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Di Stefano Nespor. L’elevata percentuale di astensioni nella recente tornata elettorale in Sicilia ripropone un quesito che da anni angustia economisti e scienziati politici. Il quesito non è, contrariamente a quanto si può pensare, perché la gente non vota  – al quale almeno nelle recenti elezioni siciliane è agevole dare una spiegazione – ma,al contrario, perché la gente va a votare, soprattutto nei paesi ove votare non è obbligatorio.

Perché in questo modo ciascuno cerca di scegliere un governo del paese coerente con le sue idee, è una delle risposte più tradizionali. Si tratta di una risposta suggestiva, ma campata in aria. Le probabilità che un singolo voto eserciti una ancorché minima influenza sul risultato elettorale sono infatti praticamente zero.

Anzi, è stato osservato che ci sono più probabilità di essere carbonizzati da un fulmine a ciel sereno mentre si va a votare che non di deporre un voto decisivo in una qualsiasi elezione.

Poiché votare comporta più costi che benefici (soprattutto dove bisogna registrarsi o perdere ore di lavoro perché si vota durante un giorno feriale), il comportamento razionale è quindi quello di non votare e lasciare che altri si occupino di questa incombenza.

Naturalmente, se tutti facessero questo ragionamento, quei pochi che irrazionalmente andassero a votare avrebbero più probabilità di esprimere un voto che influisce sul risultato.

Così, in Sicilia, il comportamento certamente di protesta, ma anche razionale di coloro che si sono astenuti, ha indirettamente accresciuto il valore di coloro che irrazionalmente hanno caparbiamente esercitato il loro diritto di voto.

Altri sostengono che si va a votare perché in questo modo si sostiene il processo democratico. Ma, anche in questo caso, è improbabile che un singolo voto offra un apprezzabile sostegno alla democrazia. Viceversa, e sempre per tornare alle elezioni siciliane, si potrebbe sostenere che abbiano contribuito al processo democratico anche coloro che non sono andati a votare.

Altri ancora preferiscono puntare su giustificazioni di tipo psicologico: votando ci si sente a posto con la coscienza, e si è contenti di aver esercitato un diritto che resta, in molti paesi del mondo, una difficile conquista. Può essere, ma sono quelle spiegazioni con le quali si può giustificare qualsiasi comportamento irrazionale, anche il più strampalato (come il tizio ne “Il mucchio selvaggio” di Peckinpah che, dopo essersi gettato su un cactus, si presenta trafitto da migliaia di spine e, alla domanda sul perché lo abbia fatto risponde “Mi sembrava  una buona idea”).

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