di Fulvio Conti Guglia. Centinaia di roghi in tutta la penisola, da Bologna a Trapani, due morti, diversi feriti ed intossicati, danni ingenti al patrimonio ambientale e a beni privati: questo è il bilancio degli ultimi giorni. Oltre al valore incalcolabile della vita umana che ogni anno, puntualmente, si deve pagare quale prezzo per lo spegnimento degli incendi, sono ingentissimi i danni ambientali provocati, per non parlare dell’ultimo aspetto, quello economico, recessivo rispetto ai primi due, ma, comunque, determinante per le casse dello Stato in una fase di regressione economica come quella attuale.
Le norme attuali, se pur importanti, sono insufficienti, oltre i ritocchi necessari sui divieti nelle aree percorse dal fuoco, è urgente rivedere totalmente le norme e le procedure per lo spegnimento, dal servizio aereo, che è diventato un vero e proprio business a quello delle squadre antincendio che è diventato, per certi aspetti, un pericoloso assistenzialismo senza alcuna pratica funzione. La cura sintenticamente è semplice ed efficace: “prevenzione”. Si otterrebbe con poco un effetto economico, meno traumatico per l’ambiente e più sicuro per chi opera nello spegnimento.
La “prevenzione” si può fare concedendo incentivi ai proprietari dei terreni in pericolo d’incendi affinchè siano posti in sicurezza.
Si avrebbero vantaggi: sotto l’aspetto occupazionale (le attuali squadre antincendio, con tutto il rispetto, invece di essere pagate per tre quarti di tempo per oziare, possono essere impiegate nella pulitura, insieme ad altri soggetti operanti nel comparto agricolo); sotto l’aspetto commerciale ci sarebbe una ripresa e una vendita di prodotti per la coltivazione dei fondi (vendite di decespugliatori, trattori, macchine in genere per la raccolta dei frutti del bosco, sottobosco e macchia mediterranea); sotto l’aspetto economico lo Stato risparmierebbe centinaia e centinaia milioni di euro, infatti, riducendo drasticamente gli incendi le ore d’impiego delle flotte antincendio dai mezzi aerei a quelli di terra si ridurrebbe a diventare di poco rilievo, per non parlare dei risparmi che si otterrebbero dalla connessa prevenzione del dissesto idrogeologico, aggravato proprio dagli incendi; sotto l’aspetto umano la vita o l’incolumità delle persone non ha un valore economico; infine sotto l’aspetto ambientale.
Nei fatti, il patrimonio di diversità biologica che va distrutto negli incendi è immenso. La rigenerazione di un manto vegetale dopo un incendio può iniziare rapidamente e il tempo per rivedere una prima crescita di alberi può essere anche solo di una decina di anni. Ma per la rigenerazione fino ad uno stadio prossimo alla maturità di un bosco misto di latifoglie (come quelli di cui ogni anno perdiamo in Italia molte centinaia di ettari a causa degli incendi), occorrono anche 200 anni.
Con un incendio non si distruggono soltanto singole nicchie ecologiche ma vengono persi spesso irreparabilmente interi ecosistemi. Quando le foreste sono ridotte a frammenti sparsi, come lungo le coste del Mediterraneo che hanno subito l’impatto maggiore dello sviluppo, quelle portate via dagli incendi possono essere localmente una parte consistente o la totalità della superficie forestale residua; in questi casi gli incendi significano la distruzione di interi ecosistemi, la scomparsa di specie in via di estinzione, l’esposizione del suolo all’erosione, difficoltà nella ricolonizzazione.
E’ evidente come la sorveglianza sia sempre di più un fattore chiave, sia per la prevenzione che per la tempestività dell’intervento. Positiva, a questo proposito, è stata l’istituzione del numero verde 1515 per la segnalazione degli incendi.
Tratto da www.ambientediritto.it: Manuale Antincendio Boschivo
CARATTERISCHE E FUNZIONI DEI BOSCHI
Le funzioni essenziali del bosco si possono ricondurre in tre diversi ordini:
1) Funzione produttiva; 2) Funzione Ecologica-Protettiva; 3) Funzione Estetico-Ricreativa.
La funzione produttiva è finalizzata essenzialmente alla silvicoltura, ma, non solo, vi sono anche altre forme di sfruttamento commerciale del bosco ad esempio i frutti, (castagne, pinoli ecc.), le cortecce, le resine, le gomme, i funghi e i frutti del sottobosco (fragole, mirtilli, piante officinali ecc.), infine la selvaggina. Per tutte queste attività, è importante sottolineare la responsabilità degli Enti autorizzativi all’uso razionale delle stesse, non permettendo l’abuso sconsiderato.
La funzione ecologica-protettiva è fondamentalmente nota, per l’effetto di fenomeni fisici (coibenza, intercettazione) e biologici (ossigenazione dell’aria, scambi gassosi ed energetici, produzione di sostanze organiche). Il bosco è anche un moderatore dei valori estremi della temperatura. L’umidità è maggiore nell’interno del bosco, mentre le piogge vengono intercettate (diminuendo sensibilmente i danni dell’impatto violento col suolo), dalle chiome in misura varia a secondo dei vari fattori contingenti, clima, densità di copertura, intensità e durata delle piogge ecc., e dalle radici (funzione antierosiva, di regimazione del flusso idrico e geologico e di influenza sulle piene). E’ infatti scientificamente affermato che il bosco, intercettando la pioggia, riducendo la sua velocità di caduta, rendendo il terreno permeabile e riducendo lo scorrimento superficiale, regolarizza il deflusso dei corsi d’acqua. Un’altra importante funzione del bosco è la sua influenza sulla velocità del vento (quasi del tutto annullata), e l’intensità luminosa (molto ridotta) permettendo la crescita di peculiari e diversificati ecosistemi. Le azioni del bosco sulla pedogenesi sono dovute al continuo rifornimento di sostanze organiche al terreno e alle radici, per tale ragione vi è una presenza di diversi tipi di humus. Non meno importante è la funzione del bosco quale rifugio naturale e serbatoio alimentare della fauna, e di specie floristiche.
La funzione Estetico-Ricreativa spesso pone il problema della notevole pressione antropica, dell’inquinamento e frequentemente è una delle causa dell’innesco degli incendi.
Deterrente normativo:
ATTIVITA’ EDILIZIA IN ZONE DI BOSCO DANNEGGIATE O DISTRUTTE DAL FUOCO.
Un’importante limitazione all’attività edilizia ed urbanistica (e comunque di divieto assoluto alla mutazione della destinazione) è stata imposta dalla legge n. 47/1975 art. 9, successivamente modificato ed integrato dall’art. 1bis del D.L. n. 332/1993, poi convertito nella legge 29.10.1993, n. 428, ora sostituita dalla Legge Quadro in materia di incendi boschivi n. 353/2000.
Tale disposizione, è stata introdotta per combattere il penoso fenomeno degli incendi dolosi di boschi finalizzati alla speculazione edilizia. Essa, infatti, dispone che in tutte le zone boscate interessate da incendi è vietato l’insediamento di costruzioni di qualsiasi tipo (i Sindaci, pertanto, non possono autorizzare alcuna costruzione). Alle medesime zone, inoltre, nella formazione degli strumenti urbanistici (P.R.G. compreso), non potrà darsi destinazione diversa da quella in atto prima dell’incendio.
I SINDACI, entro il mese di ottobre di ogni anno, devono compilare e trasmettere alla Regione ed al Ministero dell’ambiente una planimetria, in scala adeguata, che evidenzi il territorio comunale percorso dal fuoco: in tale territorio per almeno 10 anni, non sono (e non devono) essere consentite destinazioni d’uso diverse da quelle in atto prima dell’incendio e detto vincolo deve essere indicato espressamente, a pena di nullità, in tutti gli atti di compravendita di aree ed immobili ricadenti nel territorio medesimo
Inoltre, nelle aree percorse dal fuoco, vi è il divieto di pascolo di 5 anni che può comunque variare da Regione a Regione.
CAUSE PRINCIPALI DEGLI INCENDI
Naturali (0,7%)
(Fulmini, Autocombustione)
Involontarie (29,8%)
(Bruciatura delle stoppie, Incendio dei pascoli, Fuochi d’artificio, Bottiglia al sole che funge da lente ustoria, Mozziconi di sigaretta accesi, incidenti alle condutture elettriche ecc.)
Volontarie (69.5 %)
(Piromania, Fini speculativi, Protesta sociale, Esibizionismo, Vendetta)
COMPETENZA DEGLI ORGANI DI POLIZIA GIUDIZIARIA IN MATERIA DI INCENDI
Gli accertamenti in materia di tutela ambientale sono di competenza della polizia giudiziaria, senza distinzioni settoriali e di specializzazione.
Sicché polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale, vigili urbani devono procedere a prescindere se esistano altri corpi con esplicita specializzazione con riguardo a particolari settori ambientali. (Cassazione penale sez. III, 27 settembre 1991).
A seguito della realizzazione di un reato ambientale nessun pubblico ufficiale è esonerato dall’intervento, anche quando leggi o regolamenti affidano esplicitamente tale intervento a qualche forza di polizia.
Quindi tutti gli organi di polizia giudiziaria, (P.G.), su segnalazione privata e su iniziativa, devono obbligatoriamente intervenire in ordine ad un reato ambientale.
L’eventuale rifiuto d’intervento, sostenendo che non è di propria competenza, integra gli estremi del reato di omissione di atti d’ufficio ex art. 328 c.p.. Quanto asserito viene ribadito nell’art. 55 c.p.p. il quale dispone che <<la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova>>.