Corte di giustizia dell’Unione europea. Secondo l’avvocato generale Sharpston, un licenziamento collettivo non sempre configura un «caso eccezionale» che consente il licenziamento di una lavoratrice in gravidanza. Queste le Conclusioni dell’avvocato generale nella causa C-103/16 Jessica Porras Guisado / Bankia SA, Fondo Garantía Salarial e altri.
Nel contesto di un licenziamento collettivo, il licenziamento di lavoratrici gestanti può avvenire solo in casi eccezionali non connessi alla gravidanza e qualora non esista alcuna possibilità plausibile
di riassegnarle ad un altro posto di lavoro adeguato.
Il 9 gennaio 2013 la società spagnola Bankia S.A. ha avviato una fase di consultazione con i rappresentanti dei lavoratori al fine di procedere a un licenziamento collettivo.
L’8 febbraio 2013 il comitato di negoziazione è giunto a un accordo che stabiliva i criteri da applicare nella scelta dei lavoratori da licenziare e di quelli da mantenere in servizio presso la Bankia.
Il 13 novembre 2013 la Bankia ha inviato alla sig.ra Porras Guisado, che era all’epoca incinta, una lettera che le notificava la cessazione del suo contratto di lavoro in forza dell’accordo del comitato di negoziazione.
La lettera di licenziamento indicava, in particolare, che nel caso specifico della provincia in cui essa lavorava era necessario un ampio adeguamento dell’organico e che nel processo di valutazione realizzato dall’impresa nel corso della fasedi consultazione, il suo punteggio si collocava tra quelli più bassi della provincia.
La sig.ra Porras Guisado ha presentato un ricorso avverso il suo licenziamento dinanzi al Juzgado Social No 1 de Mataró (Tribunale del lavoro n.1 di Mataró) che si è pronunciato a favore della Bankia.
Essa ha proposto impugnazione dinanzi al Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna, Spagna), che ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il divieto di licenziamento delle lavoratrici gestanti, e, più in particolare, come interpretare tale divieto nel caso di una procedura di licenziamento collettivo.
Nelle sue Conclusioni odierne, l’avvocato generale Eleanor Sharpston considera innanzitutto che la direttiva sulla maternità tutela le lavoratrici «nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza
e il termine del congedo di maternità», sebbene queste possano non avere ancora informato il loro datore di lavoro del proprio stato.
L’eccezione che consente il licenziamento di lavoratrici gestanti si applica solo in casi eccezionali non connessi alla gravidanza.
D’altro canto, la direttiva sui licenziamenti collettivi disciplina i licenziamenti nelle procedure collettive e li definisce come «ogni licenziamento effettuato da un datore di lavoro per uno o più motivi non inerenti alla persona del lavoratore».
Per quanto riguarda l’interazione tra le due disposizioni, l’avvocato generale ritiene che le condizioni che consentono di licenziare una lavoratrice gestante, ossia i «casi eccezionali non
connessi al [suo] stato ammessi dalle legislazioni e/o prassi nazionali» non devono essere interpretate come corrispondenti esattamente all’espressione «uno o più motivi non inerenti alla Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (decima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU 1992 L 348, pag. 1), (inprosieguo: la «direttiva sulla maternità»).
All’epoca dei fatti era applicabile la versione di tale direttiva come modificata dalla direttiva 2007/30/CE del Parlamento europeo e delConsiglio, del 20 giugno 2007 (GU 2007 L 165, pag. 21).
Direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi (GU1998 L 225, pag. 16) (in prosieguo:
la «direttiva sui licenziamenti collettivi»).
Nel contesto della direttiva sui licenziamenti collettivi esistono situazioni che sono effettivamente considerate eccezionali.
Tuttavia, non ogni licenziamento collettivo è un «caso eccezionale» ai sensi della direttiva sulla maternità. Pertanto, spetta al giudice nazionale verificare se nel caso di specie il licenziamento collettivo si qualifichi come un «caso eccezionale», allo scopo di stabilire se si applichi l’eccezione al divieto di licenziamento.
L’avvocato generale considera inoltre che per potersi avvalere della deroga relativa ai «casi eccezionali» che consente il licenziamento di una lavoratrice gestante, non è sufficiente invocare motivi che incidono sul suo posto di lavoro nel caso di un licenziamento collettivo, o effettivamente al di fuori di detto contesto: non deve esistere inoltre alcuna possibilità plausibile di riassegnare la lavoratrice gestante ad un altro posto di lavoro adeguato.
L’avvocato generale chiarisce che «riassegnazione ad un altro posto di lavoro» non equivale a «permanenza nell’impresa». La riassegnazione ad un altro posto di lavoro è possibile se tale posto è vacante o se si può renderlo vacante trasferendo un altro lavoratore ad un altro posto e assegnando poi alla lavoratrice gestante il posto così liberatosi, mentre permanenza nell’impresa significa che, comunque sia, detta lavoratrice gestante resterà impiegata. A tale proposito, la direttiva sulla maternità non impone agli Stati membri di adottare disposizioni specifiche per accordare alle lavoratrici gestanti la permanenza prioritaria in un’impresa nel caso di un licenziamento collettivo. Se la direttiva sulla maternità è stata trasposta correttamente nel diritto interno, la legislazione nazionale che ne deriva dovrebbe di regola garantire che una lavoratrice gestante mantenga effettivamente il suo impiego nel caso di
un licenziamento collettivo.
L’avvocato generale considera inoltre che la direttiva sulla maternità impone agli Stati membri di offrire alle lavoratrici gestanti sia una tutela contro il licenziamento di per sé (tutela preventiva)
sia una tutela contro le conseguenze di un licenziamento vietato che è stato comunque effettuato (tutela riparatrice). In tale contesto, l’avvocato generale afferma che la normativa spagnola applicabile sembra prevedere che un licenziamento illegittimo sia «nullo di diritto». Pertanto, essa sembra prevedere una tutela riparatrice piuttosto che una tutela preventiva. Se ciò è corretto, la normativa spagnola non sembrerebbe soddisfare gli obblighi di cui alla direttiva.
Infine, l’avvocato generale giunge alla conclusione che, affinché un preavviso di licenziamento soddisfi i requisiti posti dalla direttiva sulla maternità, esso deve sia figurare per iscritto sia indicare giustificati motivi relativi ai casi eccezionali non connessi alla gravidanza che consentono il licenziamento.
Nel contesto di un licenziamento collettivo, un preavviso di licenziamento che si limiti a fornire i motivi generali dei licenziamenti e i criteri di selezione, ma non spieghi perché sia consentito il licenziamento di una lavoratrice gestante in quanto le circostanze specifiche del licenziamento collettivo in questione lo rendono un «caso eccezionale», non soddisferà tale criterio.
IMPORTANTE:
Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella
causa per la quale è stato designato. I giudici della Corte cominciano adesso a deliberare in questa causa. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva.
IMPORTANTE:
Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell’ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione o alla validità di un atto dell’Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.