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PRIMO MAGGIO 2020 – “al lavoro in Sicurezza: per Costruire il Futuro”.

 

Celso Vassalini

 

Il caso dell’attuale emergenza del Coronavirus SARS-CoV-2 ha evidenziato non solo quanto sia difficile la gestione del rischio biologico, ma anche quanto impreparati siano tutti i ruoli della sicurezza, formatori e consulenti inclusi, nell’affrontare l’emergenza ai rischi occupazionali correlati alle epidemie e pandemie e alla mancanza di formazione e informazione adeguati. Senza nessuna preparazione, e neanche con troppa consapevolezza e anche con probabile scivolosa sottovalutazione da parte dei nostri rappresentanti e da parte nostra.

Non siamo stati in grado di implementare, e integrare, i sistemi di protezione e di sorveglianza. Questa pandemia è il risultato delle cose che facciamo, delle scelte che prendiamo. Ne siamo responsabili tutti. La storia ci ha catapultato in una di quelle sue fasi che potremmo chiamare di carattere costituente. Nei prossimi mesi si scriverà il tratto costituzionale della vera cultura “prevenzione lavoro”, a nuovi stili di vita non solo del nostro paese, ma anche dell’architettura complessiva delle cose e del mondo. L’intruso invisibile sorella morte cov-19, mostra oggi il pericolo di azzannarci, dimenticandoci stoltamente del destino delle donne e degli uomini che abitano la terra. Ora la drammaticità della storia ci chiede di essere all’altezza di questo nuovo destino: nella ferma certezza che proprio così, e solo così, onoreremo anche i nostri caduti al fronte e i nostri cari morti. A una nuova costituente prevenzione “Il lavoro in Sicurezza: per Costruire il Futuro”.

Il Primo Maggio 2020 sottolineerà l’importanza crescente in questo momento storico di temi come lavoro, unità, partecipazione, futuro e servizio pubblico, acquisendo in queste speciali circostanze un significato ancora più simbolico e profondo. Un messaggio non prigioniero dell’attualità, bensì volto a disegnare i tratti del futuro prossimo con fiducia e consapevolezza, in cui è il lavoro che ricostruisce il Paese. La dignità al lavoro come la dignità del morire ai tempi del coronavirus. Il virus colpisce in modo indistinto. Potrebbe succedere anche a noi di ritrovarci in ospedale, da soli, senza la presenza di un familiare. Si pensa con spavento alla propria morte, ma ora appare ancora più terribile l’idea di doverla affrontare nella solitudine, senza la possibilità di congedarsi dai propri cari. Sappiamo che, da sempre, il reparto di terapia intensiva è luogo interdetto ai visitatori; e che nei momenti di epidemia, le cautele si fanno ancora più stringenti.

Tuttavia, nel dibattito giuslavoristico-democratico che non dovrebbe venir meno anche in questi momenti di emergenza, vorrei richiamare l’attenzione sul venir meno del carattere umanizzante del morire, senza il quale si lascia la persona morente nella solitudine affettiva. Come il personale sanitario, con le dovute cautele, può avvicinarsi al morente, così, a mio giudizio, è necessario pensare di prevedere la presenza di un congiunto. Siamo alle prese con una delle più gravi crisi dell’economia di sempre, ma occorre comprendere da dove e come ripartire. E occorre comprendere che siamo entrati in una nuova normalità, in un’era di convivenza con questa sorella morte virus, e che dovremo attrezzarci con un profondo cambiamento negli stili di vita e nei modelli organizzativi di lavoro e produzione. Ma non fermarci. E che nelle prime righe di ogni Statuto di ogni piccola e grande azienda pubblica e privata dovremmo definirci una associazione basata su principi solidaristici e di aggregazione sociale.

La festa di oggi, inoltre, si presenta come occasione per ribadire la centralità del lavoro nella vita della comunità, e per ogni piccola e grande azienda si arricchisce di un ulteriore valenza, se si pensa non solo in generale al lavoro, ma piuttosto, al “lavoro sicuro”. Un pensiero alla memoria storica delle nostre piccole e grandi città… Un proverbio africano recita: “Quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca”. E’ vero, non è retorica, per me, ogni volta che sprofondo negli emozionanti racconti dei miei amici vecchietti, è come se leggessi un libro. Gli anziani sono quelli che ci portano la storia, che ci portano la dottrina, che ci portano la fede e ce la danno in eredità. Sono quelli che, come il buon vino invecchiato, hanno questa forza dentro per darci un’eredità nobile. Buon primo maggio nell’emergenza, insieme all’eccellenza sanitaria. Grazie. È per questa ragione che è indispensabile progettare un piano – chiaro nei suoi tempi e nelle sue possibili varianti – per tornare ad una normalità nuova (che non sarà quella di prima). Distanze di sicurezza, democrazia e partecipazione assicurata!

Dal primo maggio entro in quiescènza nel girone dantesco dei pensionati.

 

 

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