e, quindi, sulla presumibile riforma della gravata decisione;
Rilevato, quanto al profilo del “periculum in mora”, che l’appellante ha dedotto che, a fronte della propria solvibilità, l’esistenza di tale presupposto andrebbe individuata, in caso di eventuale esecuzione forzata per un consistente importo per l’Ente appellante, nell’evidente difficoltà, nel caso di corresponsione in via esecutiva degli importi indicati nella sentenza oggetto di impugnazione, di recuperare gli stessi in caso di ritenuta fondatezza del gravame e riforma dell’impugnata decisione, e ciò alla luce della situazione patrimoniale degli appellati;
Tenuto conto che di tale affermazione l’appellante non fornisce alcuna dimostrazione, neanche allegando gli elementi in base ai quali questa Corte dovrebbe effettuare un simile giudizio prognostico e, quindi, eventualmente, attraverso il giudizio di comparazione dei contrapposti interessi, al quale fa riferimento, disporre la chiesta sospensione;
Rilevato che l’appellante incidentale Comune di Pignataro Maggiore, chiedendo anch’esso la sospensione dell’efficacia esecutiva della decisione impugnata, si è limitato a dedurre, in maniera totalmente generica, che “sussistono tutti i presupposti sia del “funus boni iuris”, sia del “periculum in mora”.
Ritenuta in conseguenze la infondatezza della menzionata istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza impugnata, posto che, pur volendo prescindere da ogni questione riguardante il fumus boni iuris, non è stato minimamente specificamente dedotto, né tantomeno dimostrato, da nessuno degli istanti il presupposto del “periculum in mora”;
Tenuto conto che, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 283 c.p.c., se l’istanza prevista dal comma che precede è inammissibile o manifestamente infondata, il giudice, con ordinanza non impugnabile, può condannare la parte che l’ha proposta ad una pena pecuniaria non inferiore ad euro 250 e non superiore ad euro 10.000 che, nella specie, tenuto conto nella natura e del valore della controversia, si ritiene di quantificare in € 1.000,00 (mille/00).
Considerato che la causa va rinviata per la precisazione delle conclusioni e la conseguente decisione nel merito della stessa;
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli, I sezione civile, così provvede:
a) rigetta l’istanza di sospensione della provvisoria esecutività e/o esecuzione dell’impugnata sentenza n.3199/2021, pronunciata dal Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Prima Sezione civile, pubblicata in data 30.09.2021;
b) condanna l’appellante principale, nonché l’appellante incidentale Comune di Pignataro Maggiore, al pagamento dell’importo, per ognuno di essi, di € 1.000,00 (mille/00), ai sensi dell’articolo 283, comma 2 c.p.c.;
c) rinvia per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 17 luglio 2024.
Così deciso in Napoli, in data 20/04/2022.