di Carlo Rapicavoli. La Commissione Bilancio del Senato ha approvato gli emendamenti all’art. 17 (Province) e all’art. 18 (città metropolitane) del Decreto Legge 95/2012 (spending review).
Lunedì è prevista la discussione in aula.
Non si esclude un intervento del Governo con la presentazione di un “maxi emendamento” che dovrebbe far propri gli emendamenti approvati dalla Commissione e della questione di fiducia.
Ci asteniamo da ogni commento sul nuovo testo in attesa della stesura definitiva e dell’approvazione del Parlamento.
Ci limitiamo a sottolineare come permane il silenzio tombale su alcuni dettagli. Per esempio: quando verranno soppressi e accorpati gli uffici periferici dello Stato attualmente localizzati in corrispondenza delle attuali Province? Che ne sarà di quella pletora di enti intermedi, e poltrone intermedie, su cui nessuno vuole intervenire, che sarebbe stato molto più semplice e rapido ed economico sopprimere, concentrandone le funzioni sulle Province?
Constatiamo ancora una volta come Governo e Parlamento continuinino a individuare nella soppressione delle Province un intervento fondamentale tra le azioni virtuose per riprendersi dalla crisi, mentre, come dimostrato dagli organi tecnici, non se ne guadagna nulla.
Il riferimento incontrovertibile è ricavato dalla relazione tecnica del Governo al decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 che in merito all’art. 17 sulle Province così spiega:
“Si tratta di una norma procedurale e, pertanto, non è possibile allo stato attuale quantificarne gli effetti finanziari, posto che questi potranno essere rilevati solo successivamente, al completamento dell’iter.
La disposizione normativa, in ogni caso, avrà effetti virtuosi in considerazione dei risparmi di spesa che deriveranno dalla riduzione del numero delle circoscrizioni provinciali.
Le disposizioni contenute nei commi da 6 a 9, che, in attuazione dell’art. 23 comma 18 del decreto legge n. 201 del 2011, come convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, trasferiscono ai Comuni tutte le funzioni riguardanti le materie di legislazione esclusiva statale già conferire alle province, comportano prospettive di maggiore integrazione funzionale con le funzioni già di competenza comunale. La norma non è suscettibile di produrre oneri in quanto contestualmente al trasferimento delle funzioni, saranno trasferiti altresì i beni e le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative. L’effettiva quantificazione dei risparmi di spesa sarà possibile solo dopo l’individuazione delle singole funzioni, da effettuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto”.
Pertanto, scrive il Governo:
a) Non è possibile quantificare gli effetti finanziari della riforma;
b) Sarà possibile fare una verifica dei dati solo ad iter ultimato;
c) Il trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative già assegnate dallo Stato alle Province non comporta oneri;
d) La quantificazione degli eventuali risparmi sarà possibile solo dopo l’individuazione delle singole funzioni.
Ma allora ci chiediamo perché ancora una volta il Governo ha deciso di procedere con decretazione d’urgenza quando:
a) Non si è ancora effettuata neanche la ricognizione delle funzioni da trasferire;
b) Non si conoscono i risparmi;
c) Si afferma genericamente soltanto che non ci saranno nuovi oneri.
E soprattutto continuiamo a chiederci perchè il Governo abbia voluto pervicacemente seguire la strada della decretazione d’urgenza, ignorando completamente il tema fondamentale del riassetto delle competenze e non perseguendo una riforma organica, concordata con tutti i livelli istituzionali che, secondo la Costituzione, costituiscono paritariamente la nostra Repubblica.
Vediamo dunque cosa prevede il nuovo testo degli articoli 17 e 18 del D. L. 95/2012 a seguito dgli emendamenti della Commissione Bilancio del Senato.
IL RIORDINO DELLE PROVINCE
Sulla base degli emendamenti approvati dalla Commissione l’art. 17 dovrebbe essere riformulato con le seguenti indicazioni:
1) Non si parla più di soppressione e accorpamento delle Province che non hanno i requisiti ma di riordino di tutte le Province
2) Il riordino avviene secondo la seguente tempistica:
– Entro il 2 ottobre 2012: Il Consiglio delle Autonomie Locali (CAL) o, in mancanza, l’organo di raccordo tra regione ed enti locali, deve approvare una ipotesi di riordino di tutte le Province.
La proposta deve tenere conto:
a) Delle iniziative comunali di passaggio ad altre Province della stessa Regione già adottate prima del 24 luglio 2012;
b) Dei requisiti minimi per ciascuna Provincia di 350.000 abitanti e di 2.500 Kmq;
c) Delle iniziative comunali assunte dai Comuni facenti parte della città metropolitana, assunte anche dopo il 24 luglio, con cui manifestano la volontà di non far parte della città metropolitana e di essere inseriti in una provincia limitrofa
– Entro il 3 ottobre 2012: Il CAL trasmette la proposta alla Regione.
– Entro il 23 ottobre 2012: La Regione trasmette al Governo la proposta di riordino di tutte le Province del proprio territorio, sulla base della proposta del CAL.
– Entro il 31 ottobre 2012 (data presunta – 60 giorni dalla conversione in legge del decreto): il Governo dispone una proposta di legge per il riordino delle Province e l’eventuale ridefinizione dei confini della città metropolitana sulla base della proposta regionale.
Le funzioni fondamentali delle Province saranno:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;
c) programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado.
Per l’anno 2012 alle province è attribuito un contributo, nei limiti di un importo complessivo di cento milioni di euro. Il contributo non è conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed è destinato alla riduzione del debito.
LE CITTA’ METROPOLITANE
Le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane, il 1° gennaio 2014.
Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa, fermo restando il potere dei comuni interessati di deliberare, con atto del consiglio, l’adesione alla città metropolitana o, in alternativa, a una provincia limitrofa.
E’ istituita la Conferenza metropolitana della quale fanno parte i sindaci e il presidente della provincia, con il compito di elaborare e deliberare lo statuto della città metropolitana entro il novantesimo giorno antecedente alla scadenza del mandato del presidente della Provincia o del commissario, ove anteriore al 2014 ovvero nel caso di scadenza del mandato del presidente successiva al 1º gennaio 2014, entro il 31 ottobre 2013.
La deliberazione di cui al primo periodo è adottata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Conferenza e, comunque, con il voto favorevole del sindaco del comune capoluogo e del presidente della Provincia.
In caso di mancata approvazione dello statuto entro il termine di cui al comma 3-bis, il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo, fino alla data di approvazione dello statuto della città metropolitana.
Alla città metropolitana sono attribuite:
a) le funzioni fondamentali delle province;
b) le seguenti funzioni fondamentali:
1) pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;
2) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
3) mobilità e viabilità;
4) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
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Di seguito il testo degli articoli 17 e 18 come emendati dalla Commissione Bilancio del Senato:
Art. 17 – Riordino delle Province e nuove funzioni
1. Al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, tutte le Province delle Regioni a statuto ordinario esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono oggetto di riordino sulla base dei criteri e secondo la procedura di cui ai commi 2 e 3.
2. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio dei ministri determina, con apposita deliberazione, da adottare su proposta dei Ministri dell’interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il riordino delle province sulla base di requisiti minimi da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia. Ai fini del presente articolo, anche in deroga alla disciplina vigente, la popolazione residente è determinata in base ai dati dell’Istituto nazionale di statistica relativi all’ultimo censimento ufficiale, comunque disponibili alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono fatte salve le province nel cui territorio si trova il comune capoluogo di regione. Sono fatte salve, altresì, le province confinanti solo con province di regioni diverse da quella di appartenenza e con una delle province di cui all’articolo 18, comma 1.
3. Il Consiglio delle Autonomie Locali di ogni Regione a statuto ordinario o, in mancanza, l’organo di raccordo tra regione ed enti locali, entro settanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della deliberazione di cui al comma 2, approva una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio della rispettiva Regione e la invia alla Regione medesima entro il giorno successivo. Entro venti giorni dalla data di trasmissione dell’ipotesi di riordino o, comunque, anche in mancanza della trasmissione, trascorsi novanta giorni dalla citata data di pubblicazione, ciascuna Regione trasmette al Governo, ai fini di cui al comma 4, una proposta di riordino delle province ubicate nel proprio territorio, formulata sulla base delle ipotesi di cui al primo periodo. Le ipotesi e le proposte di riordino tengono conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti alla data di adozione della deliberazione di cui al comma 2. Resta fermo che il riordino deve essere effettuato nel rispetto dei requisiti minimi di cui al citato comma 2, determinati sulla base dei dati di dimensione territoriale e di popolazione, come esistenti alla data di adozione della deliberazione di cui al medesimo comma 2.
4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa le province sono riordinate sulla base delle proposte regionali di cui al comma 3, con contestuale ridefinizione dell’ambito delle città metropolitane di cui all’articolo 18, conseguente alle eventuali iniziative dei Comuni ai sensi dell’articolo 133, primo comma della costituzione nonché del comma 2 del medesimo articolo 18. Se alla data di cui al primo periodo una o più proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al Governo, il provvedimento legislativo di cui al citato primo periodo è assunto previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro dieci giorni esclusivamente in ordine al riordino delle province ubicate nei territori delle regioni medesime.
4.bis. In esito al riordino di cui al comma 1, assume il ruolo di comune capoluogo delle singole province il comune con maggior popolazione residente, salvo il caso di diverso accordo tra i comuni già capoluogo di ciascuna provincia oggetto di riordino.
5. Le Regioni a statuto speciale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano i propri ordinamenti ai principi di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica nonché principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano.
6. Fermo restando quanto disposto dal comma 10 del presente articolo, e fatte salve le funzioni di indirizzo e di coordinamento di cui all’articolo 23, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all’articolo 118, comma primo, della Costituzione, e in attuazione delle disposizioni di cui al comma 18 del citato articolo 23, come convertito, con modificazioni, dalla citata legge n. 214 del 2011, sono trasferite ai comuni le funzioni amministrative conferite alle province con legge dello Stato fino alla data di entrata in vigore del presente decreto e rientranti nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, della Costituzione.
7. Le funzioni amministrative di cui al comma 6 sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.
8. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base della individuazione delle funzioni di cui al comma 7, si provvede alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connessi all’esercizio delle funzioni stesse ed al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni interessati. Sugli schemi dei decreti, per quanto attiene al trasferimento di risorse umane, sono consultate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
9. La decorrenza dell’esercizio delle funzioni trasferite ai sensi del comma 6 è inderogabilmente subordinata ed è contestuale all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio delle medesime.
10. All’esito della procedura di riordino, sono funzioni delle province quali enti con funzioni di area vasta, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:
a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;
b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente
b-bis) programmazione della rete scolastica e gestione dell’edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado
11. Restano ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all’articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione.
12. Resta fermo che gli organi di governo della Provincia sono esclusivamente il Consiglio provinciale e il Presidente della Provincia, ai sensi dell’articolo 23, comma 15, del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.
13. La redistribuzione del patto di stabilità interno tra gli enti territoriali interessati, conseguente all’attuazione del presente articolo, è operata a invarianza del contributo complessivo.
13-bis. Per l’anno 2012 alle province di cui all’articolo 16, comma 7, è attribuito un contributo, nei limiti di un imposto complessivo di cento milioni di euro. Il contributo non è conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed è destinato alla riduzione del debito. Il riparto del contributo tra le province è stabilito con le modalità previste dal medesimo comma 7.
13-ter. Alla copertura finanziaria degli oneri previsti dal comma 13-bis, pari a cento milioni di euro per l’anno 2012, si provvede mediante versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 “Agenzia delle Entrate – fondo di bilancio”.
Art. 18 Istituzione delle Città metropolitane e soppressione delle province del relativo territorio
1. A garanzia dell’efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane, il 1° gennaio 2014, ovvero precedentemente, alla data della cessazione o dello scioglimento del consiglio provinciale, ovvero della scadenza dell’incarico del commissario eventualmente nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, qualora abbiano luogo entro il 31 dicembre 2013. Sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli 22 e 23 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nonché agli articoli 23 e 24, commi 9 e 10, della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni.
2. Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma 1, fermo restando il potere dei comuni interessati di deliberare, con atto del consiglio, l’adesione alla città metropolitana o, in alternativa, a una provincia limitrofa ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione. Le città metropolitane conseguono gli obiettivi del patto di stabilità interno attribuiti alle province soppresse.
2-bis. Fermo restando che capoluogo di Regione resta la città metropolitana, lo Statuto della città metropolitana può prevedere, su proposta del comune capoluogo deliberata dal consiglio con una maggioranza dei due terzi dei componenti, una articolazione del territorio del comune capoluogo medesimo in più comuni. In tale caso sulla proposta complessiva di Statuto, previa acquisizione del parere della regione da esprimere entro novanta giorni è indetto un referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana da effettuare entro centottanta giorni dalla sua approvazione sulla base delle relative leggi regionali. Il referendum è senza quorum di validità se il parere della Regione è favorevole o in mancanza di parere. In caso di parere regionale negativo il quorum di validità è del 30 per cento degli aventi diritto. Se l’esito del referendum è favorevole, entro i successivi novanta giorni, e in conformità con il suo esito, le regioni provvedono con proprie leggi alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni che fanno parte della città metropolitana.
3. Sono organi della città metropolitana il consiglio metropolitano ed il sindaco metropolitano, il quale può nominare un vicesindaco ed attribuire deleghe a singoli consiglieri. Gli organi di cui al primo periodo del presente comma durano in carica secondo la disciplina di cui agli articoli 51, comma 1, 52 e 53 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Se il sindaco del comune capoluogo è di diritto il sindaco metropolitano, non trovano applicazione agli organi della città metropolitana i citati articoli 52 e 53 e, in caso di cessazione dalla carica di sindaco del comune capoluogo, le funzioni del sindaco metropolitano sono svolte, sino all’elezione del nuovo sindaco del comune capoluogo, dal vicesindaco nominato ai sensi del primo periodo del presente comma, ovvero, in mancanza, dal consigliere metropolitano più anziano.
3-bis. Alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è istituita, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, la Conferenza metropolitana della quale fanno parte i sindaci dei comuni del territorio di cui al comma 2 nonché il presidente della provincia, con il compito di elaborare e deliberare lo statuto della città metropolitana entro il novantesimo giorno antecedente alla scadenza del mandato del presidente della Provincia o del commissario, ove anteriore al 2014 ovvero nel caso di scadenza del mandato del presidente successiva al 1º gennaio 2014, entro il 31 ottobre 2013. La deliberazione di cui al primo periodo è adottata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Conferenza e, comunque, con il voto favorevole del sindaco del comune capoluogo e del presidente della Provincia.
3-ter. In caso di mancata approvazione dello statuto entro il termine di cui al comma 3-bis, il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo, fino alla data di approvazione dello statuto della città metropolitana nel caso in cui lo stesso preveda l’elezione del sindaco secondo le modalità di cui al comma 4, lettere b) e c) e comunque, fino alla data di cessazione del suo mandato.
3-quater. La conferenza di cui al comma 3-bis cessa di esistere alla data di approvazione dello statuto della città metropolitana o, in mancanza, il 1º novembre 2013.
4. Fermo restando che trova comunque applicazione la disciplina di cui all’articolo 51, commi 2 e 3, , lo Statuto della città metropolitana può stabilire che il sindaco metropolitano:
a) sia di diritto il sindaco del comune capoluogo;
b) sia eletto secondo le modalità stabilite per l’elezione del presidente della provincia;
c) nel caso in cui lo statuto contenga la previsione di cui al comma 2-bis” sia eletto a suffragio universale e diretto, secondo il sistema previsto dagli articoli 74 e 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto; il richiamo di cui al comma 1 del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla legge 8 marzo 1951, n. 122, è da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
5. Il consiglio metropolitano è composto da:
a) sedici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3.000.000 di abitanti;
b) dodici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3.000.000 di abitanti;
c) dieci consiglieri nelle altre città metropolitane.
6. 6. I componenti del consiglio metropolitano sono eletti tra i sindaci e i consiglieri comunali dei comuni ricompresi nel territorio della città metropolitana, da un collegio formato dai medesimi. L’elezione è effettuata nei casi di cui al comma 4, lettera b), secondo le modalità stabilite per l’elezione del consiglio provinciale e, nei casi di cui al medesimo comma 4, lettera c) secondo il sistema previsto dall’articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto con garanzia del rispetto del principio di rappresentanza delle minoranze; il richiamo di cui al comma 1 del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla legge 8 marzo 1951, n. 122, è da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. L’elezione del consiglio metropolitano ha luogo entro quarantacinque giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo o, nel caso di cui al comma 4, lettera b), contestualmente alla sua elezione. Entro quindici giorni dalla proclamazione dei consiglieri della città metropolitana, il sindaco metropolitano convoca il consiglio metropolitano per il suo insediamento.
7. Alla città metropolitana sono attribuite:
a) le funzioni fondamentali delle province;
b) le seguenti funzioni fondamentali:
1) pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;
2) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;
3) mobilità e viabilità;
4) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.
8. Alla città metropolitana spettano:
a) il patrimonio e le risorse umane e strumentali della provincia soppressa, a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi;
b) le risorse finanziarie di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 24è adottato entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, ferme restando le risorse finanziarie e i beni trasferiti ai sensi del comma 8 dell’articolo 17 del presente decreto e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio statale.
9. Lo statuto metropolitano, da adottarsi da parte del consiglio metropolitano a maggioranza assoluta entro sei mesi dalla prima convocazione previo parere dei comuni da esprimersi entro tre mesi dalla proposta di statuto:
a) regola l’organizzazione interna e le modalità di funzionamento degli organi e di assunzione delle decisioni;
b) regola le forme di indirizzo e di coordinamento dell’azione complessiva di governo del territorio metropolitano;
c) disciplina i rapporti fra i comuni facenti parte della città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, prevedendo le modalità con le quali la città metropolitana può conferire ai comuni ricompresi nel suo territorio o alle loro forme associative, anche in forma differenziata per determinate aree territoriali, proprie funzioni, con il contestuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;;
d) prevede le modalità con le quali i comuni facenti parte della città metropolitana e le loro forme associative possono conferire proprie funzioni alla medesima con il con testuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;;
e) può regolare le modalità in base alle quali i comuni non ricompresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.
10. La titolarità delle cariche di consigliere metropolitano, sindaco metropolitano e vicesindaco è a titolo esclusivamente onorifico e non comporta la spettanza di alcuna forma di remunerazione, indennità di funzione o gettoni di presenza.
11. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative ai comuni di cui al citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, ed all’articolo 4 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto degli statuti speciali, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica.
11-bis. Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, attribuiscono ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui al primo comma dell’articolo 118 della Costituzione
5 commenti su “Il riordino delle Province e l’istituzione delle città metropolitane dopo gli emendamenti della Commissione Bilancio del Senato”
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Invece che tutta questa farsa, basterebbe una convenzione tra capoluogo e satelliti sul modello dell’unione di comuni. Non incasiniamo il territorio delle province, ma invece snelliamo la loro struttura a puro ente di snodo. Un consiglio formato da Prefetto, rappresentante della Regione e tutti i Sindaci abbatterebbe i costi e resterebbe quasi interamente eletto dai cittadini.
“Mi chiedo anch’io perché non si voglia o non si riesca a tagliare gli enti intermedi in Italia, oltre 7.000”
la risposta è semplice: si chiama clientelismo
mario
D’accordissimo con Rapicavoli, il riordino delle province è un falso problema, che di certo non gioverà di sicuro a risanere i conti pubblici, perché le spese aumenteranno, unitamente alla confusione amministrativa del Paese,
Mi chiedo anch’io perché non si voglia o non si riesca a tagliare gli enti intermedi in Italia, oltre 7.000, che costano cento volte più delle provnce tutt’insieme, affidando a queste ultime le loro funzioni, riaparmiando sensibilmente sugli altrettanti consigli d’amministrazione e sulle presidenze economicamente tanto ambite.