di Alessandro Palmigiano. La Corte di Appello di Palermo sezione terza civile, in un caso di contratti di assicurazione, si è pronunciata, con sentenza n. 1628/2015, il 12 ottobre 2015 in relazione alla vessatorietà delle clausole che limitano la responsabilità della società di assicurazione.
Il caso in esame riguardava una polizza assicurativa denominata “Progetto Index Linked Atlantic Bond Codice 1176”, della durata di sei anni, nella quale era espressamente indicato che il capitale iniziale coincideva con il “capitale minimo liquidabile alla scadenza”. In conseguenza del fallimento della Lehman Brothers la ricorrente scopriva di avere acquistato un prodotto finanziario collegato all’emissione di obbligazioni da parte di quest’ultima società dove, tra le condizioni della polizza, era espressamente previsto che il rischio di insolvenza dell’emittente fosse interalmente riversato sull’assicurato. Le polizze index linked, regolamentate dall’art. 2 comma 1 D. Lgs. 209/2005, hanno la peculiarità di abbinare ad un indice di mercato o ad altro valore di riferimento la prestazione che l’impresa di assicurazione dovrà corrispondere all’assicurato nei momento in cui si verificherà l’evento dedotto nel contratto. Il rischio di investimento, gravante sul contraente, potrà quindi variare in corrispondenza di un parametro prescelto.
La situazione di squilibro contrattuale nel caso in esame era rilevabile dalla discrasia tra la apparente funzione “assicurativa” del contratto e l’effettiva correlazione della prestazione, che lo connotava piuttosto come contratto a contenuto tipicamente “finanziario”. Tale funzione, però, poteva essere rilevata soltanto da un’attenta lettura delle condizioni generali e si poneva in netta asimmetria con la resta causa negozionale, determinando un forte squilibro a svantaggio del cliente. La Corte di Appello, nel suddetto provvedimento, ha dichiarato l’inefficacia nei confronti del contraente delle clausole contrattuali che producono gli effetti di cui sopra perchè “vessatorie e sottoposte alla disciplina sancita dagli artt. 1341 e 1349 c.c., nella misura in cui le stesse sono finalizzate ad esonerare la società da responsabilità e destinate a creare una situazione di totale squilibro“.
La Corte di Appello, quindi, affermando la responsabilità della società convenuta ha disposto “[…] non rispondendo le clausole di limitazione di responsabilità ad alcuna funzione tipica del contratto e non risultando specificamente sottoscritte, le stesse devono essere dichiarate nulle e, in accoglimento della domanda proposta, la convenuta, assumendo su di se il rischio del capitale minimo liquidabile alla scadenza (21 febbraio 2009), è tenuta a corrispondere alla ricorrente la somma dalla medesima versata al momento della stipula del contratto […]“.
Tale pronuncia, inoltre, si colloca in un consolidato orientamento della Suprema Corte di Cassazione in materia (cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 8235 del 07/04/2010), in relazione al quale: “Nel contratto di assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, agli effetti dell’art. 1341 cod.civ. (con conseguente necessità di specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle che limitano le conseguenze della colpa o dell’inadempimento o che escludono il rischio garantito[…]“.
La sentenza in esame assume particolare rilevanza poiché sancisce il principio di diritto secondo cui le clausole che nei contratti di assicurazione escludono dal rischio garantito la variabilità in negativo del parametro finanziario di riferimento, ovvero il rischio finanziario connesso al titolo su cui la società aveva investito il capitale versato dal contraente e su cui avrebbero dovuto parametrarsi tutte le prestazioni a carico dell’assicurazione, sono da considerarsi vessatorie.