SULLA LIBERTA’
– Attraversando la pandemia –
Sergio Benedetto Sabetta
La pandemia in cui ci troviamo, nel suo conflitto quotidiano, ci impone una breve riflessione sulla nostra idea di libertà.
Una eventuale compressione della stessa si considerava possibile solo con una violenza esterna materiale o psicologica, ma è riemersa anche la possibilità di comprimerla volontariamente attraverso la paura di un accadimento non percepibile chiaramente, misterioso e quindi difficilmente controllabile.
La libertà evidenzia anche interessi contrapposti, come è chiaramente emerso nel conflitto economia e salute in cui si è cercato di ricomporlo attraverso il tracciamento, dove la globalizzazione, prodotto della tecnologia e causa favorevole al correre del virus, viene corretta dallo sviluppo comunicativo proprio della tecnologia.
Lo sviluppo tecnologico ed economico ha al contempo la doppia faccia, tipica di ogni agire umano, di accrescere la libertà ma anche di limitarla attraverso il possibile e per certi aspetti necessario aumento del controllo, al fine di evitare il collasso sistemico attraverso il passaggio dalla complessità alla caoticità.
Anche la libertà può esprimersi in due direzioni, come creazione positiva o come azione negativa, tesa direttamente alla distruzione o ad impedire negativamente le possibilità altrui.
La libertà non può, tuttavia, mai essere assoluta se non in termini mitologici, in quanto, eliminate le necessità primarie dell’essere umano quale essere biologico, le altre componenti non sono che un frutto culturale proprio dell’educazione e degli impulsi sociali prevalenti.
Solo una profonda conoscenza e maturità culturale può permettere di filtrare la manipolazione della coscienza che l’attuale tecnologia permette.
Il ridurre l’educazione dell’essere umano ad una pura conoscenza tecnica, eliminando una pertinente riflessione umanistica, riduce l’essere ad un puro mezzo, elemento tecnico di una continua produzione, macchina tra macchine.
La conformazione della libertà secondo le prevalenti necessità economiche del momento, avviene non più necessariamente in termini puramente repressivi, imponendo le limitazioni, ma attraverso il condizionamento e l’entusiastica accettazione, che fornisce un piacere superficiale ma sufficiente a mantenere l’individuo nella trama sociale già per lui predisposta.
Avviene così una differenziazione nello stesso concetto di libertà, a seconda dei vari strati sociali, che non dipende solo da fattori economici ma prevalentemente culturali, una maturità acquisita nella riflessione.
La stessa sicurezza economica, base per una possibile libertà, è nella realtà inficiata se intesa in termini esclusivamente singoli, in quanto è volutamente inserita e legata al momento, al breve termine e non al lungo termine.
La connessione continua si risolve nell’ipotesi, in una libertà infinita apparente, in un sogno frenetico e irriflessivo staccato dalla freddezza della realtà, il mezzo nel prendere il sopravvento diventa sinonimo di libertà, quando nella realtà è mezzo di controllo.
Si pone l’ambiguo dilemma tra libertà e sicurezza, tra libertà e controllo, il quale anziché derivare dalla sintesi tra educazione e controllo sociale, viene completamente esternalizzato nell’apparenza di un possibile controllo del singolo.
La pandemia ha fatto emergere anche un diverso concetto di libertà che esiste in tutte le società, tra libertà nel gruppo e fuori dal gruppo.
Tipica al riguardo è la posizione assunta dall’Olanda in cui vi sono “due concezioni diverse della politica economica: una incentrata sulla solidarietà < normativa > e sulla frugalità in sede europea, l’altra di stampo keynesiano all’interno” (J. Steehouder e M. Swinkels, Solidarietà all’olandese, 175-181, in Limes, n. 4/2020).
Ma il concetto di libertà nella sua estensione varia inoltre a seconda delle culture, dove prevale l’individuo o all’opposto la comunità di cui espressione ne è l’èlite che ne definisce le modalità.
Nell’attuale pandemia è emersa chiaramente la necessità di un collante che nel definire i rapporti ne modelli la forma, dando un senso unitario al concetto di libertà nella Nazione, una educazione diffusa che solo un servizio comunitario può rendere concreta, ancor più in un momento storico nel quale vi è un risveglio nazionalistico – imperiale generalizzato che viene a ricollegarsi alle possibilità economiche di condizionamento proprie delle nuove tecnologie (AA.VV., Il vincolo interno, in Limes, 4/2020).
Possiamo senz’altro concludere che la libertà non è che il risultato della interazione tra comunicazione e possibilità di filtrarla attraverso una capacità critica, un sano scetticismo che non diventi un negare distruttivo e arrogante, speculare al credere passivo.
La vera libertà nella società moderna è quindi qualcosa di faticoso, ma anche automatico nella riflessione se incorporata nell’individuo stesso e nella sua formazione quale essere pensante, questo ancor più nell’attuale mondo che nel diventare virtuale di per sé può essere più facilmente falsato.
In effetti risulta più facile consegnarsi, adagiandosi sulla soddisfazione delle esigenze più elementari, senza impegnarsi in una continua analisi, facendo sì che siano gli altri a determinare le nostre esigenze.