di Carlo Rapicavoli –
Il fenomeno dei fortissimi rincari dell’energia e di alcune materie prime, unito ai ritardi nell’approvvigionamento degli stessi materiali, rischia di allungare i tempi e di mettere a rischio il rispetto dei tempi previsti dal PNRR.
I primi bandi entrati nel PNRR, come quelli sull’edilizia scolastica, erano stati pubblicati ancor prima dell’approvazione del Piano e in esso sono confluiti successivamente a finanziamenti già erogati, modificando e rendendo più stringenti le tempistiche di affidamento e di esecuzione dei lavori. Bandi e progetti presentati e finanziati però ovviamente erano stati redatti diversi mesi prima e tenevano conto dei prezzi precedenti ai rincari.
La scelta di comprendere nel PNRR i bandi precedenti, oltre alle difficoltà correlate alla modifica della programmazione degli Enti Locali e agli ulteriori adempimenti richiesti dalle regole comunitarie, non ha previsto la possibilità di adeguamento dei progetti e dei quadri economici.
Si corre il rischio di gare deserte o, in caso di aggiudicazione dei lavori già avvenuta mesi fa, di abbandono dei cantieri, di esigenze rilevanti di revisione prezzi con integrazione dei finanziamenti che oggi sarebbero a carico di Comuni, Province e Città Metropolitane, in modo non compatibile per la tenuta dei bilanci degli Enti Locali.
I bilanci degli Enti sono già gravati dagli oneri aggiuntivi, pressoché insostenibili, dovuti ai rincari dell’energia: Comuni e Province devono far fronte ai costi più che raddoppiati derivanti dall’illuminazione pubblica, dal riscaldamento e dall’energia elettrica delle scuole, degli asili, degli edifici pubblici e senza aiuti concreti e immediati da parte del Governo non sarà possibile far fronte anche alla revisione prezzi nei cantieri, seppure nei limiti che oggi la normativa consenta.
Le risorse finora messe a disposizione per fronteggiare questa nuova emergenza sono insufficienti.
A ciò si aggiungono le ulteriori risorse necessarie per assicurare assistenza alle numerose famiglie di profughi che sono accolte nel territorio.
Gli appaltatori, tramite le associazioni di categoria, dichiarano la situazione ormai insostenibile, paventando il concreto pericolo che nell’immediato si giunga al blocco dell’edilizia pubblica e dei progetti da finanziare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, così vanificando pure gli effetti delle disposizioni volte alla semplificazione delle procedure onde accelerare i tempi di esecuzione.
Il decreto legge, approvato venerdì 18 dal Governo, contiene alcune misure significative, che però non appaiono risolutive.
Si prevede l’eliminazione delle penalità per le imprese titolari di contratti pubblici che a causa della difficoltà di reperimento dei materiali e degli aumenti dei prezzi sospendono l’esecuzione dei lavori o ne chiedono la proroga, riconoscendo tale “causa di forza maggiore” dal Responsabile unico del procedimento.
Inoltre, fino al 31 dicembre 2022, le variazioni in aumento dei prezzi di alcuni materiali da costruzione, rilevate dal Ministero delle infrastrutture nonché gli aumenti eccezionali dei prezzi dei carburanti e dei prodotti energetici, accertati dal RUP nell’appalto, in contraddittorio con l’appaltatore, possono essere valutati come causa di forza maggiore e dare luogo alla sospensione della prestazione qualora impediscano, anche solo parzialmente, il regolare svolgimento dei lavori ovvero la regolare esecuzione dei servizi o delle forniture. Qualora gli aumenti impediscano di ultimare i lavori, i servizi o le forniture nel termine contrattualmente previsto, costituiscono causa non imputabile all’esecutore e questi può chiedere la proroga del termine per eseguire la prestazione.
Se tali misure vengono certamente incontro alle esigenze delle imprese, per Comuni e Province si pone il grande problema del rispetto della tempistica molto rigida prevista dai finanziamenti del PNRR. Risulta pressoché impossibile, in caso di sospensione dei cantieri o di proroga dei termini di ultimazione dei lavori, con il rischio di perdere il finanziamento, con ogni evidente conseguenza per i bilanci degli Enti.
È vero che è stato incrementato di ulteriori 150 milioni, per complessivi 350, il Fondo per l’adeguamento dei prezzi istituito presso il Mims e sono previste misure finalizzate a ottenere in tempi rapidi un anticipo del 50% delle compensazioni a cui l’impresa titolare di contratti pubblici ha diritto a causa dell’aumento del prezzo dei materiali.
Ma si tratta di fondi del tutto insufficienti che non consentono di superare il rischio di blocco dei cantieri pubblici.
In aggiunta all’incremento del fondo, andrebbero previste urgentemente alcune misure, che renderebbero più incisivo l’intervento, quali: la possibilità che gli enti locali coprano le maggiori spese derivanti dall’aumento dei prezzi dei materiali da costruzione utilizzando le economie di gara anche per interventi di edilizia scolastica, così come avviene per le altre opere pubbliche (strade, ponti, viadotti…) – già prevista dall’ordinamento contabile degli enti locali in relazione all’impiego dei ribassi d’asta genericamente individuati, che invece ad oggi è vietato per i finanziamenti del PNRR per le scuole, per i quali i ribassi d’asta vanno restituiti al fondo; altrettanto auspicabile in intervento fiscale, in materia di IVA sui lavori; gli oneri gravano in modo rilevante nel quadro economico di un progetto di edilizia scolastica; del tutto evidente che una riduzione dell’aliquota sui lavori, anche se limitata all’attuale periodo emergenziale, renderebbe disponibili maggiori risorse da destinare ai lavori a copertura dei maggiori costi delle materie prima e dell’energia.
Di tutto questo, con urgenza, bisogna tenere conto nei prossimi provvedimenti del Governo.
In pochi mesi, purtroppo, a seguito della guerra in Ucraina, la situazione è cambiata radicalmente ed è urgente una revisione di obiettivi e di scadenza per non vanificare la straordinaria e irripetibile opportunità di crescita e di modernizzazione del Paese e delle proprie infrastrutture offerta dal PNRR.