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CONFLITTI E CONCORRENZA

I miti dell’Occidente

Sergio Benedetto Sabetta

Dio è assente dai campi di battglia” ( Blaise Cendrars)

“ … la frase di Cendrars sembra volerci ricordare che la più terribile rappresentazione della morte violenta è quella in cui si prospetta una fine negata ad ogni rappresentazione …..la guerra, dando visibilità alla singolarità dell’individuo eroico per tramite del suo gesto lucente, tracciava in seno alla spietata indifferenza dei meccanismi naturali una storia irriducibile all’eterno ripetersi ciclico della vicenda biologica”
(Introduzione, in Scutari A. “ Guerra”, Donzelli Ed. 2007)

E’ stato giustamente osservato che vi è in Occidente un mito fondatore dato dalla guerra come dimostrazione del proprio valore, il conflitto quale selezione dell’eroe.

Contrapposta ma anche integrata in essa, sia come contraltare alla supremazia della pura forza che necessità della ragione quale elaborazione del pensiero, è la nascita della riflessione democratica.

Una crescita lunga e difficile piena di contraddizioni proprio per la sua complessità rispetto alla pura e semplice concentrazione di potere, sempre soggetta ai rischi della demagogia, ma anche alle manipolazioni da parte di poteri sotterranei concentrati, non essendo la temperanza una virtù propria di tutti gli esseri umani.

Il passaggio dalla guerra alla concorrenza economica e culturale avviene attraverso la creazione dello Stato, a cui affidare la legittimità della violenza derivante dalla guerra e dalla legge.

Nel corso del ‘900 le guerre guerreggiate da simmetriche diventano asimmetriche e vengono progressivamente confinate nelle aree meno progredite, mentre si delineano nuove tipologie di scontro fondate sull’economia finanziaria, sulla comunicazione, sulla imposizione di una determinata tecnologia.

Se le vecchie guerre portavano alla distruzione degli impianti, le nuove forme di conflitto conducono all’acquisizione degli impianti, delle materie prime e di nuovi consumatori, attraverso l’indebitamento e la dipendenza tecnologica.

Con lo sviluppo tecnologico dei vecchi mezzi di comunicazione e la nascita dei nuovi, la guerra diventa irreale, essere in essa si risolve in immagini mediatiche utili al consumo, documenti di una realtà parziale per una visione ottenebrata.

In una apparenza di documentazione e testimonianza sugli eventi, i mezzi di comunicazione nel rendere asettica la guerra ne diventano strumento, come nello spettacolarizzarla la rendono quasi irreale, trasformandola in un wargame.

La concorrenza non regolata, secondo il modello neoliberista dell’attuale globalizzazione, a sua volta si è sempre risolta nella storia in una guerra di corsa, ancor più se l’ideologia di una libertà apparentemente assoluta entra in territori sconosciuti e vergini da colonizzare.

Attualmente la pandemia nell’indebolire le economie e nel creare tensioni sociali modificano nella sostanza il funzionamento delle istituzioni, trasformandosi in un nuovo strumento di conflitto. Facilitando l’occupazione da parte delle potenze in crescita di nuove aree territoriali, rientrando questo nei nuovi modelli di conflitti non formalmente dichiarati, dove si sovrappongono non sempre ben delineabili scambi commerciali e lotte di predominio.

La crescente capacità tecnologica rende la specie umana invasiva, nell’incapacità di coesistere con la natura e vivere in essa in equilibrio, nel rischio di una sua espulsione dal sistema pianeta con la nascita di una nuova era, in cui vi sia una nuova umanità numericamente ridotta e ridisegnata.

Dopo vari decenni dalla fine della guerra fredda in cui sembrava dover essere una crescita economica infinita, costellata da guerre locali causate dall’arretratezza culturale per cui si doveva educare ed integrare, sono riemerse chiaramente aree conflittuali tra Super Stati che rischiano di degenerare in aperti conflitti.

La pandemia quale cartina di tornasole ha evidenziato quello che era appena sotteso, materie prime, green quale transizione al verde, flussi migratori nuove tecnologie, farmaceutica finanziamenti, tutto si è trasformato in aree conflittuali di potere in simbiosi con la ricerca dell’utile economico.

Sembra continuamente riemergere quello che è proprio di parte della specie umana, l’aggressività e l’affermazione di potere quale affermazione del sé, specchio del desiderio di una eternità riflessa nella darwiniana lotta per l’esistenza.

NOTE

  • Scutari A., Guerra, Donzelli editore 2007;

  • Sabetta S. B., Flussi migratori nella formazione della cittadinanza, www.laprevidenza.it, e www.milanofinanza.it;

  • Sabetta S. B., Evoluzione del concetto di Stato dal XIX al XX secolo, www.laprevidenza.it e www.milanofinanza.it;

  • Sabetta S. B., Violenza e mistificazione nella quotidianità, www.laprevidenza.it e www.milanofinanza.it